Speciale LuccaClassici a Fumetti - RatatouilleAltro mio acquisto lucchese è quest'albo, che segue gli ultimi due a cura di Ambrosio e Rigano, che trasponevano invece il secondo e terzo capitolo della trilogia dei Pirati dei Caraibi. E una cosa va detta subito: mentre una trasposizione a fumetti dei due live action sopracitati poteva essere un'operazione estremamente accattivante visto che trasformava in disegni un mondo in carne ad ossa, restituendo loro (stilisticamente parlando) una propria disneyanità, nel caso di
Ratatouille (Macchetto/Urbano), che già parte con lo status di prodotto d'animazione, si ha invece una penalizzazione. La solita vecchia penalizzazione di qualsiasi adattamento fumettato, oserei dire. Che però ora non è più pesante come un tempo, quando su Topolino apparivano le trasposizioni dei classici Disney anni 90, costretti in quelle vignette strettissime e ritmicamente sballati dall'incapacità degli adattatori americani. Da quando questo tipo di operazioni sono state ormai affidate alla scuola italiana abbiamo prodotti di ben altro livello e di diversa caratura, più vicini ad una graphic novel che a un semplice prodotto di merchandising senza arte nè parte. Il problema è che ancora non basta per ottenere un prodotto che convinca al 100%, specie in questo caso. Ratatouille è un film in cui la regia è sempre e comunque sopra le righe e fa un uso a dir poco strepitoso del mezzo cinematografico, proponendo gag, dialoghi e trovate senza precedenti nel campo dell'animazione. Una simile sceneggiatura sarebbe stata penalizzata in qualsiasi caso, a meno che non si fosse scelto di dedicargli il doppio delle tavole, di resettargli la sceneggiatura e ricostruirgliene un'altra, più vicina possibile al medium fumetto. Ne sarebbe valsa la pena? Per la Disney probabilmente no, e così ci troviamo davanti un albo, pur molto curato, che sa un po' troppo di vorrei ma non posso. Un Macchetto leggermente sottotono riesce a trasporre alla perfezione alcune sequenze (come la discussione tra Remy e suo padre successiva al loro ricongiungimento), trascurandone molte altre, e arrendendosi proprio nella seconda metà. Comportamento quasi analogo a quello di Urbano, che ritrae alla perfezione alcune cose come gli ambienti, rispettosissimi del lungometraggio, e alcuni personaggi secondari come i cuochi, e ne devasta letteralmente altri come Remy e soprattutto Colette, veramente orrida in quasi tutte le vignette in cui appare.
Insomma, senza dubbio un Ratatouille banalizzato, da non condannare in toto, questo sì, e che comunque mostra che si sono fatti notevoli progressi in questo campo. Ma che tuttavia non riesce a far concludere la lettura soddisfatti, come invece riuscivano i pirati ambrosiani, strapieni di inutili didascalie, ma che perlomeno avevano dalla loro una realizzazione grafica impeccabile e il vantaggio di spiegare certi punti rimasti oscuri durante la visione dei lungometraggi.
da
La Tana del Sollazzo