E bravo Mazzarello, che pur non essendo nelle mie corde come stile continua a perfezionare la sua matita e riesce a caratterizzare piuttosto bene Topolino e la profezia dei Saurotechi, ottima prova di Stabile in cui fa il suo ritorno, per la seconda volta al di fuori della produzione di Casty, l'archeologa Eurasia Tost, che ha tutte le carte in regola per fare da contrasto a personaggi più immersi nella quotidianità topolinese come Minni e Clarabella: di conseguenza, non mi spiacerebbe rivederla con più frequenza, magari giusto una storia all'anno per non farla cadere nel dimenticatoio e, nel contempo, per non inflazionarla troppo e appiattirla. Buon plot twist: una decina di tavole in più non avrebbero guastato, almeno per la parte inerente alla ricerca dello scettro, che a mio avviso è fin troppo velocizzata, quando prima del colpo di scena, dovrebbe essere il pezzo di punta dell'avventura: con qualche tavola in più, oltre a far respirare una maggiore atmosfera, si sarebbe potuto distogliere maggiormente il lettore dal dubitare sulla veridicità della profezia, ma in ogni caso la storia è promossa su tutti i fronti e si merita il ruolo d'apertura.
Paperino e l'occupazione blasonata, invece, non mi è piaciuta proprio, e nonostante l'abbia riletta altre due volte, non è riuscita a farmi divertire, giusto il calcio conclusivo mi ha strappato un sorrisetto, tuttavia molte gag fisiche vengono coperte nel loro svolgimento da una gigantesca onomatopea, perdendo così di verve, e si gioca con troppa abbondanza sulle medesime situazioni (il Paperino costantemente impacciato, il "Codamozz... ehm, Paperino!" ripetuto almeno cinque volte e nel giro di poche tavole, per giunta). Inoltre, in questa storia non era necessario il consueto rovescio di situazione con spiegone: bastava qualche gustoso siparietto - magari con la partecipazione del gatto - per mettere Paperino nei guai con la baronessa al punto che questa, note le sue referenze, chiedesse un risarcimento a Paperone, e sarebbe stata ancora più divertente una parte finale con Paperone che insegue il nipote e Paperino che nel frattempo rincorre un povero Battista in pigiama: molto classico, certamente, però la storia voleva essere principalmente quello, e invece il protagonista ci fa una grama figura per una scelta di trama davvero evitabile.
Oltretutto, secondo me, Mazzon non era il disegnatore più adatto per il tipo di storia, troppo vicino al tratto di Gatto con poche punte di dinamismo: serviva qualcuno di più caricaturale, un Soffritti o un Intini avrebbero tratteggiato in modo più eccentrico gli aristocratici di Paperopoli, visto e appurato che si voleva anche fare ironia sul loro "difficile" stile di vita e sul loro forbito linguaggio.
Insomma, questa volta si poteva secondo me rimanere un po' sul classico e giocare di più sulle gag fisiche e, soprattutto, sull'ironia, invece di infilarci a tutti i costi il "colpo di scena" condito dalle sentite delucidazioni, e lo ripeto: bisognerebbe spingere molto di più sul dinamismo e meno sul didascalismo, perché il potenziale e l'impostazione ci sono a tutti gli effetti.
Gradevole la breve di Faraci, non un capolavoro di comicità però giocata abbastanza bene sulle onomatopee: impagabili la sensibilità artistica di Sgrinfia e il bulldog del padrone che diventa reo suo malgrado. Un piccolo sketch riuscito, insomma, è quello che mi aspetto di trovare in una breve.
Imbarazzante, quindi, Zio Paperone e l'insonnia vantaggiosa, che cerca di salvarsi dal niente che racconta a tutti gli effetti con un po' di metafumetto, a me indigesto salvo rarissimi casi. Barozzi convincente.
Piuttosto interessante Paperoga e la biografia non autorizzata, seconda storia di Giunta (la precedente, ho controllato, è Nonna Papera e il bricco del ricco): lo spunto di partenza mi ha ricordato una vecchia storia di almeno dieci anni fa, se non di più - tipo Topolino 2660/2670, non oltre - in cui Paperoga si propone di scrivere la biografia di Paperone per mettere alla prova il corso di scrittura che aveva seguito, solo che in quel caso la vicenda aveva luogo esclusivamente nel deposito, mentre questa non esplora la quotidianità domestica del personaggio (quindi immagino che l'autore potrebbe essere a conoscenza della storia a cui mi riferisco, ma è una deduzione col senno di poi) e, soprattutto, non è una gag allungata ma vuole osare di più, come tipico nelle storie degli emergenti (e non è un difetto, ribadisco): non a caso, a conclusione dell'ottimo intreccio di cui ho apprezzato soprattutto i ruoli di Paperoga e Rockerduck e l'astuzia di Paperone nel ribaltare le sorti senza che siano altri a farlo, compaiono due verità, ovverosia: Alla gente piace pensare il peggio degli altri (perfetta, è lo specchio di quello che è diventata la nostra società su molti aspetti), e I film hanno sempre molto più pubblico dei libri da cui sono tratti (ha un fondo di verità, però penso che dietro ci siano ragioni di "immediatezza", piuttosto che di contenuti).
L'unico neo: l'incompleta citazione conclusiva, una perla dell'insulto e del colto linguaggio martiniano, riportata totalmente a casaccio per attirare l'attenzione della vecchia leva. Ecco, il "citazionismo" fine a se stesso lo eviterei proprio, in ogni forma di arte è sgradevole all'apparire.
Un plauso anche a Del Conte, dal tratto caratteristico e dotato di una certa armonia.
Infine, arriva il momento, purtroppo, di parlare della storia conclusiva, e mi pronuncio in tal maniera per via dell'ottima prova di Stabile ad inizio numero: Whizzkids - Tre fratelli! è un'autentica bambinata, cioè è una storia esclusivamente rivolta ad un pubblico infantile che difficilmente, per quanto gli episodi successivi possano smentirci, potrebbe trovare consenso da parte di un pubblico più adulto. Da una parte si cerca di dare una caratterizzazione ai nipotini che sarà fine a se stessa, dall'altra si introducono degli antagonisti piatti, che per quanto siano concepiti per essere odiati dal lettore, non lasciano nulla, anche se c'è tempo per vederli all'opera individualmente, pur non aspettandomi un grande approfondimento (tre figli di papà convinti di essere sopra la morale, da antagonisti di questo calibro non è che ci si possa aspettare grandi cose o stravolgimenti). Aggiungiamoci, poi, lo smielato sentimentalismo iniziale, che non si confà al modo in cui Vito ha caratterizzato l'affetto di Paperone per i nipoti o il dramma interiore di Rockerduck nella sua profonda ammirazione per il rivale, e, soprattutto, l'apparente pericolo mascherato da leggenda che vorrebbe rimediare al lato su cui mi trovo in disaccordo, cioè i costumi e i superpoteri ispirati alle materie scolastiche: già non bastavano Wizard of Mickey, gli Ultraheroes (che erano comunque una dichiarata parodia della Marvel, quindi a prescindere non si prendevano troppo sul serio) o i Q-Galaxy, si vede proprio in relazione ad altre prove che in questo caso si è deciso di puntare su una fetta selezionata di lettori. Di conseguenza, penso che la mia età - ma non solo quello, forse il mio pensiero è invecchiato anche più precocemente - mi impedisca di apprezzare una storia che sicuramente catturerà il pubblico giovanile, però da Vito non mi sarei comunque aspettato un così tale abbassamento di stile o di contenuti, è un potenziale davvero sprecato. Poi, per carità, ripeto: ai più piccoli piacerà, anche se a 9/10 anni (già consumavo gli Almanacchi di Paperino e le storie del Maestro dell'Oregon), quando venivano rilasciate le saghe sopracitate, non è che fossi così folgorato o emozionato, anzi, a parte gli Ultraheroes che li avevo presi per quello che erano, non le ho mai apprezzate.
Urbano molto espressivo ma troppo influenzato da Turconi: mancano solo i personaggi eccessivamente snelli e i becchi costantemente chiusi per farne un suo emulo, il che non è comunque un bene per un disegnatore che si è sempre distinto... per dire, mi riesce ancora bene di identificare il disegnatore senza leggere il suo nome, però certe vignette coi tre nipotini mi ricordano davvero Turconi...