Al peggio non c'è mai fine!
Ma — per fortuna — la Redazione di Topolino ha preferito, questa settimana,
non confermare questo detto.
Un numero (il 3555) che riesce ad essere meglio del precedente, anche se non brillante. Alle due storie posizionate ai suoi estremi, ne intervalla un paio senza pretese, dal tono puramente umoristico, ma che fanno il loro lavoro: essere delle gag organicamente costruite e non un blob di gag, come accaduto — lo scorso mercoledì — con la storia di Filo e Brigitta alle prese con i centravan... pardon... con i centrini della Tavola Rotonda.
"Il Corsaro" Non una storia brillante.
Inizia benissimo. Non bene, ma proprio benissimo. I disegni e le chine di Ferracina e i colori di Virzì accompagnano, vignetta dopo vignetta (anche con vere e proprie splash page), la costruzione sapiente (bisogna riconoscerlo!) di un rapporto genitori/figlio burrascoso, fatto di aspettative non mantenute, di delusione genitoriale con cui fare i conti e senso di inadeguatezza da parte del discendente di una casata importante, ma — apparentemente — così dissonante rispetto alle sue inclinazioni.
Una dinamica ben costruita, anche perché le pretese dei genitori non appaiono assurde o stereotipate. Anzi. Sono assolutamente concrete. Condivisibili. Eppure, Stabile riesce a creare uno scambio di battute, scene e silenzi, in grado di catturare l'empatia del lettore. Si comprende il disagio del giovane Malcom. Si capisce come possa sentirsi, spaccato tra il voler essere un degno erede dei
"de' Paperoni" e l'inseguire i suoi sogni.
L'autore riesce anche, senza citarla palesemente (cosa per la quale serve molta abilità!), a mostrare uno scontro tra la stagnazione del padre, fossilizzato sui risultati conseguiti dagli illustri antenati, e l'intrapendenza del figlio (non considerata tale dal genitore), il quale — proprio in questa voglia di rischiare — mostra la caratteristica principale che ha portato ai conseguimenti (anche finanziariamente concretissimi) sui quali il genitore si è seduto, quasi dimenticando che essi non sono piovuti dal cielo, ma sono stati, al contrario, generati da rischiose scommesse fatte dai 'de Paperoni del passato.
Insomma. L'apparentemente meno depaperonesco, in realtà, è colui il quale conserva maggiormente il reale nucleo caratteriale della propria casata, in modo fresco e vivo. Al contrario, il padre sembra aver perso il cuore del proprio cognome, sguazzando in una mortifera minestra riscaldata fatta di vecchie glorie, pronta ad esaurirsi come una pila ormai scarica.
Si diceva: inizia benissimo. E poi?
Sì, perché questa non è una storia scritta malissimo, intendiamoci. È semplicemente una storia che inizia in pompa magna, prosegue abbastanza bene con il primo evento che fa da motore per la trama (
Malcom che viene accettato nell'equipaggio; cosa che accade con abbastanza naturalezza, senza forzature) e, poi, scorre — veloce veloce — verso la parola "fine", come su un
nastro trasportatore. Si sente, ogni tanto, un "bip" — in sottofondo — che testimonia che tutto sta procedendo come deve, col minor sforzo possibile. Senza guai. E, in conclusione, ecco il prodotto finito e imballato.
Cerco di spiegarmi. L'inizio, come detto, va benissimo. Il proseguimento (tranne una forzatura di cui parleremo in seguito, per via del suo valore complessivo) va abbastanza bene: non è memorabile, ma fa il suo lavoro.
Quando si trovano sulla nave, il ripensamento di Malcom è ottimo: credibile e in grado di donare umanità e normalità al Nostro.
Ma è il "dopo" il problema:
c'è una città misteriosa da trovare? Bene. Trovata.. Nessun pericolo nel percorso. Poi?
Una popolazione ostile da convincere, dite? E che ci vuole? Fatto. Altro?
Ah.
Un medaglione da trovare? Eccolo lì. In fondo, a sinistra. Chiudete la porta, quando avete concluso. Fate pure con calma eh...
Come dicevo: un nastro trasportatore.
Eppure ce n'era di carne sul fuoco! Possibili pericoli per mare; mostri marini; attacchi da parte di pirati; magari, nel tentativo di uscire dalla situazione (una ipotetica cattura della nave), Malcom poteva raccontare
degli immensi tesori di Libertulla (forse, ispirata alla reale Repubblica di Nassau?) e attirarli — però — da tutt'altra parte, in una qualche trappola congegnata in itinere, prendendo tempo.
Oppure, si sarebbe potuto gestire in modo più burrascoso il rapporto con la popolazione locale, dato che risulta davvero poco credibile che il governo britannico invii una spedizione (stendiamo un velo di "sospensione d'incredulità" sui numeri dell'equipaggio...) retta da buonissime intenzioni, senza nessuna volontà predatoria.
Insomma. Erano molte le potenzialità narrative. Tutte annullate dal nastro trasportatore di una trama piatta. Ma perché così piatta?
Io ho una mia ipotesi. È solo un'ipotesi, sia chiaro o — se si preferisce — un sospetto. Questa storia sembra nata da un'idea iniziale ben precisa:
dare una fondazione, ancor più passata, al rapporto tra de' Paperoni e Famedoro. Sì. Ve ne siete accorti, vero? Un'altra volta Famedoro. Strano, eh? Non appare mai! Sì. Non proprio lui. Un parente. Ma siamo lì...
... Ed è questa la forzatura che mezionavo qualche paragrafo più sopra:
Smith/Famedoro che entra nell'equipaggio, così, a caso. Sorpassando tutti gli altri candidati, i quali paiono — semplicemente — sparire nelle vignette successive. Perché? Perché deve entrare nella ciurma.
Fine.
E come mai deve entrare a tutti i costi?
Beh, non è un caso che l'unico guizzo di trama lo si abbia
con lo scontro tra Malcom e Smith. Sembra quasi che l'idea iniziale fosse quella e, poi, le si sia costruita attorno una trama abbastanza non burrascosa da essere in grado di tenere tutti i riflettori
sulla battaglia tra gli antenati delle due casate. Ovvio che, allora, risultava necessario far salire entrambi sulla stessa nave. A tutti i costi. Da qui, la forzatura.
Parliamo dell'incontro/scontro tra i due. Convince? Ebbene, come detto, la trama è piatta. Non è la trama il forte di questa storia che genera aspettative di mistero e se le gioca nel giro di una tavola. No. Il forte di questa storia sono i rapporti personali. Certo, non memorabile e stereotipato il Capitano (peccato, perché il suo essere un agente di uno degli imperi più criminali della storia avrebbe fornito molto materiale per uno sviluppo in tal senso). Dimenticabili gli altri personaggi: la Nami in versione papera, il Sanji/Balù (con tanto di citazione del
Libro della Giungla) e il Timoniere.
Ma Joe Smith — che, tanto per rimanere in tema
One Piece, cita Rufy, autoproclamandosi futuro
Re dei Corsari — è costruito bene. Quasi quanto Malcom. O meglio: proprio attraverso il rapporto con quest'ultimo.
Sì. Perché ad essere buona è, soprattutto, la relazione tra i due personaggi. Non incredibile, eh! Ma buona. Relativamente realistica. È nella costruzione dei rapporti/scontri che Stabile dà il suo meglio, facendosi perdonare — in parte — la trama non eccezionale (per certi versi, noiosa).
Certo. Il rapporto tra i due non è sviluppato in modo perfetto. Si poteva fare meglio. E dico in che senso:
l'Autore ci mette addosso, fin da subito, il sospetto che Smith possa essere un poco di buono. Questo non va bene. E non va bene, perché non dà il tempo di affezionarsi e fidarsi di Smith, abbastanza da sentirsi traditi, in seguito. Sarebbe stato buono fornirci le prime avvisaglie, solo sulla nave, dopo la scena della tentata fuga di Malcom, magari con una vignetta o due raffiguranti uno Smith intento a guardarsi intorno, con circospezione; invece, ci viene suggerito fin da subito, con battute e frasi stereotipate del tipo "sembra uno di cui potersi fidare!", messa lì a mo' di occhiolino per bambini poco svegli, per imprimere l'idea contraria in chi legge. E questo rende impossibile, nel momento di massima intesa tra Joe e Malcom (da soli, sul ponte), credere che essa sia sincera e rimanerci male, successivamente.
Ma, per il resto, è un rapporto ben costruito. Nonostante il problema sopramenzionato, Smith appare come un personaggio carismatico, una canaglia affascinante
[continua nello SPOILER] e — sotto sotto — pure sapendo come andrà a finire, si spera che i due si alleino e rimangano amici. Quindi, Stabile è stato in grado di compensare una anticipazione prematura, con una dinamica niente male che porta il lettore a desiderare che Malcom passi al "lato oscuro" e che quel "lato", in fondo, non sia poi così oscuro come sembra.
La battaglia finale crea una discreta tensione; certo, attenuata dal fatto che già si sa che Malcom non potrà finire troppo male (essendo il protagonista ed essendo una storia Disney), ma questa cosa viene superata dal fatto che non si è sicuri che il Nostro avrà, immediatamente, la meglio. Potrebbero esserci delle complicazioni di trama.
Purtroppo, come anticipato, queste non arrivano. Il nastro trasportatore non s'inceppa nemmeno per un attimo e ci porta, indenni, verso la fine, senza ulteriori colpi di scena, se non un prevedibile atto di bontà da parte del de' Paperoni e la rivelazione — qui si ha il picco — del vero nome del carismatico farabutto: Cuordifiamma Famedoro. Ripeto. L'impressione è che questa sia stata l'idea iniziale e che il resto sia stato costruito dopo.
Bisogna dare atto all'Autore della sua buona abilità a non anticipare la cosa in alcun modo. Il fatto di non sapere chi sia (fino alla tavola finale), rende possibile chiedersi dove andrà a parare la questione. Si sa che è un poco di buono: ma che tipo di "poco di buono"? Con quali intenzioni? Ok. Di rubare il medaglione? Ma come? In che modo? Eccetera.
In sintesi: una storia che non convince del tutto, per via di una trama piatta, priva di particolari eventi "corsari" (come, invece, lasciava pregustare l'anteprima sul 3554 e l'ambientazione stessa), ma che compensa (in parte) con una buona costruzione dei rapporti tra i personaggi principali e con una eccellente introspezione del protagonista (alle prese con la sua dinastia e le aspettative paterne).
Nonostante ciò, una storia nella quale succede ben poco, cosa che la fa apparire più come un episodio introduttivo, piuttosto che una vera e propria avventura del depaperonesco antenato. Sembra quasi l'antipasto prima di un piatto forte (le vere e proprie avventure di Malcom) che non arriva. Arriverà? Probabilmente.
Fantastica la costruzione delle tavole: la presenza di splash page e buone trovate — da parte dello sceneggiatore — per la sequenza delle scene, vengono valorizzate da disegni e colorazione magnifici. Unica pecca (ma è una questione di gusti): la gestione delle pupille in certe vignette.
Voto: 2/5, perchè la trama piatta e senza eventi e complicazioni mediane pesa troppo sulla riuscita complessiva, nonostante la buona caratterizzazione dei rapporti tra personaggi e le speranze che essi generano.
"Pippo e l'incomprensibile insonnia" Storiella simpatica. Un intreccio di gag verbali e non che si conclude con una risoluzione pippo-logicamente illogica non scontata o intuibile. Avrei eliminato l'ultima tavola, perché diluisce l'effetto comico della trovata della penultima. Certo. Non si tratta di battute freschissime, ma sono simpatiche e alcune buone.
Voto: 2.5/5"Orazio e Curiazio in: metodi di contenimento." Anticipo: in alcune scene ho riso. Non a crepapelle, intendiamoci. Ma nemmeno solo sorriso. In quali vignette? In quelle che mostrano le reazioni di Pippo e Topolino. Specialmente il primo, con la gag sulle ipotesi... "zoologiche". Questa storia, infatti, avrebbe fatto meglio ad intitolarsi:
"Topolino e Pippo in: l'attentatore in tenda".
La vera vicenda comica — che conclude anche la storia — è quella che vede loro due protagonisti. Curiazio e Orazio, al contrario e nonostante il titolo, finiscono solo per essere coloro i quali generano le situazioni che capitano ai due storici amici.
Avevo molto apprezzato la storia che introduceva il personaggio del cugino di Orazio, perchè mostrava delle dinamiche interessanti tra i due.
La storia di questa settimana, invece, la apprezzo, ma non per il personaggio di Curiazio o per il rapporto col cugino. Era questo l'intento di Vacca? Ne dubito. Spero, quindi, che non si voglia esagerare con le apparizioni di questo Paperoga (iperdistruttivo) versione equina, perché se questa volta la storia è stata salvata e resa gradevole/divertente da due "comprimari", mi chiedo se avverrà lo stesso anche la prossima volta.
La conclusione è molto divertente e interessante: una sorta di presa in giro del Topolino-Giallo resa tramite un Mickey che interpreta tutto in chiave criminale e misteriosa. Fino ad essere comicamente "ridicolo".
Voto: 3/5"Le Giovani Marmotte e la Pietra di Paragone" MAH. Un grosso MAH.
Il personaggio di Tycoon riceve un leggero guizzo in più (sottolineato dallo stesso autore, tramite le bocche di QQQ, quasi per paura che non si notasse...), ma non abbastanza da renderlo interessante. Se poteva esserlo — potenzialmente — nel primo episodio, ora (nel secondo) si doveva e poteva fare di più. In quest'ultimo, infatti, appare come un personaggio abile nell'intortare a parole, ma privo di spina dorsale, portato a spasso — trotterellante, come un capretto — da quattro ragazzetti, senza nessuna opposizione o dubbio.
I tre paperotti si sono dati una relativa svegliata, rispetto al primo episodio. Ma continuano a risultare abbastanza insulsi e poco caratterizzati, trainati — unicamente — dalle decisioni e trovate di Newton. Quest'ultimo, infatti, sembra essere l'unico personaggio dotato di un minimo di animazione e capacità di provare emozioni che non siano dei clichè.
Parliamo della trama: non è gestita malissimissimo. È scontata, eh. Si sa benissimo che dovranno andare indietro nel tempo e lo fanno. E va bene. S'era capito. Però, il modo in cui Enna amministra gli eventi, pur non essendo esaltante e nemmeno memorabile, è discreto. Lo è perché, pur sapendo benissimo che i cinque ce la faranno, non è scontato il COME e questo regala un poco di tensione. Specie nella dinamica principale dell'episodio.
Certo. Non abbastanza da rendere la situazione davvero interessante.
L'episodio, infatti, è frettoloso. Succede poco e si arriva alla fine chiedendosi
"di già? Tutto qui?".
La poca tensione creata viene sciupata nel giro di qualche vignetta, senza creare nessun evento "catastrofico" o imprevisto in grado di dare davvero problemi alla banda di cronoviaggiatori. I cinque sono nei guai, certo, anche sul filo del rasoio (a differenza della banda di corsari nella storia di Stabile), ma ne escono comunque indenni, senza troppi attriti. Il risultato, insomma, è che la tensione viene spenta ancor prima di diventare concreta
L'essere tenuti ostaggi di Creso pare soltanto l'incipit di una serie di guai e imprevisti che, semplicemente, non arrivano: e tutti felici e contenti!
Mi chiedo se l'idea di dividere la storia in una precisa scansione in tre viaggi nel tempo (per tre pietre) sia stata una trovata azzeccata: rende impossibile creare una situazione problematica/imprevista di mezzo in grado di durare abbastanza da essere credibile e in cui inserire guai e controguai che separino da una sua risoluzione.
Tutto scorre liscissimo, perché deve arrivare l'episodio dopo, con un nuovo viaggio e una nuova pietra. Non possono esserci ritardi sulla tabella di marcia. Precisione svizzera e noia conseguente.
L'autore tenta di mascherare il guaio in cui s'è cacciato con alcuni momenti di tensione (come dicevo). Tutti risolti senza reali attriti o conseguenze. L'antagonista agita il pugno: ma per finta.
Ci solo due cose che mi fanno sperare:
1) il finale di questo episodio 2. Spero che crei qualche situazione non facilmente risolvibile. Che sia un imprevisto e non una facilitazione (come sembrerebbe).
2) la scena di Pico; spero sia un tassello che dia al plurilaureato personaggio un ruolo risolutivo nella trama, per tirare fuori dai guai gli altri.
Il fatto di inserire un Paperone "in costume" non mi fa ben sperare, perché potrebbe essere una cosa (parenti e parentado allargato in versione antica) ricorrente, anche nei prossimi due episodi. Il che, per quanto mi riguarda, rende tutto (come se ce ne fosse bisogno!) ancor più scontato e non idoneo al rendersi interessante; se pure i comprimari o antagonisti saranno incapaci di comportarsi diversamente dal set abituale dei parenti di cui portano le sembianze, non solo si saprà in anticipo come andrà a finire (con il recupero di una pietra dopo l'altra), ma sarà impossibile sperare in un qualche guizzo impresso da personaggi imprevisti.
Voto: scendiamo a
2/5, rispetto al 2.5/5 della scorsa settimana; non c'è più la scusa del
"siamo solo al primo episodio". Se le cose non cambieranno, il voto potrebbe scendere ulteriormente. Presa da sola, questa storia sarebbe da 1.5. Metto un 2, solo perchè siamo ancora al secondo episodio.
Voto finale del numero:
un arrotondato (per eccesso)
2.5/5 di media. Meglio della
scorsa settimana (cosa incoraggiante), ma si può fare di più. Speriamo che sia un inizio di anno a diesel, allora.
Bonus:- Fa davvero ben sperare l'anteprima de
"Le nebbie di Meyrink", storia in due episodi che sarà presente nel 3556. Finalmente, si osa un pochino di più? E chi può dirlo? Speriamo di non rimanere delusi. Mentre la leggevo, ho pensato: non so se sarà sostenuta da una buona sceneggiatura... ma i disegni di Celoni sono tali da meritare (pure da soli) l'acquisto.
- Bellissima la copertina di Freccero.