Ma non l'avevo ancora messa?
Siamo passati da "
Un sequel dovrebbe essere fatto dagli stessi autori del primo" a "
Facciamo sequel solo se abbiamo qualcos'altro da dire". E per finire siamo approdati a "
Un sequel lo facciamo soltanto se abbiamo la certezza che sarà migliore del precedente". E' con questa escalation filosofica che la Pixar è arrivata a produrre quella che ormai possiamo chiamare una vera e propria trilogia. E se ci pensiamo il concetto stesso di sequel all'altezza dell'originale l'ha inventato lei dieci anni fa quando il suo
Toy Story 2 venne acclamato come primo esempio di seguito migliore del suo predecessore. E pensare che non era certo previsto che andasse così, e nei piani della Disney tutto avrebbe dovuto esaurirsi in un sequel direct to video a basso costo. Ma la Pixar si impose, alzando la posta (e il budget) di continuo fino a che il progetto non venne riconcepito per narrare il vero secondo capitolo della saga dei giocattoli. E non è che dietro la produzione di questo terzo capitolo ci siano state solo rose e fiori, del resto la Disney se ne esce adesso da una crisi pazzesca in cui per colpa di Eisner si era addirittura rischiato di perdere la Pixar dopo
Cars. E non solo.
Toy Story 3 sarebbe addirittura stato prodotto dalla Disney stessa senza l'ausilio della Pixar, e i lavori per allestire lo studio Seven Circles che avrebbe dovuto occuparsi di sequellizzare (non si sa se ad alto o a basso costo) la produzione Pixar con cose tipo
Finding Nemo 2 erano già iniziati. Ma per fortuna poi le cose hanno preso una piega diversa, col ritorno di Lasseter e soci, la chiusura del Seven Circles e la completa riscrittura della trama di
Toy Story 3. Evidentemente la trama concepita in Disney non doveva essere piaciuta troppo a Lasseter, visto che prevedeva che Buzz si rompesse e dovesse andare fino a Taiwan per farsi aggiustare. Era sicuramente meglio riprendere in mano tutto e riconcepire il progetto interamente trasformandolo nell'annunciata conclusione di una storia che già nel secondo capitolo aveva tracciato una rotta ben precisa.
Ed ecco che dopo averci raccontato la vita di un giocattolo, con i suoi desideri, i suoi problemi e le sue piccole invidie, dopo averne esplorata la filosofia, la funzione e aver mostrato un assaggio delle sue paure più terribili, siamo arrivati al capolinea: la morte del giocattolo. Si tratta di un sequel e di una conclusione più che sensata anche solo perché risponde alla domanda "cosa succede quando il padroncino cresce?", e risponde proprio bene, infilando i protagonisti, a volte per equivoco, a volte per scelta, in tutte le situazioni in cui si immagina possano finire una volta esaurito il loro ciclo vitale. Abbandono, vendita ad un mercatino, diserzione, soffitta, donazione, pensionamento e persino spazzatura e
: di questo parla il film, fornendoci il quadro più completo possibile. Questo fa di
Toy Story 3 un affresco etico di come possa concludersi un ciclo vitale. La storia prende infatti le mosse da un Andy oramai diciassettenne in partenza per il college. Sembra di sentir riecheggiare le parole con cui il "povero" Stinky Pete stuzzicava Woody chiedendogli quanto tempo sarebbe durato ancora il suo rapporto con Andy, se davvero pensava che se lo sarebbe portato al college. E invece pare che questo accada, e che Andy non abbia dimenticato del tutto i suoi giocattoli, mettendo Woody nello scatolone del college e gli altri al sicuro in soffitta. Ovviamente non sarebbe un Toy Story senza un po' di equivoci e azione relativa, ed ecco perché i giocattoli finiscono erroneamente per non capire la situazione e regalarsi all'asilo Sunnyside, dove si illudono di passare gli anni d'argento del pensionamento, con svariate generazioni di bambini a tener loro compagnia. E veniamo al cast, che rispetto ai primi film si è tristemente ridotto ai minimi termini: il passare degli anni ha ovviamente inciso sui possedimenti di Andy e sono rimasti in pochi ormai. Ci sono ovviamente Woody, Buzz, Rex, Slinky, Hamm, Mr. Potato con moglie e "figli", introdotti nel secondo film insieme ovviamente a Jessie e Bullseye, c'è una Barbie della sorellina di Andy, introdotta come "collettivo" lo scorso film, e qualche soldatino che diserta proprio all'inizio visto che come ben si sa sono i primi ad esser buttati via in questi casi. Dimentichiamo Erre-Ci, Wheezy e soprattutto Bo-Peep tutti venduti tempo fa mercatino dopo mercatino, la qual cosa dispiace soprattutto per Bo, che era la fidanzata di Woody, e in un film in cui un sacco di giocattoli trovano o rimangono accoppiati un po' dispiace che il protagonista debba farne le spese. Ma viste le avventure che tutti insieme affrontano lungo la durata di un'ora e cinquanta, sarebbe stato un po' fuori luogo tirarsi dietro una bambola di porcellana e altri personaggi solo di contorno. In compenso sia il Sunnyside, che la camera di Bonnie, la figlia della proprietaria, abbondano di nuovi personaggi di ogni tipo, tutti più o meno caratterizzati: si ricorda a questo proposito Ken, su cui il film fa un bel po' di ironia mirata ad un certo tipo di giocattolo per bambine, e soprattutto Lotso, l'orsacchiottone che aveva fatto un cameo in una scena di Up, e che si scoprirà essere
una sorta di boss mafioso del luogo
. La grande fuga del sottotitolo italiano parte proprio dal Sunnyside,
governato dalla dittatura di Lotso, un sistema piramidale che utilizza i nuovi arrivati come agnelli sacrificali da dare in pasto ai bambini più piccoli dell'asilo, che non sanno ancora giocare e tendono a rompere i giocattoli.
Il tutto darà luogo a una grandissima sequenza d'azione ricca di rimandi malavitosi e sequenze thriller, in cui non si risparmia un umorismo un po' macabro, basta pensare all'inquietante scimmia o al bambolotto con un occhio a mezz'asta. Ma non mancano ovviamente i momenti puramente divertenti che in un film Dreamworks sarebbero stati il fine della narrazione e invece qui arricchiscono incredibilmente il menu: mi riferisco ovviamente alla sfilata di moda di Ken, o alla trasformazione spagnoleggiante di Buzz, tutti elementi che dal trailer potevano far pensare a ben altro. E poi l'apice assoluto che è il Mr. Potato che applica le sue fattezze ad un tacos e poi ad una melanzana.
Per quanto riguarda la grafica il problema è riuscire a creare un film visivamente gradevole oggi pur non tradendo troppo lo stile dei primi due, e si può dire che l'esperimento sia riuscito. Andy pur continuando a non essere un capolavoro di personaggio, è stato graficamente migliorato, anche nell'ottica di presentarcene una versione cresciuta, e lo stesso vale anche per gli altri umani (nota a parte per il cane Buster, tristissimamente invecchiato). Insomma si può dire che si sono limitati, ma non troppo, riuscendo a trovare una giusta via di mezzo. Per quanto riguarda le musiche, torna ovviamente Randy Newman, che era l'uomo della musica Pixar prima di Giacchino, e che aveva conferito quell'inconfondibile tocco ai primi due film della serie. Però va detto che se il primo film si comportava da musical, presentando tre canzoni al suo interno, e il secondo sembrava proseguire un po' su questa strada con un reprise, una canzone intradiegetica e la struggente
When She Loved Me quest'ultimo film rinuncia definitivamente alla sua natura di musical per fare come tutti gli altri film Pixar. Ovviamente è presente la classicissima
You've Got a Friend in Me riproposta un paio di volte, di cui una in spagnolo, e una canzone nuova,
We Belong Together, che però è presente solo nei credits finali, che come da tradizione ghibliana (e a questo proposito abbiamo un peluche di Totoro che appare spesso e volentieri!) proseguono la storia oltre l'ultima inquadratura per mostrarci ciò che accade dopo lo struggente finale.
Ecco, il finale. E' forse l'elemento narrativo che porta il registro della narrazione verso l'infinito e oltre. Sapevamo che bisognava concludere in qualche modo la storia dei giocattoli per rispondere definitivamente alla domanda alla base del film. Bisognava sbilanciarsi per mostrare al pubblico quale possa essere la giusta strada, il modo in cui le cose debbano andare in questi casi. E non c'è niente di più liberatorio e catartico che veder succedere quel che succede dopo una scena come quella
dell'inceneritore. Veder consumarsi l'ultimo tradimento di Lotso in quella scena così immensa, maestosa, con le fiamme dell'inferno quale ultima destinazione, vedere i giocattoli tenersi per mano accettando quasi serenamente la fine, e infine vederli salvati all'ultimo secondo dagli alieni grazie all'artiglio, che nel primo film li aveva portati nelle mani di Sid (il quale ha persino un gustosissimo cameo!), credo sia qualcosa di sublime. E dopo questa sequenza da applausi, è come se fossero comunque "morti" e pronti ad iniziare una nuova vita, cosa che regolarmente accade, quando suggeriscono ad Andy di essere regalati a Bonnie. E anche lì la commozione è ai massimi livelli, e il loro padroncino nell'atto di passare il testimone ne esce vincente, concedendosi un'ultima giocata volta a riscoprire un suo antico lato e ad indirizzare sulla strada della fantasia la sua piccola discepola. Aggiungere un inquadratura di un cielo a nuvolette che rimanda alla carta da parati del primo film ed è fatta. La trilogia è compiuta
. Un finale del genere, felice, triste, commovente ed esilarante (grazie alla raffinata coda dei credits) è veramente ciò che serviva per compattare e dare un senso complessivo alla storia che la Pixar ci ha voluto raccontare da quindici anni a questa parte. Aver congedato in questo modo i loro personaggi più famosi (poco importa che pare verranno ripresi per un cortometraggio l'anno prossimo) non fa che rendere loro un gran merito, e beccarsi la medaglia di migliori gestori della continuity che si siano mai visti. E davanti ad un'opera così riuscita e curata, pur con tante difficoltà produttive alla base, non si può fare a meno di smetterla di temere
Cars 2 e
Monsters & Co. 2 come l'inizio di un cammino verso il lato oscuro. A questo punto mi sento di dare loro la mia più totale fiducia e ripulire la mente dai foschi pregiudizi che anni e anni di commercialate Dreamworks e direct to video Disney hanno contribuito a formare. W i sequel!