Recensione Topolino 3503 Finisce con
Zio Paperone e la spirulinas furtiva la serie di quattro avventure (più prologo) dedicate da
Fabio Celoni a Paperon de’ Paperoni e alla sua ricchezza, pubblicate con il titolo collettivo
Il destino di Paperone.
Paperone, che ha in pugno la vittoria in forma di un sacchetto di lenticchie, è improvvisamente e urgentemente deviato verso una nuova avventura, dal formato molto simile alle precedenti ma dalle implicazioni ancora più pesanti. Il popolo vegetale qui introdotto è al contempo ladro e vittima, e tiene viva la vicenda con un coefficiente di bizzarria che anima positivamente tutta la narrazione.
Ma più in generale,
Celoni disvela una vis comica molto godibile, sobria, a volte inattesa, perfettamente amalgamata con il taglio addirittura drammatico della vicenda di fondo. Se le precedenti puntate potevano dare un’impressione di ripetitività, e soprattutto di scarso
feeling con l’idea, non originalmente contemplata, di legare il ciclo a
Paperino e le lenticchie di Babilonia, questa per forza di cose è venata più profondamente di un’aura da resa dei conti.
È un Paperone che dimostra la sua età di personaggio, sacrificando le proprie
chances di rivalsa con una rassegnazione, una rapidità anche, che mostrano tutta l’evoluzione subita da quello storico 1947. Celoni, grazie ai suoi tocchi di umorismo e a un uso dei dialoghi tutt’altro che sprovveduto, fa
dribbling con saggezza fra le possibili derive retoriche della faccenda, serbando l’innalzamento stilistico per la fine.
La decisione di isolare Paperone in ogni momento in cui parla con il fantasma è perfetta per asciugare l’atmosfera, rarefarla, renderla credibile.
La conclusione, così, si tiene sotto la soglia della melensa agiografia del personaggio, pur sfiorandola, e centra l’obiettivo di restituirci un Paperone inesauribile, cosciente della propria forza, proiettato verso nuove storie.
Buon compleanno, Paperone![/size][/i]
I disegni, stupendi, mostrano un Celoni più fumettista che illustratore: non c’è, in un artista pur così virtuoso, il continuo autocompiacimento dei propri guizzi grafici, tanto da sacrificare alcune potenziali scene d’impatto (ad esempio nello spazio) per portare avanti una narrazione spedita e avvolgere il finale dell’episodio in un momento di grazia artistica, tanto nella componente drammatica quanto (e forse soprattutto) in quella delle espressioni più fini e meditabonde.
Il principio per cui se tutto deve lasciare a bocca aperta nulla lo fa davvero sembra guidare il Celoni autore completo, ed è un principio quanto mai salutare a tutti i livelli.
A livello di colori, pur godibili soprattutto nella resa del finale e nelle vignette spaziali, c’è qualche fastidio: ad esempio, non sempre l’idea di colorare anche i tratti a china negli sfondi (anziché lasciarli in nero) funziona: certamente contribuisce a far emergere meglio i personaggi, ma talvolta crea un senso di indistinto dietro di essi che certamente i disegni non prevedevano; tanto più che i colori di questi sfondi, fortemente legati come sono ai vari luoghi della vicenda (blu-verde per la prima parte, rosso-arancione per la seconda), spesso offrono poche variazioni e corrono il rischio di saturare.
Segue nell’indice
Topolino e la notte della civetta (
Artibani/
Perina): il titolo, sciasciano un po’ a sproposito ma evocativo, introduce una vicenda in effetti tutta centrata sulla “
notte dei cucibocca“, tradizione lucana qui veicolo di una breve storia di sabotaggio imprenditoriale. La storia funziona grazie alla scelta del navigato Artibani di intrecciare trama e pretesto senza eccedere con le ambizioni, in modo da massimizzare l’effetto tanto del contesto (gli inquietanti cucibocca e la festa di paese) quanto dell’elemento di disturbo (la minacciosa civetta).
I minacciosi cucibocca lucani[/size][/i]
È un
Danilo Deninotti letterarizzante quello che decide di impostare l’ennesimo episodio dell’interazione fra Newton e Pico (
Newton e Pico in viaggio nel sapere: Dolce stil papero) sulla scoperta dello Stilnovo fiorentino e di Guido Guinizelli. L’irrompere della canzone
Al cor gentil rempaira sempre Amore fra le pagine di
Topolino è piacevolmente inattesa, e la sua sommaria contestualizzazione di fatto esaurisce la storia.
Il pretesto, una cotta di Newton, si specchia in una inedita passione dello stesso Pico. Certo il fatto che tutto si incentri sempre sul tentativo del maschietto di turno di impressionare la controparte (perché mai il contrario? Ma soprattutto, perché non altro?) annoia un poco, e priva lo spunto di una cornice più originale e più meritata.
Simona Capovilla, dal canto suo, mostra bei segnali di scioltezza e originalità (molto buffo e inatteso un suo Pico “alla Faccini”); giusto talvolta, almeno a parere di chi scrive, alcuni dettagli ancora affollano più che arricchire.
È l’appena evocato
Enrico Faccini a riprendere
Miao cronache Feline (
Tick-Tock il titolo dell’episodio), una serie che infonde nella consueta vena paradossale facciniana una lentezza e una gestione dei ritmi forse più da
cartoon muto che da fumetto; ma tant’è.
L’ultima storia, scritta da
Alessandro Gatti e disegnata dal redivivo
Alessandro Pastrovicchio, è
Time Machine (Mis)adventures: Paperino e la finale scomparsa. Lo spunto, già visto più volte altrove (qui Paperino torna nel passato e inavvertitamente cancella l’esistenza del calcio), è contestualizzato in maniera bizzarra (la moda dei baffi a manubrio) ma non abbastanza da far funzionare tutto; anche la tavola finale sembra lasciare inespresso qualche dettaglio che dovrebbe celare un effetto sorpresa. Molto disinvolto Pastrovicchio, che dimostra di star sperimentando in maniera interessante con il volto di Paperino.
Chiudiamo menzionando l’anteprima di una nuova storia del ciclo
Le avventure del Capitano Nemo di Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio, condita da una breve intervista ai due autori.
Voto del recensore:
3.5/5Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
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