Forte del successo delle
Perfect Edition di altri grandi successi nipponici come
Dragon Ball e
I Cavalieri dello Zodiaco la Star ci riprova, sfruttando anche la ripresa dell’anime su Italia Uno, puntando su un manga che a 12 anni dal suo esordio, concretizzati in 50 volumi da 491 capitoli, continua a meravigliare:
One Piece di Eiichiro Oda.
E sebbene i numerosi errori nella
New Editon facciano dubitare seriamente dell’onestà intellettuale dell’operazione (ok, carta pregiata e copertine originali… ma gli svarioni sui testi a volte sono vomitevoli) e rivelino un certo dilettantismo insito nella natura della Star, l’appuntamento mensile con
One Piece è davvero imperdibile.
Nemmeno gli scivoloni nella traduzione riescono infatti a guastare un’opera complessa e variegata, che vede il suo principale motivo di successo nella genialità del suo autore. Oda infatti ha fatto propri gli stereotipi del genere
shonen per calarli in un contesto completamente inedito, un mondo fatto di imprevedibili bizzarrie eppure coerente a sé stesso grazie alla ferrea logica interna che lo governa. Un mondo vastissimo e complesso, ricco di citazioni ad altre opere (film, fumetti, miti e leggende di tutto il globo), di
inside-jokes e di riferimenti interni, spesso e volentieri nemmeno espliciti ma evidenti per chi sa leggere tra le righe. Un mondo in cui si svolge un Avventura spensierata che all’occasione si trasforma in
epos, sempre senza rinunciare alla commedia, che si alterna senza forzature ai momenti seriosi e ricchi di
pathos, resi possibili anche grazie alla grande introspezione dei vari personaggi, che risultano umani e credibili per quanto facciano riferimento a degli stereotipi tipici del genere (su tutti il protagonista mangione e stupido ma forte).
Oda è un genio eclettico, assorbe da ogni campo e rielabora, presentandoci situazioni intriganti ed inedite che strizzano l’occhio a chi sa raccogliere i riferimenti, con diversi piani di lettura: incredibilmente molte cose in
One Piece sono già viste e contemporaneamente del tutto originali.
E anche non cogliendo i molteplici riferimenti e le finezze stilistiche rimane una trama appassionante che alterna spensierate gite per mare a complotti governativi, misteri e decenni di storia il cui ricordo è andato misteriosamente perduto.
Tutto questo e molto altro ancora ha le sue origini in
Romance Dawn, l’Alba di una Grande Avventura. Il titolo del primo volume (che è anche quello del primo capitolo… i volumi di
One Piece prendono il titolo di uno dei capitoli che contengono) è lo stesso delle due versioni
ante litteram della storia pubblicate in Italia negli speciali One Piece Red e One Piece Wanted. La versione più simile a quella “ufficiale” è la prima, nel quale è contenuto il
flashback di Monkey D. Rufy, il protagonista, esteso poi nella storia definitiva a tutto il primo capitolo, subito dopo l’introduzione assai evocativa che ci presenta Gold Roger, Re dei Pirati (titolo a cui anche Rufy, ovviamente, aspira). Fin da subito
One Piece si differenzia dai soliti
shonen spacconi: le fasi di combattimento vengono ridotte al minimo e anzi lo stesso Shanks, grande pirata che donerà a Rufy il suo cappello di paglia, futuro simbolo distintivo del nostro gommoso protagonista, demonizza la violenza fine a sé stessa, in una bellissima scena, evidenziando come questa sia utile sono per difendere le persone a cui si tiene veramente.
Le ultime pagine del capitolo si collocano dieci anni dopo: inizia la Grande Avventura del diciassettenne Rufy, che nel secondo capitolo,
Rufy, il Ragazzo dal Cappello di Paglia, inizia ad essere un vero e proprio personaggio attivo. Il capitolo è piuttosto autoconclusivo, ma è appunto utile ad illustrare i progressi di Rufy ed introduce personaggi come Albida ed il ben più importante Kobi, oltre che a citare Roronoa Zoro (il cui cognome allude al pirata realmente esistito François L’Ollonais, mentre il nome è un chiaro riferimento a Zorro) che esordisce nel’episodio successivo. Come accadrà anche per Usop e Sanji Oda allestisce un’intera minisaga per presentare il primo membro della ciurma di Rufy, illustrandoci le sue pecularietà, le sue ambizioni e, in particolare, il suo passato. Elemento fondamentale in One Piece è infatti il
background dei personaggi, che ci mostra grazie al frequente uso di
flashback la causa per cui i vari personaggi agiscono; e se al passato di Rufy è stato dedicato un intero capitolo, in poche pagine Oda caratterizza marcatamente Zoro, con una storia semplice ma toccante da cui scaturisce il suo desiderio di diventare lo spadaccino più abile al mondo.
In questa minisaga vediamo, inoltre, il processo di crescita di Kobi, poco marcato dalla traballante traduzione della Star (l’inconcludente
Anche se muoio… in luogo di un ben più incisivo
Non ho paura della morte!): il personaggio si congederà poi dai nostri, anche se lo rivedremo nelle Miniavventure prima e nella trama principale poi. Ma per un compagno che se ne va, ne arriva uno nuovo:
Ecco Nami segna l’esordio della ragazza citata nel titolo, Navigatrice e protagonista della futura saga di Arlong Park.
I disegni, assai tondeggianti, sono già a un buon livello: pochissime le ingenuità che ci si aspetterebbero da un autore così giovane, che sfoggia uno stile curato e coerente che avrà modo di raffinarsi in futuro.
One Piece #2 – Versus! La Banda del Pirata Bagy Ed ecco l’Antagonista, con la maiuscola! Bagy il Clown è il nemico per antonomasia di Rufy, per quanto non sia nemmeno lontanamente malvagio (o forte) dei futuri
villain. Una figura deliziosamente patetica e meschina, assai più pratica e meno sognatrice di Rufy, con cui si pone in netto contrasto, incarnando il “classico” pirata che assalta&depreda che nulla ha a che vedere con i pirati-avventurieri come Cappello di Paglia e compagnia. E’ un po’ quella differenza semplificata nel contrasto tra i Morgania (i primi) e i Piece Main (i secondi) nei due
Romance Dawn prototipi.
Anche in questo volume One Piece dimostra la sua pecularietà: gli scontri ci sono, sì (in particolare il primo e proprio combattimento di Zoro, contro l’acrobata Kabaji), ma sono posti in secondo piano rispetto alle figure portanti del Sindaco Barboncino e dell’ingenua vicenda di Shushu.
Da notare poi il patto tra Rufy e Nami, che non segna l’entrata di quest’ultima in ciurma: per quanto il Capitano non abbia riserve, il lettore non può fare a meno di sospettare (a ragione, come si vedrà) della buona fede della navigatrice.
One Piece #3 – Un Tipino a ModoA sorpresa rispunta il nome di Shanks: questi, che sembrava destinato a riapparire solo verso le battute finali del manga, sarà invece il protagonista di un paio di interessanti intermezzi, mentre in questo volume se ne scopre uno scorcio di passato, collegato a quello di Bagy. Sapremo solo in seguito che l’equipaggio mostratoci e di cui i due facevano parte è quello di Gold Roger, prima che si conquistasse il titolo di Re dei Pirati giungendo all’ultima isola della fantomatica Rotta Maggiore.
Il capitolo del
flashback di Bagy,
Il Frutto del Diavolo, inoltre, inizia solo a grattare la superficie del mistero di questi bizzarri frutti, che conferiscono a chi li mangia poteri inusitati: informazioni a riguardo ci verranno date con il contagocce nel corso della storia ed ancora non si è fatta piena chiarezza sull’argomento.
Conclusa la minisaga di Bagy con
In Città si passa ad uno degli archi narrativi meno incisivi (in termini di ripercussioni sulla trama): in un solo capitolo,
Tu Sei uno Strano Mostro, si consuma la vicenda del buffo Gaimon, un po’ pretestuosa nelle sue premesse ma ben sviluppata. Un episodio autoconclusivo piacevole, soprattutto se si considera che con il procedere della storia i ritmi si faranno più serrati e non concederanno spazio alcuno per piacevoli capitoli interlocutori come questo, che tra l’altro ha il pregio di iniziare a svelare la geografia del globo terracqueo di
One Piece.
Arriva Capitan Usop ci presenta invece quello che sarà il quarto membro dell’equipaggio, il Cecchino Usop, bugiardo rinomato come ci indica il nome (
uso in giapponese vuol dire “bugia”), il lungo naso alla Pinocchio (ancora non ben definito graficamente in questi primi episodi) e la scena della sua comparsa, che cita quella favola russa universalmente nota come “Al lupo, al lupo”.
La figura di Usop richiama per la seconda volta nel volume il nome di Shanks, dato che Yasop, padre del Cecchino, milita nella ciurma del Rosso: insomma, una garanzia sulle doti e sulla morale del pirata che smentiscono le illazioni del meschino Krahador. Fa poi la sua comparsa Jango, personaggio ispirato a Michael Jackson e che andrà a finire nelle Miniavventure una volta esaurito il suo ruolo e farà anche un paio di comparse nella storia principale.
In chiusura, da notare come alcune delle fatasiose bugie narrate da Usop a Kaya si concretizzeranno nel corso nella storia (geniale!): il cecchino vedrà veramente un pesce rosso gigante (a Little Garden) e si batterà con la “talpa enorme” da lui citata (la fruttata Miss Merry Christamas, ad Alabasta).
One Piece #4 – Falce di LunaUn volume ricco d’azione, che vede i Mugiwara contro i Kuroneko. Scopriamo che Rufy, come già altri personaggi di altri manga (su tutti Ryoga di
Ranma 1/2), abbia un pessimo senso dell’orientamento (difetto proprio anche di Zoro, che in futuro saprà perdersi nelle situazione più semplici), cosa che permette ad Oda di ritardare l’arrivo del Capitano e dello Spadaccino dando modo ad Usop di dimostrare le sue capacità. Usop è (e sarà) di gran lunga più debole dei suoi compagni: fisicamente parlando è una persona comune, dotata però di molto ingegno e di una grande resistenza, caratteristiche che rendono i suoi combattimenti, sospesi tra il serio e il faceto, assai interessanti. Sempre parlando di scontri, vediamo brevemente anche Rufy e Nami, ma il più lo fa Zoro, con un combattimento di grande impatto scenico, ulteriore dimostrazione di forza da parte dello Spadaccino.
La regia di Oda è in questo volume veramente impeccabile: con espedienti credibili e a volte comici riesce a gestire con grande maestria l’intera situazione, con colpi di scena e
cliffahanger davvero efficaci. La storia si fa seguire con piacere e le vicende di Usop & Co. si concluderanno nel prossimo volume.
Da notare come il nome
Falce di Luna dell secondo capitolo, sia ripresa dal
Romance Dawn di One Piece Red.
Infine, iniziano in
E adesso? le Miniavventure. Oda sfrutta la prima pagina di ogni capitolo (quella con il titolo, solitamente corredata da illustrazioni libere) per farci vedere cosa stanno combinando i personaggi che già abbiamo visto nella trama. Le Miniavventure sono prevalentemente illustrazioni mute, nelle quali emerge però, di capitolo in capitolo, una trama chiara ed evidente, che spesso andrà a confluire nella storia principale, introducendo anche personaggi poi fondamentali. Insomma, è genio.
One Piece #5 – Per chi Suona la CampanaOda cita Hemingway! E come poteva la Star rovinare il bellissimo riferimento? Semplice, cambiando il nome della tecnica
Gomu Gomu no Kane (letteralmente:
Gom Gom Campana) in
Gom Gom Gong, rendendo così il riferimento del tutto insensato. Tra l’altro a ben vedere ci sarebbe un riscontro tra la vicenda di Kuro e uno dei messaggi del libro: Kuro si è tirato indietro, rifuggendo la sua stessa vita per timore della morte (che sarebbe stata la più ovvia conseguenza della sua fama di pirata) dimentico che “nessun uomo è un’isola”.
Stupendo il
flashback del malvagio Kuro, per un motivo apparentemente secondario: il marine cui viene attribuito il merito della cattura di Kuro, è il Morgan Mano D’Ascia del primo volume, anche se non viene esplicitato (lo confermerà solo poi Oda, nella rubrica della posta). Questo piccolo particolare getta il personaggio sotto una nuova luce, assai ironica e paradossale: un individuo che legittima le sue spregevoli azioni sulla base del suo grado non sa che questi gli è stato attribuito per un merito non suo.
Ma non di soli particolari si vive: ci sono anche le mazzate, in particolare quelle tra Rufy e Kuro che si confrontano in duello impegnativo, ma in cui il protagonista non sfoggia tutta la sua forza, pur venendo ferito in maniera grave. Da notare come si ponga l’accento sul rispetto dei compagni e come la cosa colpisca in modo particolare Nami; un accenno a quello che succederà in seguito in relazione al rapporto tra la Navigatrice e i suoi compagni.
La minisaga di Usop si conclude in
La Banda dei Pirati di Usop, in cui il Cecchino si congeda dai suoi compagni e si appresta a diventare un vero pirata, mentre
Si Salpa! ci mostra il passato del personaggio. E’ significativo che il
flashback sia assai ridotto: le motivazioni di Usop non sono nel passato, ma in sé stesso e la ricerca del personaggio è più che altro una ricerca interiore. Il
flashback è comunque davvero toccante e in un paio di pagine il motivo ultimo della natura bugiarda di Usop riesce a dare un tocco di classe alla vicenda del personaggio.
Ultima, ma non per importanza, l’acquisizione da parte della ciurma della Going Merry, la caravella che accompagnerà i Mugiwara per molto tempo.
E dopo un capitolo di transizione, si passa alla minsaga di Sanji. La minisaga più ricca ed affascinante, forse perché la prima a non essere autoconclusiva, bensì intersecata con la prima saga vera e propria, quella di Arlong.
Arriva Sanji ci presenta anche la figura minore di Fullbody, che rivedremo più avanti nella storia ma sempre con un ruolo marginale.
Nell’ultimo capitolo del volume,
I Tre Cuochi, infine, ci presenta la divertente combriccola del Baratie di cui Sanji, futuro membro della ciurma, fa parte.
In questo volume, esordiscono le SBS, ovvero l’angolo delle domande, in cui tra una demenzialità e l’altra Oda svela interessanti (e a volte pazzi) retroscena ed anticipazioni sulla storia.