Ed ecco il volume centrale di tutta la serie, quello che forse più di tutti rappresenta l'arte di Giorgio Cavazzano, senza dubbio un ottimo e interessante punto di raccordo tra la sua impronta classicista, (spontanea, tipicamente scarpiana) e quella tecno che, dopo un continuo evolversi in numerose sfumature di significato, ha portato all'affermazione del suo tratto attuale, così umano, sensibile e vivo. Uno stile che personalmente amo alla follia, del quale non sarò mai sazio.
La durissima selezione di storie stavolta coinvolge alcune tra le più belle (nonché purtroppo già ristampate!) opere del tardo Novecento/primo Millennio. Che fra tutte spicchi maggiormente Topolino e il Colosso di Rodi è comprensibilissimo: l'accoppiata con Castellan è quanto di più bello la Disney non potesse regalarci negli ultimi 10-15 anni. La trama, il brivido, i colori accesi e esplicativi e poi quell'atmosfera tutta castyana, tanto solida quanto imprevedibile e inspiegabilmente semplice. L'abilità del narratore.
Determinante è anche la prima apparizione faraciana dell'eterno ispettore dal sigaro discusso (osservate bene, in copertina non lo porta...) ad opera di quel geniaccio di Tito che riesce ad adattare personaggi di stampo bonelliano nel Topo settimanale, con una facilità impressionante. L'assenza di Mickey è il fattore determinante senza il quale la vicenda non starebbe in piedi. L'unico tasto dolente potrebbe essere la goffaggine iniziale del protagonista, ma possiamo benissimo tralasciarlo: in fondo è un debuttante e i guai peggiori devono ancora arrivare!
Se sul fronte "topico" il talento alla sceneggiatura è indiscutibile, i Paperi non possono essere da meno e diventa doveroso riprendere un altro forte rapporto nella carriera di Giorgio, quello con François Corteggiani che dirige una fabula lineare e quasi epica nel Terzo Nilo dello Zione. A modo suo rimarrà sempre il simbolo del Cavazzano classico allo stato puro, complici le tavole di apertura in black & white (fantasmagorica la prima) e le chine di un onnipresente Zemolin.
Simbolo giustamente condiviso con la storia d'apertura, un vero e proprio omaggio ai bei tempi andati di Topolino nel mondo del cinema che con l'Oscar sembra passare idealmente lo scettro del potere a Donald, futuro protagonista del periodico più importante. Una grande promozionale, ma pur sempre tale dai caratteri decisamente giocosi.
Non sorprende neanche un po' quindi scoprire, attraverso lo sketch-book e gli inserti della ditta Fiecconi-Boschi, dell'esistenza di un gioco dell'oca da lui interamente progettato e disegnato. Un altro importante segno della sua ironia. 4 STELLE
Topolino08