Sono ormai mesi - se non anni - che con chi mi conosce ormai quasi scherzo sul fatto che non mi riconosco molto in quello che è il Topolino attuale, che per i miei gusti è troppo improntato ormai ad una serialità e una serietà che per me nulla ha a che fare con il fumetto Disney, che io invece associo ad allegria e spensieratezza (cosa che manca disperatamente nelle storie inedite da anni).
Anche diverse storie di Scarpa e Martina erano tutt'altro che allegre e spensierate eppure sono quelle che ricordo meglio, che mi sono rimaste più impresse. Per certi versi la 'virata narrativa' di questi ultimi anni mi ha riportato al 'sentiment' di quelle storie che hanno caratterizzato la mia infanzia. A cominciare da Paperinik, tanto per fare un esempio. L'allegria e la spensieratezza le associo alla noia, soprattutto quando sono banali, come in tanti soggetti degli anni '80/90/2000.
Sarà che ho sempre considerato quello disneyano un fumetto 'serio', a cominciare dalle sue origini gottfredsoniane. Certe derive demenziali, tipiche del periodo prima specificato, non le ho mai sopportate e hanno contribuito al mio allontanamento dal Topo. Ho sempre amato una certa continuity e una certa serialità e mi dolevo quando queste non erano rispettate. Adesso ne abbiamo di orizzontali e di verticali e i vari puzzle narrativi lanciati alla fine devono formare un quadro unico, un universo coerente che a volte prende il nome di un autore specifico (vedi il Gervasioverso, ad esempio).
Poi ognuno può vedere il fumetto Disney sotto diverse ottiche ma per me è sempre stato 'serio' e mi ha appassionato proprio per questo. Distanziandosi dall'animazione medio-corta che, più popolare, ha sempre fatto vedere solo il lato allegro, leggero e spensierato di topi e paperi (a parte le DuckTales, forse l'esempio più maturo di quel tipo di animazione) facendo pensare al grosso pubblico che i personaggi di Paperopoli e Topolinia fossero quelli della Casa di Topolino, quelli del merchandisig per bambini.
Per fortuna la De Poli prima e Bertani adesso, in maniera diversa (più classica la prima, più rivoluzionario il secondo) hanno ridato lustro e dignità ad un fumetto che negli ultimi decenni aveva preso una deriva demenziale soprattutto nel libretto, visto che le cose più interessanti avvenivano fuori, vedi Pikappa o la serie bianca di Zio Paperone, anche per il suo apparato redazionale. Adesso il settimanale ha raggiunto degli standard qualitativi molto alti, sia narrativi che redazionali. Una cura e degli approfondimenti degni di una rivista per collezionisti come era quella di ZP.