Recensione Glénat & Disney: Mickey’s Craziest Adventures di Lewis Trondheim e Nicolas Keramidas Con
qualche anno di ritardo – parliamo di materiale uscito nel nostro Paese addirittura nel 2016! – e dopo aver rotto il ghiaccio poco tempo fa parlando di
Mickey et l’océan perdu, eccoci qui a recensire gli altri volumi da libreria della ormai nota collana dell’editore francese
Glénat realizzata in collaborazione con Disney. L’intenzione è di fornire una panoramica su tutta l’iniziativa, commentando di volta in volta i vari lavori,
compresi quelli – e purtroppo sono la maggior parte – ancora inediti in Italia. Il punto di partenza obbligato, però, sono proprio gli unici volumi disponibili anche nella nostra lingua, tradotti da
Giunti quasi in contemporanea con le edizioni oltralpine, ovvero i primi tre.
Un po’ di contestualizzazione potrebbe essere utile, visto che è probabile – ed è comprensibile – che i lettori italiani abbiano scarsa familiarità con gli autori e il panorama editoriale francese. Pur essendo in patria uno degli editori di fumetti oggi più prestigiosi, Glénat nasce con un discreto ritardo rispetto alle altre case storiche della
bande dessinée, come Dupuis e Dargaud, fondate nei primi anni del Novecento, o Casterman (l’editore di
Tintin), che aprì i battenti addirittura a fine Settecento.
Creata negli anni Settanta da un vero appassionato di
BéDé,
Jacques Glénat, la
maison che porta il suo nome ha saputo ritagliarsi pian piano un ruolo di spicco, (ri)lanciando negli anni Ottanta quello che in Francia è a tutti gli effetti uno dei generi più popolari,
il fumetto storico; l’editore è stato aiutato in quest’operazione da fortunate coincidenze, ma anche da una buona dose di fiuto (non si scoprono per caso autori come François Bourgeon, André Juillard e Yslaire).
A partire dagli anni Duemila, a seguito dell’esperienza con la celeberrima collana
Vécu, varata negli anni Novanta e dedicata appunto al fumetto di ambientazione storica, Glénat ha iniziato a lanciare via via
serie tematiche, intitolate a questo o a quell’argomento (i grandi condottieri, i grandi pittori, perfino i grandi serial killer), e alle quali collaborano o hanno collaborato molti artisti diversi, passandosi la palla. Non una cosa scontata in un panorama come quello franco-belga, dove in genere i volumi di una serie sono realizzati sempre dallo stesso autore o dalla stessa
équipe.
Episodio 10: tesoro, mi si sono ristretti i personaggi
Questa piccola e speriamo non troppo noiosa premessa serve a collocare al giusto posto il progetto disneyano e a ridimensionarne l’apparente novità, visto che le collane antologiche sono, come si è visto, moneta corrente in casa Glénat. Il punto di forza dell’iniziativa in questione sta piuttosto nei
nomi, molto spesso di grido, ai quali i volumi sono stati affidati, laddove invece iniziative analoghe vedono solitamente la partecipazione di buoni mestieranti, ma raramente della “star” da piazzare in bella mostra in copertina. Ed effettivamente l’editore ha sparato fin da subito le sue buone cartucce: nel marzo del 2016 escono in contemporanea i primi due albi, realizzati rispettivamente dalla coppia
Trondheim & Keramidas, e dal “solista”
Cosey.
Se Nicolas Keramidas non è un illustratore particolarmente noto neanche Oltralpe (di formazione animatore, ha al suo attivo un paio di serie per ragazzi per l’editore Soleil),
Lewis Trondheim è uno dei grandi talenti del fumetto francese degli ultimi trent’anni. Pur essendo fra i fondatori dell’editore L’Association – che ha contribuito negli anni Novanta a lanciare, anche in Francia, il fenomeno delle “
graphic novel” –, Trondheim è molto legato al classico formato francese (il volume cartonato di grande formato da 46 tavole): la sua piccola rivoluzione l’ha fatta mantenendosi apparentemente nell’ortodossia, e scompigliandola invece dall’interno con il suo
umorismo sfrenato e paradossale. Oltre a un grandissimo numero di volumi autoconclusivi (come sceneggiatore o come autore completo di testi e disegni), è il creatore di due serie cult, l’irriverente
Les Formidables Aventures de Lapinot, e il demenziale
La Fortezza (che sta venendo pubblicata in Italia, con molti anni di ritardo, da Bao Publishing), sorta di
Dungeons & Dragons che incontra
Futurama, un progetto gigantesco che vede coinvolti moltissimi autori, da lui diretto assieme al sodale Joann Sfar.
Dire di che cosa parla
Mickey’s Craziest Adventures è pretestuoso perché la storia non è altro che un
MacGuffin utile per dar sfogo alla fantasia degli autori, che imbastiscono una sorta di andirivieni lungo, appunto, 46 tavole: Topolino e Paperino (la scelta di far agire paperi e topi assieme è una costante in questa collana: la dicotomia fra i due mondi, ancora abbastanza rispettata in Italia, è quasi del tutto annullata) cercano di recuperare un congegno miniaturizzante rubato dai Bassotti ad Archimede. Tutto qua.
Episodio 14: uno strappo alle regole
Su questo spunto abusatissimo, gli autori ricamano
una serie di gag micidiali, aiutati dalla peculiare struttura che hanno deciso di dare alla storia. Nella breve introduzione in prosa, infatti, i due sostengono che quello che accingiamo a leggere non è un fumetto da loro realizzato, ma
una storia a puntate tratta da vecchi albi recuperati in un mercatino delle pulci e scansionati a imperitura memoria su un supporto più durevole. Purtroppo, c’è qualche piccolo inconveniente: come spesso capita – e chi frequenta i mercatini lo sa bene –, i “giornaletti” sono assai vissuti, e per di più molte pagine sono mancanti. Questo si traduce nell’
aspetto delle tavole, fintamente invecchiate con tanto di macchie gialle e bordi strappati, e nella
struttura della storia: ogni tavola corrisponde a un episodio (il cui numero è sempre segnato in alto), e il fatto che gli autori sostengano di non averli ritrovati tutti comporta che ogni tanto la numerazione… salti. Le vicende vanno avanti in questo modo, con buchi di trama (letteralmente, nel senso che manca un pezzo di storia!) talmente palesi da risultare comicissimi. Agli autori non interessa minimamente l’intreccio generale (al punto che Gambadilegno e i Bassotti appaiono giusto in un paio di tavole, all’inizio e alla fine), e si divertono a far vivere ai nostri due poveri eroi le vicende più improbabili, fra antichi popoli precolombiani, meteoriti apocalittici, viaggi nello spazio, dinosauri, e chi più ne ha più ne metta.
La caratterizzazione dei protagonisti è estrema tanto quanto il fumetto, ed è talmente diversa rispetto ai classici paradigmi italiani che potrebbe addirittura far storcere il naso ai lettori più intransigenti. All’opposto dello scansafatiche nostrano,
Paperino è un concentrato esplosivo di energie, sempre, perennemente affamato (fa in continuazione battute mangerecce); dal canto suo,
Topolino è l’antitesi dell’odiato “perfettino”: furbo e imbranatissimo allo stesso tempo, ha sempre la battuta pronta e non si può dire che gli importi molto della salute psicofisica del compagno di disavventure. Emblematica in questo senso è già la primissima scena, in cui Paperino, appiedato, chiede un passaggio all’amico, e questi, per niente disponibile, lo butta giù dalla macchina
in corsa.
Ottimo il comparto grafico, giocato su una contrapposizione di realismo per gli sfondi, ben curati, e “cubismo” per i personaggi, squadrati e pazzerelli nell’aspetto ancor prima che nell’indole. Oltre agli accorgimenti segnalati poc’anzi e adottati per “invecchiare” il libro, il colorista si è divertito anche all’occasione a sbiadire le cromie, e ha realizzato le campiture imitando la tecnica a Ben-Day dots.
Mickey’s Craziest Adventures è la dimostrazione di che cosa possono produrre autori talentuosi lasciati liberi di fare il loro mestiere. Si discute ultimamente fra gli appassionati di fumetto Disney di censura e di
politically correctness: Trondheim e Keramidas non si spingono mai “oltre”, e di certo non infrangono i sacri tabù della tradizione disneyana; ciò nondimeno, senza eccessivi paletti a limitarne la creatività, i due riescono a tirare fuori un prodotto delizioso, intelligente, e godibile per lettori “da 7 a 77 anni”. Mica male.
Voto del recensore:
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