Quando uno scrittore, un pittore o un artista passa a miglior vita, di solito la sua grandezza viene commisurata sulla base di quanto sia rimasto di vitale nelle sue opere, nella sua capacità di trasmettere, a distanza di tempo dalla scomparsa dell’autore, qualcosa a noi che quell’opera ancora guardiamo.
In questo senso, ed a mio modestissimo parere, potremmo, ed anzi dovremmo, chiederci che cosa sia rimasto di Guido Martina nella Disney di oggi, per valutare quali siano state la portata e l’importanza che questo autore può avere avuto sulle nostre testate preferite, da ciò conseguendo la successiva determinazione della sua eventuale grandiosità.
Un dato di fatto è certo, inoppugnabile ed incontrovertibile: senza Guido Martina a curare i redazionali, le traduzioni delle storie estere ed a realizzare storie italiane supervisionando altresì quelle dei colleghi, Topolino libretto come lo conosciamo oggi non sarebbe mai esistito. Punto. Potrei anche fermarmi qui, perché solo questa circostanza basta a dimostrare che Guido Martina è stato uno dei massimi autori Disney di ogni epoca… ma non lo farò, posto che è mia intenzione compiere un’analisi la più dettagliata possibile, sperando che anche questo mio post, per quanto chilometrico al punto da doverlo dividere in due parti, sia bene accetto dagli utenti, come lo sono stati altri che ho scritto in questi miei primissimi giorni di partecipazione al forum (grazie ancora a tutti per le belle parole di risposta alle mie precedenti osservazioni su Ambrosio e sulle saghe di PK).
Un altro dato di fatto è certo: Guido Martina era trasgressivo, satirico, perfido, quasi cinico nelle sue trame; era, in poche parole, il campione del politicamente scorretto all’Italiana in salsa Disney.
La prima storia che lessi a 10 anni nel 1985, su un Topolino del 1978, e che mi fece adorare il mondo Disney, fu la seconda parte di La vittoriosa sconfitta di Paperinik, testo di Guido Martina, disegni di Massimo De Vita. Ero partito proprio con due mostri sacri che più sacri non si può, e già notavo nella storia accenni a popolazioni cannibali, assassine, tagliatrici di teste, difficilmente rinvenute da allora sul settimanale. Eppure la cosa non mi turbò minimamente. Mi piegai dal ridere quando sui Grandi Classici lessi Zio Paperone e la campagna elettorale, trovai piena di suspense Paperinik e la Banda dei dodici, e ridevo anche quando vedevo Paperino rincorrere i nipotini con un battipanni in mano; adoravo il Topolino detective infallibile che risolveva casi impossibili come nella magnifica Topolino e i segreti di Casadiavolo o in Topolino e lo strano caso del furgone scomparso, e ridevo come un matto in storie come Topolino e l’alano dal potere strano. In quasi tutte le storie che ho citato, un Martina all’apice non risparmiava certo grandi dosi di satira e perfidia verso il malcapitato di turno, ma mai, e dico mai, ho trovato tali storie in qualche modo offensive della mia sensibilità di bambino.
Ora che i tempi sono cambiati e che ho 35 anni, siamo in tantissimi a sperare che i canoni del politicamente corretto in Disney siano fortemente ridotti, e ad invitare i maestri supremi del genere a travalicare paletti e palettini stupidamente imposti. Ma non ho visto nessuno domandarsi, e questo è il punto fondamentale della questione e del mio post, perché noialtri vogliamo che le storie Disney tornino ad essere dissacranti, laddove necessario, come lo erano quando le scriveva Martina. Sono un pivellino del forum e sono ancora imbranato a trovare topic e storie, ma mi ha molto colpito la risposta data da un (ritengo) giovane utente nel topic dedicato ad un recente numero di Topolino, contenente una storia di Vitaliano dove i Bassotti tornavano ad essere “cattivissimi”, tanto da arrivare a rapire Paperone e Rockerduck, scaraventandoli a calci fuori dalla loro baracca in montagna al gelo quando i loro riscatti non venivano pagati: in mezzo a tanti utenti che si complimentavano per il coraggio dimostrato da Vitaliano nel riportare i Bassotti alla loro mancanza di scrupoli vista in tante storie dei vecchi tempi, questo utente in particolare osservava che per lui i Bassotti erano dei simpatici bonaccioni e non spietati criminali. Ora, giro un poco la domanda posta poche righe fa: perché io vedo e voglio i Bassotti spietati mentre questo utente li considera dei bonaccioni?
La risposta è semplicissima, secondo me: perché io mi sono formato su storie dove i Bassotti erano perfidi, ossia quelle degli anni ’70-’80, mentre questo lettore si deve essere formato su storie successive, politicamente corrette, dove i Bassotti non hanno mai superato certi limiti. Se così però è, ciò significa che, per me e per tutti gli altri che chiedono a gran voce l’abolizione del politicamente corretto in Disney, i nostri personaggi preferiti possono avere questa vena dissacrante e satirica nelle loro storie, dal momento che così siamo sempre stati abituati a vederli. Ma chi è stato a darci storie dove i personaggi Disney rompevano sempre gli schemi, a volte più di quelli dei cartoni Warner? Guido Martina, ovviamente.
Ed è proprio perché egli ci ha fatto conoscere questo lato della Disney, sviluppando personaggi quasi perfidi nei loro atteggiamenti, che domandiamo ad Artibani, Faraci, Gagnor, Vitaliano e Ziche di tornare ad essere perfidi e cinici nelle sceneggiature come lo erano quelle di Martina tempo addietro. Un lettore che non conosce le storie di Martina non censurate (come penso sia quello che ho menzionato prima, ma smentitemi pure se ho preso una clamorosa topica) è portato d’istinto, invece, a ritrovare nei personaggi quelle caratteristiche di politicamente corretto che si porta dentro da quando ha letto le sue prime storie su Topolino mancanti di quella vena di cinismo alla quale noi siamo stati abituati, nel bene e nel male, dall’avere letto il fumetto prima di lui, quando gli autori come Guido Martina erano meno limitati. Certo, ciò non significa che ogni autore del Topo debba fare storie satiriche e perfide come le faceva Martina, tutt’altro. Cimino, Panaro e Sisti, per esempio, hanno meno la satira perfida nelle loro corde, ma non ce ne lamentiamo perché i personaggi Disney hanno talmente tante sfaccettature nel loro carattere che possono benissimo passare da una storia cattivissima e satirica ad una avventurosa, ad una gialla, ad una fantasy ecc, purché lo sceneggiatore colga queste sfumature, e non pieghi semplicemente i personaggi alla trama, appiattendoli caratterialmente sino a snaturarli, come scrissi in un mio post su Stefano Ambrosio.
Martina, quindi, sviluppò questo lato dei fumetti Disney più di qualsiasi altro autore, e di questo bisogna dargli atto: togliere agli autori la possibilità di essere scorretti (nei limiti della decenza, ovviamente) equivale a privare i nostri fumetti di una seconda eredità notevole lasciata da Martina, di una possibilità espressiva che improvvisamente viene meno senza alcun apparente motivo logico.
Trovo spesso scritto, poi, che Martina fosse un po’ troppo ripetitivo nell’usare una caratterizzazione dei personaggi stereotipata, soprattutto per quanto concerne Zio Paperone, troppo spesso dipinto come un angariatore senza scrupoli. Non posso negare che questo aspetto di Zio Paperone fosse il prediletto di Martina, anche perché gli è servito come base per molte bellissime storie di Paperinik (nonché per la creazione di questo mito di eroe), ma fortemente erra, IMHO, chi ritiene che fosse l’unica sfaccettatura del carattere di Pdp presente nelle storie di Martina. Chi conosce, per esempio, Zio Paperone ed il segreto di Villa Mistero noterà come in questa storia di Martina lo zione non sia mai tirannico nei confronti del nipote e non tenga alcun comportamento disonesto o al limite nei confronti di nessuno, a parte il coinvolgimento forzato di Paperino in una caccia al tesoro davvero geniale nel suo dipanarsi. Addirittura, Paperone si rivolge al nipote chiamandolo “figliolo”, senza che mai alcuna violenta diatriba scoppi tra i due.
Prendiamo in esame, poi, il Topolino martiniano, troppo spesso visto come un perfettino infallibile detective, antipatico proprio per la sua perfezione. Ebbene, in tante storie Martina non ha esitato a far fare comicissime magre figure al nostro Topolino, servendosi dei lati più divertenti del carattere del personaggio. D’amblais mi permetto di citare nuovamente Topolino e l’alano dal potere strano, dove il nostro topo preferito si trova coinvolto in una serie di apparenti disavventure in stile Sansone, cioè in una caterva di disastri di matrice canina che non può evitare in alcun modo, con effetto risata assicurato. Ma, tornando al tema del detective perfettino, al di là dell’antipatia che Topolino in questa veste può suscitare appunto perché infallibile, le storie gialle dove il nostro deve dipanare una matassa scoprendo un indizio dietro l’altro erano proprio così brutte o insopportabili in sé? Sicuramente no, perché Martina conosceva a menadito i meccanismi ad orologeria che fanno funzionare un poliziesco con enigma finale, tanto da riuscire a costruire intrecci perfetti, quasi degni del miglior Ellery Queen, una vera pacchia per chi come me è appassionato di gialli alla Poirot! Ma, si badi, per quanto come persona in sé Poirot sia odioso, io adoro lui e le sue storie, perché rispondono alla perfezione ai canoni del giallo deduttivo. Così era per il Topo detective: con lui quasi odioso nella sua perfezione, ma protagonista di storie splendide e leggendarie perché perfette nel loro dipanarsi giallo (vedi le menzionate Topolino e lo strano caso del furgone scomparso e Topolino e i segreti di Casadiavolo).
Martina aveva quindi sviluppato alla grande il personaggio gottfriedsoniano di Topolino detective, e proprio questo suo essere investigatore aveva contribuito al successo del personaggio e del settimanale. Ora, nessuno ha notato che la crisi attraversata dal personaggio Topolino dopo gli inizi degli anni ’90 è coincisa esattamente con la cessazione della pubblicazione di sue storie autenticamente gialle deduttive, ossia dopo Topolino e l’enigma del faro di Silvano Mezzavilla e Giorgio Cavazzano? Per quasi tredici anni non è stata più pubblicata una vera e propria indagine di Topolino, relegato in storie avventurose, comiche o thriller (magari bellissime, beninteso), ma mai gialle, sino a che Casty non ha pubblicato la splendida Topolino e l’ingannevole gemello, che ha riaperto la via alla pubblicazione di ulteriori detective stories, seppure in numero estremamente limitato, sino all’ultima Topolino e il taxi fantasma di Carlo Panaro e Massimo De Vita (spero di averne ricordato il titolo esattamente).
Lo ammetto candidamente: a me il Topolino detective manca molto, come credo manchi a tanti utenti, per quanto “antipatico” il suo personaggio fosse quasi costretto a risultare in queste storie. Ma qualcosa vorrà dire se la crisi del Topo è avvenuta proprio quando il canone martiniano delle storie poliziesche è stato accantonato. Ben vengano quindi storie come Topolinia 20802, creando nuove situazioni per il nostro Topolino (che, a ben guardare, molto si avvicinano al filone poliziesco), ma non capisco proprio perché una così ampia parte del personaggio Topolino sia ancora così poco sfruttata, quando sono fermamente convinto che un ritorno in grande stile dell’“antipatico” Topolino investigatore, in puro stile martiniano, sarebbe apprezzato da una vastissima platea di lettori sulle pagine dell’omonimo settimanale (che, per me, dovrebbe avere su ogni uscita un numero uguale storie di paperi e topi).
(Segue nel prossimo post)