Pubblico anche qui un pezzo di un mio commento su una storia di Martina assente dalle edicole da 60 anni (a momenti). Da qui si parte per rintracciare una certa dose di occultismo nelle sue sceneggiature, che lo rendono - a mio parere - l'Autore più vicino allo spirito originario di Walt.
Ovviamente dissento dall'opinione che una volta ha dato Sprea, e cioè che Martina sia lontano anni luce dal podio dei grandi Barks, Scarpa, Gottfredson, che sembrava basata più su quanto una storia sia "perbenista".
In un Natale di 60 e più anni fa esce la prima avventura di Guido Martina con Topolino e Pippo viaggiatori spaziotemporali. A causa della "diavoleria" di un bis-bis di Pippo (il baule di Pippo il Navigatore), i 2 si ritrovano nella Cina del V sec. a. C. e di Confucio. In più Pippo acquista temporaneamente un'utilissima facoltà: riesce a capire la lingua cinese.
Ma quella in cui sono finiti i nostri viaggiatori spazio-temporali è realmente l'antica Cina? Di primo acchito non sembrerebbe, ma le sorprese sono epifaniche e dietro l'angolo. Quindi Martina ricorre a una peculiare forma di fiction, la
Secret history (o addirittura
Fantastoria), atta a mostrare, con un susseguirsi di anacronismi, come la Storia non si sia sviluppata per come è scritto nei libri.
Giuseppe Perego si dimostra un fine artista per quanto riguarda ambienti e monumenti, e ciò sopperisce all'espressione un po' monocorde tipica delle sue somatiche. Martina nelle questioni sentimentali ed etiche era un po' didascalico (vedi come spiega in quattro e quattr'otto i valori umani), ma risulta ugualmente efficace.
Abbiamo parlato delle caratteristiche il cui riconoscimento è immediato, ma nella storia c’è molto più di quanto si pensi. Partiamo dalla seconda metà dell’Ottocento: la russa Helena Blavatsky, co-fondatrice della Società Teosofica e ritenuta colei che ha posto le basi per una moderna letteratura occulta, sosteneva di essere in contatto telepatico coi misteriosi Maestri del Tibet, luogo da cui verrebbe il suo libro Stanze dal libro di Dzyan (testo millenario di cui lei sosteneva aver avuto una visione). È nella “magica” e sibillina Cina che sono catapultati Topolino e Pippo nella storia di Martina, in quella antica per la precisione, in un periodo di tempo che risulta essere l’Età dell’Oro (ridate un’occhiata all’iscrizione sulla cassetta di pag. 4 per una conferma). Ebbene, la divisione esoterica del tempo del mondo si ripartisce in 4 età (o tappe o Yuga): Età dell’Oro (Krita Yuga), Età dell’Argento (Treta Yuga), Età del Bronzo (Dwapara Yuga) ed Età del Ferro (Kali Yuga, quella in cui ci troviamo). La prima età sarebbe quella della Verità e della Giustizia, valori massimi che Martina assegna al filosofo Confucio, il quale conosce Passato, Presente e Futuro. Nelle varie età successive si perde memoria dei fasti precedenti, e su questo gioca Martina mettendo a punto un’insospettabile, occulta antichità iper-tecnologica. Tutto ciò con la sua consueta ironia, è chiaro, come nella sequenza in cui Confucio fa la telecronaca del quiz (!) e in essa ricorda di rinnovare l’abbonamento alla televisione (è una citazione del programma Duecento al secondo, condotto da Mario Riva); e con la sua consueta visione beffarda e un po’ pessimista: Topolino e Pippo rischiano comunque di perdere la pelle per non disonorare la Legge. Per arrivare nella terra della Grande Muraglia – involontariamente, ovvio – Topolino e Pippo hanno configurato, con le scatole cinesi trovate nel solaio del secondo, una specie di obelisco (figura-cardine dell’ascesi alchemica ed ermetica, nonché massonica), dalla cima del quale Pippo solleva il dito verso il tetto (il dito che punta verso l’alto è un’altra manifestazione massonica, atta a indicare l’approvazione dell’individuo e la sua idoneità alla promozione al livello successivo). Importante poi il fatto che la parte decisiva della storia si svolga in un tempio (superfluo specificare quanto sia importante la presenza di un tempio per la massoneria), in cui 4 porte conducono o alla dannazione eterna o al proprio tempo presente. Mette un po’ inquietudine pensare che, imbroccando la porta sbagliata (cosa che Pippo teme stia per fare Topolino, infatti è disperato), i due verrebbero “cancellati” dalla Storia: cioè della loro fine si perderebbe memoria come si è persa memoria del prestigio raggiunto dalla Cina di Confucio. Veniamo alle 4 porte in sé: in massoneria il 4 rappresenta gli Elementi dell’iniziazione: Fuoco (energia creatrice e d’impulso), Acqua (energia di gestazione), Aria (energia equilibrante e combinatoria delle prime due, infatti Fuoco ed Acqua sono opposti e contrari) e Terra (energia di cristallizzazione e di fusione delle tre precedenti, infatti rappresenta il corpo). Nella storia disegnata da Perego, le 4 porte sono fatte ognuna di un metallo o minerale diverso, che rappresentano le qualità planetarie, e nel nostro corpo si troverebbero con polarità sia positiva che negativa. Ovviamente non possiamo dire che la massoneria abbia creato qualcosa dal nulla, tutt’altro: i metalli nei tempi passati erano visti come qualcosa di “magico” e chi riusciva a lavorarli un essere degno di riverenza: basti partire dalla mitologia legata all’
Anello del Nibelungo per scendere fino all’
Aneddu di Ancelica del folklore siculo; da qui viene poi il Signore degli Anelli, che andrebbe letto come summa di tutte le tradizioni precedenti e non solo come opera fantasy a sé stante (come troppo spesso si fa nel circuito più superficiale degli appassionati).
Tornando alla storia Disney del 1955, dobbiamo far notare che gli stessi Topolino e Pippo martiniani potrebbero vedersi come un’espressione del concetto di “Dualità” caro alla Massoneria (come Squadra/Compasso, Cielo/Terra, Sole/Luna, Orizzontale/Verticale). Tra i 2 eterni amici è riscontrabile una tensione: Topolino ha paura di Pippo quando le sue facoltà medianiche gli donano temporaneamente dei super-poteri, e Pippo ha paura di Topolino come asserisce a pag. 29: “Sei così furbo che mi fai paura!”. La situazione da cui sono appena usciti, in conclusione alla vicenda, è stata effettivamente di estremo pericolo, e ci voleva un’astuzia “mostruosa” per ottenere la salvezza, tipica del Topolino martiniano, che può definirsi un “super-uomo” iper-razionale. Ma ha comunque bisogno di un’anima candida che può entrare più facilmente in contatto con le forze segrete dell’Universo (che nella visione martiniana non si manifestano soltanto nella notte di Natale). Per questo è sintomo di ignoranza definire il Pippo martiniano uno stupido tout-court, come hanno sempre fatto i detrattori più perbenisti del Maestro piemontese.
Per tirare le somme, ci siamo resi conto di come Martina fosse molto interessato a queste interpretazioni alternative della Storia dell’Uomo, forse da lui tenute in considerazione di più che come semplice espediente narrativo fantastico. Certo, nel campo accademico queste idee erano scarsamente tollerate (negli anni ’50 Julius Evola era uno dei pochi a permettersi di esprimerle velatamente nei suoi scritti), quindi il Fumetto – con la patina di svalutante prodotto per l’infanzia – risultava un ottimo canale di diffusione in tal senso. Indagare più approfonditamente sulle scelte che questo letterato (una personalità difficile, come dimostrò anche la sua ultima, reticente intervista) compì nella sua vita e nella sua carriera, è impresa che poter compiere con le proprie forze è dir troppo.
Dopo tutti questi decenni, si può considerare forse Guido Martina come il più vicino allo spirito originario del creatore Walt Disney prima della svolta più rassicurante. Si pensi a
Biancaneve, a
Pinocchio, a
Fantasia: pregni di gusto macabro, di inquietudine, di magia, si simbolismo, di esoterismo.