Momento, momento, mooomento.
Qui non si sta tenendo conto di una cosa: le regole della lingua italiana le hanno decise gli uomini, non Dio. Quindi va bene sforzarsi di scrivere nella maniera migliore, per farsi capire da tutti, e doveroso usare la grafia corretta; ma ricordatevi che l'italiano, molto più di altre lingue europee, è una lingua artificiale: è stata praticamente creata ad arte. Dante ha scritto in volgare, sforzandosi di rendere il più espressivo possibile un linguaggio (non ancora lingua) che non era mica già pronto. E non crediate che i fiorentini parlassero così. Dante ha preso come base il suo toscano, lo ha plasmato usando anche il latino, il provenzale, gli altri dialetti italiani. E non si è svegliato una mattina e ha deciso di farlo: prima di lui c'è stata una tradizione di quasi un secolo, tagli, aggiunte, influenze che partivano da un capo della penisola e approdavano all'altro. E solo con Manzoni la questione della lingua si è chiusa definitivamente. Quasi. Nei secoli ci sono state molte proposte radicalmente diverse.
Insomma, per quel che mi riguarda: se uno a casa propria parla a grugniti e mezze parole, non fa peccato; se nella propria città parla come nell'uso vivo, non fa peccato; e se trovandosi fra italiani di diverse regioni ogni tanto, cosciente di ciò che sta facendo, indulge un po' sulla grammatica da manuale per essere più espressivo, non solo non fa peccato, fa qualcosa di artistico. Siate poietici (no, non poetici, poietici)