Zio Paperone in "Cuori dello Yukon" (1995)
Ho riletto proprio pochi minuti fa questa storia, cardine della mia infanzia fumettistica, ed è sul filo delle emozioni ancora vivide che cercherò di esprimere quanto per me sia importante, quanto sia bella.
“Cuori dello Yukon” è una storia d’amore, o meglio una storia che narra di un amore che sarebbe potuto nascere, che forse un giorno si sarebbe realizzato, che scalpitava alla ricerca di emergere in una situazione difficile come è quella fra Paperone e Doretta, i due cuori più freddi dello Yukon che cercano di unirsi in uno solo. Ma sebbene questo sia il corpo centrale della storia, e di fatto il vero scopo della stessa, esso è magnificamente celato sotto una trama originale e quanto mai umoristica in moltissimi punti oltre a dedicare altro spazio alla situazione della turbolenta cittadina di Dawson a quel tempo. Fantastica la figura del colonnello Steele resa in modo esilarante anche grazie allo scrittore London (caricaturato sulla figura del vero Jack London) e ai suoi continui motti sparati ogni due per tre e che non mancano mai di strappare un sorriso. Semplicemente impareggiabili le sequenze della bufera di neve in cui Paperone viene lasciato a congelare e nel quale gli giunge in sogno Doretta per poi continuare nella sempre più frenetica situazione che caratterizzerà Dawson dopo l’incendio. A questo proposito la quadrupla col Bolla D’Oro in fiamme e Doretta, superba, che guarda altezzosa Paperone è così carica di emozioni che si potrebbe stare ore a guardarla. Infine Paperone riuscirà ancora una volta a salvare da nuove minacce la sua concessione mineraria andando ad alimentare ancora il mito intorno a sé. Anche i disegni in questa storia sono magnifici, tipici del Don ancora agli inizi della sua carriera, con il tipico realismo che lo contraddistingue, indispensabile per una storia del genere e che nessun altro disegnatore, pur divino che sia, potrebbe eguagliare. Ma tutta l’anima di questo capitolo della vita di Paperone si trova nelle ultime quattro vignette, praticamente mute, in cui le immagini, sole, recano con sé tutto il dolore, il rimpianto, la durezza e l’angoscia che aleggiavano già nell’aria. I due sguardi, che si cercano trovandosi solo spiritualmente, sono corrucciati volti a immaginare un’altra vita, nuova, piena di incognite e sorprese, ma per certi versi forse una vita migliore, in cui “ci sia una persona che potrei… che posso…”… Amare, la parola che mancava al breve discorso che Paperone fa a sé stesso, cercando il coraggio di aprire quella lettera e accettare un nuovo futuro. Ma quando essa viene adagiata nella neve, per disperdersi del glaciale inverno e Doretta chiude la finestra pronta ad un nuovo spettacolo, allora Paperone ha chiuso la porta ad una nuova vita, ad un nuovo amore che forse lo avrebbe reso non il papero più ricco della Terra, ma il più felice. E di certo, il buon Scrooge, porta chiuso nel suo cuore, vera croce dell’anima, il rimpianto per quel gesto, per quel treno lasciato correre senza nemmeno lasciar svolazzare un fazzoletto…