Bella questa storia, che non manco di rileggere spesso, trovandovi sempre del grande piace nel farlo.
In sole sedici tavole Casty costruisce una trama molto intrigante che verte sulla sparizione dell'occhio di giada di Topoltec, un reperto storico di grande valore che fa gola a Macchia Nera.
La storia, nel suo dipanarsi, mi ha piacevolmente spiazzato più di una volta e mi ha caricato di tanta curiosità nel seguire i suoi sviluppi e nel cercare di arguire come abbia agito quel cervello fino e subdolo di Macchia Nera.
È infatti incredibile come quest'ultimo dimostri una capacità recitativa degna di un attore affermato, impersonando prima il carattere bonario di Pippo con una uscita tipica del personaggio, scaturita dal suo candore, e poi fingendo di essere stato narcotizzato, con sguardo smarrito e atteggiamento rintronato, come se fosse piombato per davvero in un sonno profondo indotto
.
Mi sono piaciute molto, poi, le ultime due pagine della storia: la prima per come Macchia ha modo di vantarsi di come abbia saputo manovrare le mosse dei suoi avversari (come se fossero burattini nelle mani del burattinaio) e l'ultima per la divertente tavola conclusiva che funge da chiosa della vicenda
con lo sfogo del villain che riversa tutta la sua frustrazione nei confronti di quel personaggio che, invece, oppone contro cotanto, incontrollato, furore il suo candore più genuino e la sua bonarietà d'animo, lasciando tutti a bocca aperta per la semplicità con cui rivela il sorprendente ritrovamento dell'altro occhio di Topoltec.
La vicenda mostra l'impiego di un "cattivo" che si rivela essere un calcolatore abile e molto astuto, conferendogli un fascino e uno spessore tali da renderlo credibile nel suo essere degno antagonista di Topolino.
Oltre all'alone di mistero che aleggia nella storia per la sparizione del prezioso reperto e al clima concitato che vede i nostri muoversi affannosamente alla ricerca di Macchia, il racconto presenta una componente umoristica che va ricordata e sottolineata per la simpatia e la verve che la caratterizza.
Oltre allo scambio di battute sulla forma fisica tra Manetta e il Commissario (già citato da Maximilian nel messaggio iniziale di questa discussione), rammento con piacere anche la tirata di nasi a catena che vede protagonisti Topolino, l'ispettore Manetta e un povero indiano il quale finisce, senza motivo, nella lista dei sospettati.
Ad accompagnare la sceneggiatura frizzante di Casty, vi sono le matite di un Vitale Mangiatordi che ho assai apprezzato per come ha saputo rendere espressivi i personaggi coinvolti nel racconto, per la bellezza con cui li ha delineati, per come ha saputo farli recitare e rendere con naturalezza le loro varie reazioni nel corso del racconto, dal Topolino che risponde con imbarazzo alla confidenza di Manetta sulla scomparsa dei suoi lecca-lecca agli sfoghi incontrollati dei personaggi in preda ai momenti di escandescenza quando si sentono "punti nel vivo".