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Ah, Martina, croce e delizia del fumetto Disney...
Croce in quanto promotore di caratterizzazioni inaccettabili oggigiorno dei personaggi: nessun sceneggiatore odierno prenderebbe esempio dalle caratterizzazioni di Martina, altrimenti si vedrebbe respinta ogni sceneggiatura. Per non parlare dei titoli delle storie, che spesso non c'azzeccano nulla con la trama principale (vedi 'Paperino e la botte di Diogene').
Ma anche delizia, perchè Martina è espressione di quel modo di fare fumetto Disney più artigianale e italiano possibile: dove i personaggi originali sono figli della cultura ottimistica e propositiva degli USA, quelli martiniani mettono alla berlina vizi e disfunzionalità della cultura italiana del dopoguerra.
Cominciamo dall'esempio più clamoroso:
Paperone, che continua ad essere l'egoista, imbroglione e scorretto delle prime apparizioni barksiane, quanto c'è di un certo modo di fare degli imprenditori italiani privi di scrupoli?
Martina lo caratterizzava quasi come un villain, un villain che tutto sommato gli stava molto simpatico, visto che spesso trionfava anche a scapito di un Rockerduck dalla parte della ragione. Lo stesso Rockerduck che nelle altre storie martiniane si comportava come un vero e proprio capo mafioso, ordinando ai Bassotti sequestri di persona.
Passando a
Paperino, la cui pigrizia è presente fin da 'La Gallinella Saggia', con l'aggiunta della fedele compagna amaca in 'Self Control', diventa veicolo di un messaggio ideologico.
La sua nullafacenza diventa motivo di orgoglio, di contestazione (e guarda caso quelle storie erano realizzate tra gli anni'60 e '70) contro il gretto accumulare dello zio. Ma non è solo un fine nobile il suo, visto che secondo Martina è tutto da decostruire: dietro una maschera ideologica che Paperino vanta con arroganza davanti ai nipotini e allo zio sembra mostrarsi una pura voglia di non fare niente.
In questo insieme sorge anche la figura di Paperinik, che nelle prime storie è un tenebroso vendicatore di se stesso, che cerca di piegare la situazione alla propria giustizia personale: del tutto coerente con un personaggio tutto sommato anticonformista.
Nelle storie successive però Paperinik diventa anche protettore di Paperopoli, giungendo persino ad affermazioni come “Paperinik non ruba!” (vedi Paperinik e l’oltraggioso sospetto) che alla luce delle prime storie fanno un po’ sorridere.
Ma la coerenza nelle storie è l’ultimo dei problemi di Martina, più attento a imbastire dialoghi e situazioni interessanti e spesso esilaranti.
Qui, Quo e Qua dal canto loro rappresentano una esasperazione del modello barksiano: bravi e diligenti, in relazione ai quali il confronto con Paperino è spesso impietoso. Ma allo stesso tempo salaci e impulsivi, scatenando così lotte e inseguimenti domestici di cui il battipanni resta uno storico simbolo.
Topolino nelle storie martiniane, pur mantenendo pregi del modello classico, come l’intuitività, lo zelo, il senso di giustizia, presenta un difetto inedito fino ad allora: l’arroganza.
Successivo di sé fino ai massimi livelli, il Topolino di Martina è quasi una feroce parodia dell’originale, e purtroppo, uno dei motivi per il quale parte del pubblico italiano ha cominciato a considerare Topolino un perfettino, privo di sfaccettature e soprattutto antipatico.
Ma il Topolino di Martina è appunto antipatico. Questo non vuol dire che sia un male in sé, visto che vi sono storie ben riuscite con questo Topo alternativo (come ‘Topolino Kid e Pippo-sei-colpi’).
A mio avviso il vero problema del Topolino di quegli anni, erano le trame fin troppo ripetitive e scontate: a parte alcune eccezioni (Scarpa su tutti), gli altri sceneggiatori emulavano il Topo martiniano in una sorta di sterile e spento manierismo. A questo poi si aggiunge che come contraltare ‘estero’ sulle pagine del [c]Topolino[/c] c’erano le storie Statunitensi e Brasiliane dei Comic Book, di qualità purtoppo non eccelsa, che contribuirono a svilire l’immagine del Topo che ancora oggi risente dell’eco di quegli anni.
Per quanto riguarda
Pippo c’è da fare un discorso particolare: forse lui è quello che più degli altri rimane fedele al modello originale, pur vantando un arricchimento inedito del tutto coerente col modello originale.
Il Pippo di Martina mostra le sue passioni stravaganti, gli oggetti dei propri Bis-bis che provengono dalla sua straordinaria soffitta (credo che l’invenzione dei Bis-bis e della soffitta con i loro oggetti sia proprio di Martina, ma ho il dubbio che sia in realtà di Carlo Chendi, qualcuno ha la risposta?) e grazie a questi ultimi spesso diventa un vero e proprio [c]deus ex machina[/c] nello svolgimento della storia.
Il pippide è espressione del lato più surreale e fantastico delle storie di Martina, un personaggio sottratto alla ‘normalità’ nella quale sono intrappolati gli altri personaggi, e a volte coinvolto nel paranormale come nella ‘Paperodissea’.
Citando la Paperodissea, merita una menzione d’onore la categoria delle Parodie, creata per l’appunto da Martina, filone che ancora oggi ispira nuove creazioni agli sceneggiatori Disney italiani.
Tirando le fila, certo Martina non può essere portato ad esempio delle nuove generazioni di sceneggiatori Disney, ma è innegabile che abbia dato un contributo determinante a personaggi e situazioni, e che spesso la sua versione caustica, irriverente e cinica dei personaggi risulta godibile e divertente anche ai lettori odierni.