Non so, per qualche strana ragione mi sia fiondato subito su Paperino e il blues del Bayou, ma in ogni caso la storia merita lo stesso di essere analizzata, soprattutto in relazione ai disegni, dal momento che valide sceneggiature possono usufruire di un ottimo apporto grafico ed elevarsi dalla mediocrità, o, in caso contrario, restarne penalizzate. Ecco, questo è un caso a metà, uno di quelli che spinge il lettore ad analizzare le singole vignette più e più volte per capire in quale categoria collocare la storia.
Lavoradori ha uno stile discutibile, nel senso che costringe il lettore a confrontarsi con l'opinione altrui, è quel disegnatore di cui magari vorresti apprezzare il sacrificio grafico ma di cui non riesci a goderne appieno del risultato. La storia è atipica per i tipici canovacci che vanno di moda per tutte le sceneggiature collocate in posizione intermedia sulle pagine del Topolino, tuttavia i disegni di Lavoradori riescono a conferirle quel quid in più: sembra quasi di respirare un'atmosfera assolutamente inusuale, un sapore quasi esotico capace di elevare anche la più mediocre tra le storie.
Tuttavia, e qui comincio a prendere la mia posizione, è una ricerca espressiva, quasi pittorica, che non può essere intrapresa sulle pagine del Topolino, e per tale ragione deve restare una "tantum" che il lettore può avere tempo di digerire. In passato scatenai polemiche per la mia forte critica al suo tratto, tuttavia, complice anche il mio interesse per l'estetica, la voglio rileggere mostrando la validità dei suoi sforzi e perché secondo me essi non vengano pienamente raggiunti. Il suo tratto ha un'impostazione chiaramente cinematografica, che in mezzo a tratti un po' rotondeggianti e statici rappresenta chiaramente un punto a favore, e certe sue inquadrature come l'intera pagina 96 sono davvero pregevoli poiché vi è dietro una ricerca, un intento, una rappresentazione che dovrebbe rendere giustizia ad una sceneggiatura che rilancia Paperino e Paperina come coppia avventurosa. Dico dovrebbe perché, quando si tratta di dare una forma, un contorno, a tutte le vignette, cominciano le difficoltà: i personaggi assumono pose legnose ed innaturali per il punto di vista adoperato a livello di profondità (i movimenti delle braccia sono l'esempio più lampante), con delle sproporzioni che vorrei ritenere ingiustificabili se non fosse che risultino coerenti per la "poetica artistica" da Lavoradori adottata, fino ad arrivare a delle facce volutamente tirate e fuori contesto. In ultima analisi, i puntini che vogliono adornare degli sfondi per farli risultare meno spogli, costruendo sommariamente, salvo alcune vignette, le ambientazioni su cui i personaggi si muovono.
Ecco, trovo encomiabile il fatto che Lavoradori con la sua linea voglia volutamente deformare lo spazio come siamo abituati a concepirlo, offrendoci un interessante modo di rappresentare ciò che vediamo (andando contro, per intenderci, ad un altra linea dinamica ma Barocca, ossia quella di Mottura), tuttavia quanto deve essere sacrificata la "bellezza" visiva per restituire ad un intero pubblico di lettori l'effetto straniante? Spesso le sue tavole sembrano volutamente abbozzate e poco curate, e penso che questa sia la prima impressione di qualunque lettore che si appresti a confrontarsi col suo stile: c'è una ricerca e dietro la si riesce a cogliere, però davvero il Topolino è il luogo per promuoverla di tanto in tanto?
Magari mi chiedo questo perché il Lavoradori di PK non l'ho mai incrociato, poi può darsi che per quel tipo di storie il suo tratto si sposi benissimo e addirittura risulti più curato e credibile, ma qui, in storie ordinarie che non hanno grandissime pretese, mi pare alquanto fuori luogo.
E in ogni caso, riesce a non lasciare indifferenti, segno che la sua identità, malgrado i gusti, la possiede perfettamente: e non è un traguardo di poco conto.