Nelle memorie di Marconi mi è rimasta impressa la sua percezione, una volta entrato negli uffici del Topo nel 1971, che i futuri colleghi "non fossero consapevoli di appartenere ad un mondo fantastico ed esclusivo". I disegnatori più che gli sceneggiatori, secondo Marconi, non si rendevano conto di quanto fossero importanti e fondamentali nella realizzazione di un autentico fenomeno editoriale (visto che il libretto di quegli anni vendeva quasi un milione di copie ogni settimana).
L'autore ricorda che quella era un'epoca in cui i fumetti erano sottovalutati se non osteggiati (e quelli per bambini ancor di più, aggiungo io, sebbene il Topo fosse letto soprattutto dagli adulti). Mentre oggi, per quanto il fumetto non venda più come allora, la conoscenza, il rispetto, l'ammirazione per la Nona Arte da parte dei critici e della società hanno fatto passi da gigante e gli autori attuali, conosciuti, amati, rincorsi alle varie fiere del fumetto, hanno uno spirito diverso e una maggior consapevolezza di ciò che fanno: questo permette di respirare nella redazione attuale (anche grazie "a quel tesoro dell'attuale capo del giornale, Valentina De Poli") "quell'aria di consapevole entusiasmo che avrei voluto sentire nel lontano 1971" conclude Marconi nel suo primo intervento.