Topolino e la valle dei fantasmiQuesta rarissima avventura di Topolino e Pippo (quanti l’hanno letta nei quasi 60 anni di assenza dalle edicole?) si rivela soprattutto come un mirabolante esercizio di stile da parte di Giuseppe Perego, meticoloso e immaginifico nella ricostruzione di un castello e di ambientazioni tetre (la landa desolata, la palude) già dalla grandiosa tavola di apertura, un’intera splash-page. Concepita per l’Almanacco Estivo –
Albo d’Oro con foliazione doppia – del 1955 (era la storia d’apertura, seguita da ZIO PAPERONE E IL RATTO DEL RATTO [1955] di Carl Barks), questa sceneggiatura di Martina vanta ovviamente tantissimi riferimenti fumettistici e animati: si parte dai cortometraggi horror di Topolino (le magioni di
The Haunted House [1929] e
Lonesome Ghosts [1937, graficamente citato da Perego con la posa di Pippo nella 3ª vignetta di p. 21], il folle e orrifico castello di
Mickey’s Nightmare [1932]) e si passa poi per le immancabili storie a fumetti (il maniero colmo di macabri trucchetti – quadri e armature parlanti – di TOPOLINO E ORAZIO NEL CASTELLO INCANTATO [1932-33, di Webb Smith e Gottfredson] e quello con passaggi segreti attraversati da un misterioso “fantasma” di PAPERINO E IL SEGRETO DEL VECCHIO CASTELLO [1948, di Barks, a suo tempo tradotta da Martina e da lui intimamente ricordata nella sequenza con Pippo che “sente rumor di passi”). Non manca il ricordo, da parte di Martina, della sua stessa TOPOLINO E IL COBRA BIANCO [1948-49], in cui Topolino, intrufolatosi nel castello dello scienziato Molosso, camminava nelle camere seguito dagli sguardi degli scheletri appoggiati al muro (cosa che succede ora, con le armature al posto dei primi, a Pippo). La fascinazione per i tetri castelli pieni di insidie era stata peraltro esplicata da Martina anche in TOPOLINO E IL DOPPIO SEGRETO DI MACCHIA NERA [1955], uscita su Topolino poco tempo prima l’episodio nella vallata dei fantasmi.
Quest’ultimo rappresenta un raro caso di sceneggiatura martiniana (in più un giallo di Topolino) che inizia
in medias res, con un’inquadratura dei piedi di Topolino e Pippo in viaggio verso l’oggetto della loro indagine (i lettori più attenti ricorderanno che in campo Disney uno degli esempi più celebri sarà quello di PAPERINO E L’UOMO DI ULA-ULA [1959] di Romano Scarpa, che per spiegare gli eventi scatenanti adotterà un espediente alla
Rashomon). L’immersione immediata nella vicenda permette a Martina di plasmare con comodità mistero iniziale e incalzare degli eventi nel formato un po’ penalizzante dell’Albo d’Oro (che non permetteva la divisione delle storie in puntate). L’Autore sottolinea l’aura fiabesca (che vuole ricreare almeno all’inizio) con didascalie esplicative e discorsi dello spettro in rima (lasciarsi sfuggire un’occasione per poetare era estraneo a Martina). Anche quando, coerentemente con le sue sceneggiature topolinesche, l’arcano si smonta col trionfo del razionalismo, il fascino “magico” della vicenda non si sgonfia e nemmeno la tensione. Martina e Perego intendono generare
vertigini (vedute dal basso di fantasmi che calano dall’alto, la lunga scalinata a torciglione di p. 28) e
sospensione del fiato (il tuffo nella galleria allagata, la cortina fumogena), e nel loro piccolo ci riescono.
Nell'unica (finora) ristampa del 1959, la storia è adattata al formato tascabile con allungamento delle vignette.
Parlare di queste storie torna ad essere utile. Quante rivedranno la luce, dopo la metamorfosi della testata
I Grandi Classici Disney?