Mi sembrava ingiusto e riduttivo verso questo capolavoro assoluto del fumetto Disneyano un commento “unico”, così ho pensato di commentare la mitica Saga capitolo per capitolo, considerandone ognuno come una storia a sé stante…
CAPITOLO PRIMO –
L’ULTIMO DEL CLAN DE’ PAPERONIDopo una simpatica introduzione in cui Paperone, al lettore che si chiede quale sia la sua storia, risponde: “E’ affare mio!”, entriamo subito nel vivo con uno splendido inizio ambientato nelle nebbiose brughiere della Scozia, e più precisamente Colle Fosco, dove si trova quel castello de’ Paperoni già visualizzato da Barks in “Paperino e il segreto del vecchio castello”, e dove il giovanissimo Paperone è istruito dal padre Fergus sulla storia del suo glorioso clan. I riferimenti alle storie di Barks si sprecano: si parla del capostipite, capitano McPaperon (da “Zio Paperone e la cassa di rafano”), del duca Quaquarone e del suo tesoro (sempre dal “segreto del vecchio castello”) e soprattutto della faida contro i Whiskerville (ripresi, con tanto di mastino, da “Il clan di Zio Paperone”); scopriamo poi che il giovane Paperone vive con due sorelle (Ortensia e Matilda), i genitori e lo zio Jake (ripreso da “Paperino e il ventino fatale”) e che guadagna la Numero Uno lustrando scarpe ad uno scavafossi all’età di dieci anni (informazione ricavata dalle storie “Zio Paperone e il disturbatore invisibile” e da “Zio Paperone e la noia da dollaro” di Fallberg e Strobl): significativo il momento in cui Paperone guadagna la monetina e, sapendo che non potrà spenderla perché americana, si ripromette di dimostrarsi “il più duro dei duri e il più furbo dei furbi” per “far quadrare i suoi conti” (e qui il Don si ricollega con "Zio Paperone e la disfida dei dollari"); “mi sa che è l’inizio di qualcosa di grandioso”, pensa il piccolo Paperone e… così sarà. Segue una sequenza molto affascinante con il nostro eroe che, nel castello di famiglia, è “ispirato” dallo spirito dell’avo Quaquarone: parte così per l’America in cerca di fortuna. Simpatiche le gag "di sfondo" sulla piccola Ortensia, e bellissima la tavola finale in cui Paperone, dopo aver ricevuto come portafortuna un orologio d’argento appartenuto all’avo McPaperon (che Rosa ricava da “Zio Paperone e l’orologio dell’eclisse”), parte per l’America chiedendosi se avrà successo, mentre tra le nuvole il Don ritrae le sue future avventure. Ottimi i disegni di Rosa, perfettamente a metà tra il tratto iper-barksiano degli esordi e quello legnoso e iperrealistico che assumerà in seguito. Un’ottima introduzione, direi, ma pur sempre un’introduzione: il bello deve ancora arrivare.
CAPITOLO SECONDO –
IL SIGNORE DEL MISSISSIPPI“L’America chiamò un giovane scozzese di nome Paperon de’ Paperoni e questi rispose!” Paperone sbarca a Louisville, nel Kentucky (guarda caso, città di Don Rosa), e nel narrare la seconda parte delle sue avventure il Don si rifà soprattutto alla storia “Zio Paperone e la Regina del Cotone”: da qui trae due de personaggi-chiave di questo capitolo. Il primo è Angus “ManiBuche” de’ Paperone, zio di Paperone patito del gioco d’azzardo e proprietario del battello “Ciccio Dollaro”; l’altro è il suo acerrimo nemico Porcello Suinello, del quale avevamo già conosciuto il discendente nella storia di Barks. La storia ruota attorno al recupero (conteso fra ManiBuche e Suinello) del “Drennan White”, battello carico d’oro affondato nel Mississippi. E sarà proprio per battere ManiBuche nel recupero del “Drennan” che Suinello fonderà nientemeno che… la Banda Bassotti, i cui primi componenti sono Capitan Bassotto Cuorenero (il futuro Nonno Bassotto) e i suoi tre figli (tutti e quattro già visti in “Zio Paperone e la gara sul fiume”): storica la scena in cui i Bassotti indossano per la prima volta le mascherine, e geniale la scelta di non mostrarci i loro visi prima di quel momento. Invece i nostri eroi avranno dalla loro parte Cacciavite Pitagorico (anche lui apparso nella “gara sul fiume”), nonno di Archimede e anch’egli inventore. La storia è senz’altro avvincente e appassionante, colma di ottime trovate, memorabile senza dubbio, ma non presenta scene particolarmente epiche o “d’effetto” come gran parte dei capitoli successivi… a parte il pezzo in cui Paperone capisce per la prima volta come nella caccia al tesoro il gusto è tutto nell’avventura più che nel ritrovamento del tesoro stesso (“Non c’è soddisfazione se la fortuna ti casca in mano così!”), che però sarà approfondito meglio in seguito. Da segnalare anche il fatto che PdP cominci a prendere in considerazione l'idea di conservare i suoi soldi in un deposito, poiché questi rappresentano per lui la sua vita e le sue avventure. Ottime le gag, sia verbali (spassoso il tormentone “L’acqua del Mississippi è così fangosa che…”), che visive (il borseggiatore col coltello che deruba prima Paperone e poi Suinello, ManiBuche che “sistema” gli avventori del saloon che cercano di fregargli le monete dal tavolo di gioco…). Un capitolo sicuramente memorabile, ma certo non uno dei migliori.
CAPITOLO TERZO –
IL COWBOY DELLE TERRE MALEDETTEOgni capitolo un nuovo setting: dopo la Scozia e il Mississippi, ci spostiamo nel vecchio West. Il capitolo si apre con Paperone che, scrivendo una lettera ai genitori sul treno, incontra nientemeno che il professor Sentimento Cuorcontento di Sacramento che gli mostra le mitiche uova quadre: Don Rosa voleva omaggiare il capolavoro barksiano “Paperino e il mistero degli Incas”, ma toppa clamorosamente dato che il professore avrebbe dovuto essere morto appena uscito dalla Regione delle Nebbie (chi ha letto la storia se ne ricorderà), ma dato anche che questi non poteva conoscere le galline quadre, poiché queste sarebbero state scoperte solo da Paperino e nipoti molti anni dopo. Comunque, da segnalare che per la prima volta nella Saga Paperone incontra personaggi realmente esistiti, e che personaggi!: Jesse James e la sua banda, Murdo McKenzie e addirittura… il giovane Theodore Roosevelt (anche se si rivelerà essere lui solo nel Capitolo Decimo)! La trama di questo capitolo, memorabile anch’esso ma neanche questo uno dei migliori, vede Paperone, ora conosciuto come Buck, divenire cowboy alle dipendenze di McKenzie e recuperare un prezioso toro rubato da due ladri di bestiame. Fenomenale a tal proposito l’intera sequenza nelle Terre Maledette (riprese tra l’altro dalla storia di Barks “Paperino sceriffo di ValMitraglia”), un susseguirsi di gag paradossali che coinvolgeranno indiani, banditi, dinosauri (ovviamente fossili) e un orso inferocito. Degno di nota anche il finale, in cui Paperone lascia McKenzie per andare in cerca di avventure, illuminato dalle parole di Roosevelt: “Il benessere è più di una pila di contanti! Ciò che conta è la gloria di come li hai conquistati!” Lo ritroveremo a bordo del leggendario veliero “Cutty Sark”, ma questa, come si suol dire, è un’altra storia, che Don Rosa avrebbe narrato diversi anni dopo in “Zio Paperone - Il capitano cowboy del Cutty Sark”…
CAPITOLO QUARTO -
IL RE DI COPPER HILLUltimo capitolo “modesto” e poi arrivano i capolavori. Per dare l’avvio a questa nuova avventura del giovane Paperone Don Rosa si ricollega con un aneddoto raccontato da Paperone nella storie di Barks “Zio Paperone e la disfida dei dollari”, e cioè che Paperone, dopo aver comprato un terreno apparentemente improduttivo, vi scopre una ricchissima vena di rame… un attimo prima che, con l’avvento dell’elettricità, si sparga la voce che tale materiale è indispensabile per la fabbricazione di cavi elettrici e scoppi una sorta di “febbre del rame”. Paperone troverà un alleato nel ricco Howard Rockerduck, padre di quello che diventerà il suo acerrimo rivale (curiosamente disegnato da Rosa con fattezze più vicine a quelle "italiane" che non a quelle barksiane) e che qui è già un ragazzino viziato ed antipaticissimo (ma sarà punito!): sarà proprio Howard a scoprire che nella sua proprietà si trova l’inizio della vena di rame su cui è stata costruita la ricchissima miniera di Copper Hill… che perciò diventa sua! Ma solo dopo una concitatissima scena in cui vediamo Paperone contendersi la concessione con una folla di avidi cercatori (bellissima la quadrupla con la rissa!) e mostrarsi nuovamente “il più duro dei duri e il più furbo dei furbi”. Ancora una volta il Don infarscisce la trama di ottime gag (il gatto che prende la scossa fuori dal saloon, il giudice che legge i romanzi di ManiBuche). Bellissimo poi come Paperone cominci piano piano a rendersi conto di cosa sia la ricchezza, con i suoi pro e i suoi contro (suii cercatori che lo odiano perché è diventato ricco pensa: “Erano miei amici! Ma chi ha più bisogno di loro? Avrò i soldi!”): comincia un processo di “maturazione” che troverà il suo apice nei prossimi capitoli. Ma ora per Paperone è tempo di tornare a Glasgow, dove la sua famiglia è in difficoltà: e nulla sarà più come prima…
CAPITOLO QUINTO -
IL NUOVO PROPRIETARIO DEL CASTELLO DE' PAPERONIArrivano i capitoli BELLI. Questo poi è spettacolare. È una notte buia e tempestosa a Colle Fosco e Paperone, tornato in patria, trova ad attenderlo i Whiskerville, più ignobili che mai, seriamente intenzionati a cacciare dalle loro terre di de’ Paperoni, ormai caduti in miseria. Riabbracciata la sua famiglia (nella quale troviamo un’Ortensia stranamente cresciuta un po’ troppo rispetto al tempo effettivamente passato), Paperone spende tutti suoi averi per pagare le tasse del castello di famiglia (da notare che sull’assegno campeggia la firma di Carl Barks!), ma i Whiskerville non ci stanno e il nostro eroe è costretto a sfidare a duello uno di loro… ma non è solo: ad aiutarlo c’è lo spirito del duca Quaquarone, l’antenato che più di tutti crede in lui e che l’aveva ispirato nel primo capitolo. Nonostante tutto, inaspettatamente, Paperone ha la peggio e… muore? Incredibile, ma così pare: giunto nel Paradiso dei de’ Paperoni, si trova davanti i suoi antenati (tutti tratti da storie di Barks, come “il segreto del vecchio castello”, “la cassa di rafano” e “il tesoro della regina”)in una delle scene più memorabili e significative di tutta la Saga. Sarà proprio Quaquarone, dopo aver letto sul libro dei de’ Paperoni il destino di PdP, a convincere gli avi a dargli una seconda possibilità… ma solo a patto che Paperone, per rendere onore al clan, diventi “il più spilorcio miserabile strizzarape avaro tirchioso della Terra”! Ovviamente tutto si conclude per il meglio: bellissima in tal senso la tavola finale, in cui Paperone, osservando l’arcobaleno dopo il temporale, decide di ripartire per cercare simbolicamente la pentola d’oro alla sua estremità. “E’ un bellissimo presagio: diventerò un cercatore d’oro! E se non lo troverò, non mi darò mai per vinto: c’è sempre un altro arcobaleno!” Applausi a scena aperta.
CAPITOLO SESTO -
IL TERRORE DEL TRANSVAALRipartito in cerca d’oro (e d’avventure), Paperone arriva in Sudafrica, nel Transvaal. Qui incontrerà per la prima volta, senza tuttavia sapere di chi si tratti, quello che molti anni dopo diventerà uno dei suoi peggiori rivali: Cuordipietra Famedoro. Paperone lo incontra legato a un bufalo inferocito (punizione per i ladri di diamanti), gli salva la vita e, fidandosi di lui, lo prenda come socio… ma nella notte questi lo deruba e se ne va, abbandonandolo nella savana. E qui arriva il bello: la scena di Paperone infuriato come una bestia che sistema, una ad una, tutte le belve della savana, è fenomenale, così come è da antologia la vignetta quadrupla in cui il suo scatto d’ira terrorizza tutti gli animali (tra cui una iena che perde le macchie e un elefante con un topolino spiaccicato sotto la zampa: le solite, esilaranti finezze donrosiane). Memorabile anche PdP che entra in città a cavallo di un feroce leone, e soprattutto lo scontro tra Paperone e Famedoro: “Furfanti di più nobile stirpe di te mi hanno reso cauto, ingegnoso e litigioso ma tu… tu mi hai fatto arrabbiare!” Cuordipietra avrà quello che si merita, ma il suo scontro con PdP non finirà certo qui… Paperone non riuscirà però a ricavare nulla in Africa, e perciò riparte per nuove avventure: prossima tappa, Pizen Bluff, in Arizona… ma questo il Don ce lo racconterà solo alcuni anni dopo in “Zio Paperone - Il vigilante di Pizen Bluff".