Partiamo dalle note dolenti: le due brevi e la storia conclusiva.
Io capisco che Gabriele Mazzoleni abbia voluto provare a replicare il meccanismo dei corti animati, con tante buffe gag e tentativi reiterati di arrivare a un obiettivo, ogni volta demoliti, ma il risultato non è per nulla ottimale. Vuoi per i personaggi, vuoi per il contesto, vuoi per i disegni di Lavoradori, ma la breve non strappa risate e si dimentica subito.
Destino simile anche per Paperino e Paperoga: "Parola d'ordine", dove Giorgio Fontana tira per le lunghe una situazione poco divertente che, quando arriva al dunque, delude per la sua debolezza.
Infine, Datopolinia, oggi, è una storia stranissima. Vorrebbe essere moderna, attuale e affrontare il tema dei big data mostrandone pregi e rischi, eppure quello che ottiene Matteo Venerus è un pastrocchio in cui si fa davvero fatica a capirci qualcosa, tra termini informatici e applicazioni bislacche degli stessi concetti. Il giallo che vi sta dietro è inesistente, e la rappresentazione scelta per mostrare una metropoli filtrata dalle tracce digitali è povera e poco calzante.
Tra le storie "buone per metà" abbiamo invece Zio Paperone e il ricordo di un giorno di Carlo Panaro. Lo sceneggiatore si distacca leggermente dall'andamento classico dell'ultima parte della sua produzione grazie alla possibilità di muovere il Paperone giovane, dei giorni del Klondike. Ed è proprio nella sua caratterizzazione che la storia risulta vincente: volitivo, fiero e duro, impreziosisce una storia che si regge su di lui. E sul suo rapporto con Doretta Doremì. La storia ha il "peccato originale" di essere ambientata nel famoso mese in cui la Stella del Polo era tenuta contro la sua volontà al Fosso dell'Agonia Bianca, già profanato da Don Rosa nella sua ultima storia realizzata, ma a differenza dell'autore del Kentucky Panaro riesce perlomeno a preservare il "non-detto" che aleggiava sulla relazione tra i due personaggi.
Peccato che, dietro a tutto questo, non ci sia una trama particolarmente forte a reggere il tutto, con un Soapy Slick infilato un po' a forza. Validi i disegni di Daniela Vetro e le atmosfere.
Anche il penultimo episodio di Alla ricerca di Mickey[/i] funziona, in linea di massima, e quello che forse inizia a pesare è forse il reiterarsi di un certo meccanismo narrativo di episodio in episodio. Francesco Artibani firma comunque una sceneggiatura cristallina e ancora una volta adatta la trama al personaggio-ospite, in questo caso Eta Beta, con un plot leggero ma divertente. Lorenzo Pastrovicchio fa un buon lavoro, che in alcuni sguardi di Topolino non convince appieno (forse anche per l'effetto dei colori di Emanuele Ercolano), ma che restituisce un Eta Beta profondamente e piacevolmente gottfredsoniano e che si esalta nella scena dell'inseguimento.
Il fiore all'occhiello del numero è la storia d'apertura: Orgoglio e Pregiudizio. Eppure... per ora il giudizio è sospeso. Questa prima parte è piuttosto fedele al primo terzo dell'opera originale, sia in quanto succede sia nelle atmosfere inglesi ottocentesche. Il problema è che, in ogni caso... succede davvero poco. Le didascalie e la narrazione esterna imperversa, vengono messi in primo piano i sentimenti dei personaggi, ma a parte questo la storia non procede, e sembra quasi girare a vuoto verso la parte centrale dell'episodio. Il problema è endemico, volendo appunto seguire con scrupolo il romanzo di partenza, ma in una divisione in tre parti la cosa crea qualche problema di fruizione.
Nonostante ciò, si avverte l'amore, la passione e la perizia dei due autori: di Teresa Radice nel curare i rapporti tra i personaggi, descrivendo con trasporto le loro caratteristiche e quello che lo guida, e di Stefano Turconi nel rappresentare con il suo tratto elegante e ricercato sfondi e ambientazioni tipiche del contesto, guardando per alcune vignette anche alla versione cinematografica del 2005 e facendo un ottimo lavoro anche sui personaggi, pienamente loro ma con un quid di "nobiltà" in più grazie agli abiti e alle espressioni.
Un lavoro lento, per ora, ma raffinato e di qualità indubbiamente.