Non male davvero questo
#3308.
A partire dalla storia d’apertura, ovviamente:
Casty ritorna all’avventura investigativa “perturbante” nel senso più classico, con un mistero che colpisce Topolinia, l’interessamento di Topolino e l’accompagnamento di Eta Beta, spesso sinonimo di trame appassionanti e dai risvolti intriganti.
Topolino e il mistero di Acquadombra è solo a metà, ma già l’intreccio è entrato nel vivo, mi sono appassionato alla vicenda e le scene più movimentate rendono sostenuto il ritmo della narrazione.
Ottimo Mickey, e non è una novità nella caratterizzazione
castyana, e interessante
la figura di Lucettine, che va a infoltire la schiera di comprimarie femminili delle storie dell’autore friulano.
Spicca però particolarmente Eta: anche qui, non è certo la prima volta che lo sceneggiatore usa particolarmente bene l’uomo del futuro, ma in questo caso le caratteristiche e la levità del personaggio emergono in maniera deliziosa e azzeccata.
Lo stile di disegno è quello pulito e dalla linea classica ed essenziale a cui siamo abituati, non mancando alcune vignette d’effetto
(come l’inseguimento sott’acqua e la manona acquatica che esce dalla piscina).
Fremente attesa per la conclusione.
Altra storia molta buona è quella in seconda posizione:
Alessandro Sisti con
Zio Paperone e la B.B. Depositour non fa niente di eccezionale, a ben vedere, visto che l’impianto è piuttosto classico, quasi
pezziniano per alcuni aspetti. Ma in questo “solco della tradizione” lo sceneggiatore realizza una storia brillante e che non annoia, dove il personaggio del titolo è più un comprimario che un protagonista, lasciando al centro della scena i Bassotti e, soprattutto, la cittadinanza di Paperopoli nel suo complesso, mossa che ho trovato azzeccata e riuscita, nell’ottica di ritratto della commedia umana che il fumetto Disney fatica da anni ad essere. Complimenti per l’idea e lo sviluppo, quindi, che si estendono a un
Alessandro Perina particolarmente in forma.
Anche
Vito Stabile realizza una storia dal sapore classico e dall’impianto solido:
Pippo e l’orologio taciturno scorre che è un piacere, parte dalla soffitta di Pippo e arriva a un viaggio su un’isola alla ricerca di un tesoro insieme a Minni. La quintessenza dell’avventura, insomma, che da una situazione quotidiana si evolve fino all’avventura più esotica. L’uso di personaggi che solitamente non si immaginano in questi contesti è un plus, perché mostra le infinite sfaccettature del cast
disneyano e diversifica alcune dinamiche che, in tali situazioni, rischiano sempre di avere poche novità da offrire.
Altro merito si ritrova nei dialoghi brillanti, dove la comicità surreale di Pippo la fa da padrona e viene gestita con il giusto approccio.
L’unico neo è nell’avversario di turno, prevedibile e piuttosto piatto, ma essendo marginale ai fini della vicenda si può chiudere un occhio. Se non altro presenta un design interessante, merito della matita elegante di
Libero Ermetti; il disegnatore realizza anche dei Pippo e delle Minni davvero piacevoli da vedere, e contribuisce alla piacevolezza di una storia che sembra più lunga della sua effettiva durata… un merito, in uno scenario dove spesso le sceneggiature sembrano invece compresse nel numero di pagine a disposizione dell’autore e si ritrovano a finire alla bell’e meglio.
Anche
Enrico Faccini consegna una buona prova: Archimede e Paperoga costituiscono un team-up inusitato, e anche per questo foriero di uno sviluppo divertentissimo. Nelle brevi e semi-brevi il fumettista dà davvero il meglio di sé, e in questo caso la surreale
“crisi pilifera” che colpisce le automobili,
i “boing” di Zio Paperone e l’ultima tavola confermano il talento comico di Faccini, oltre che una matita ispirata, dal tratto sottile e particolarmente ricercato nelle espressioni dei personaggi.
Le due storie più deboli sono
Paperino, Paperoga, Gastone e la finale imperdibile e
Le Giovani Marmotte e l’intesa naturale. La prima, a dire il vero, fa il suo dovere e pur partendo da uno spunto non proprio interessante o inedito presenta uno sviluppo frizzante e simpatico, che si sgonfia però in un finale non all’altezza.
La storia che chiude l’albo invece è un po’ difficile da inquadrare: come avventura delle GM aggiunge poco e niente al filone e annoia anche un pochetto, a un certo punto però
Matteo Venerus mette a confronto i nipotini con delle marmotte così dispettose da ricreare scene vicine a quelle dei cortometraggi animati in cui Paperino veniva messo contro animaletti di vario genere. Siparietti anche divertenti ma che disorientano, sinceramente, sia per i personaggi coinvolti che per il tenore della trama. Il finale, infine, è più scontato che mai e contribuisce a rendere il racconto poca cosa. Anche i disegni di
Lucci non spiccano: il suo tratto appare piuttosto rigido, poco dinamico e alcune vignette sembrano spoglie e fredde.
Per quanto riguarda le rubriche, intelligente e ben scritto
l’articolo che introduce a Avengers: Endgame, con una mini-guida che – pur neanche lontanamente completa come tante che si trovano in rete, per forza di cose – riesce a dare alcune indicazioni di massima azzeccate. Mi è parsa ben fatta anche la
rubrica sulla musica, capace di spaziare su generi diversi e con citazioni meno scontate di quanto uno potrebbe aspettarsi da una rivista come questa.