Nel complesso devo dire che si tratta di un buon numero, anche se il precedente rimane secondo me il migliore del 2022.
Il migliore FINORA
Credo di trovarmi d'accordo comunque sulla lieve superiorità del numero precedente, ma solo perché c'erano Mastantuono e un Macchetto in piena forma, oltre alla piacevole rivelazione di Di Gregorio. Le storie "riempitive" in questo caso sono forse un filino meno brillanti, ma non per questo non valide, e, se avessimo avuto un'avventura Nucci/Casty più lunga ed elaborata, questo numero avrebbe probabilmente vinto il confronto. Ci tengo ad aggiungere, inoltre, che questa settimana sia il
Che aria tira che il
Gulp finale (di Faraci, attenzione) mi hanno strappato un sorriso: non succedeva che accadesse con entrambi da ...anta anni
L'unico dispiacere nel leggere
Topolino e il mistero del museo degli orrori sembrerebbe quello di scoprire che finisce presto: la costruzione della suspence è ottima, l'elemento disturbante in stile Nucci perfettamente dosato e il nuovo personaggio di Lord Hatequack inaugura molto bene il suo ruolo di cantastorie; ammetto che una piccola delusione l'ho avuta nel non trovare il giallo che mi sarei aspettato, soprattutto vedendo lo sguardo di Mickey, dalla bellissima copertina di Mastantuono, tuttavia è una mancanza sulla quale si può tranquillamente sorvolare; è innegabile che questa storia non sarebbe stata la stessa senza un tratto ormai sempre più ispirato di Casty, versatile in base alla scena da rappresentare, capace di spaziare dal maestoso cinematografico, all'inquietante, all'intrigante; e tutto si gioca anche sulle espressioni dei personaggi, Topolino in primis, ma anche di quelli secondari (lo stesso Hatequack e il bizzarro Cushing, che nonostante il nome ha una facies abbastanza lontana da quella tipica della sindrome da glucocorticoidi, e tuttavia da brividi) e soprattutto dei cattivi, che raramente sono stati così minacciosi nelle precedenti storie dell'autore goriziano: gli antagonisti castiani erano pericolosi prima di tutto con parole e intenti, mentre nelle pose risultavano buffi, ridicoli, almeno come certi villain walshiani; adesso, invece, spaventano più per l'aspetto imponente e aggressivo, e subentra quindi inevitabilmente il solito e costante rimpianto del non poter godere della combo del Casty autore completo, come anche la speranza di poter apprezzare queste innovazioni introdotte nel suo disegno in una storia scritta da lui, una nuova
casa dei dipinti che fingono. Infine, ho apprezzato molto che, dietro ai grandi villain di scarpiana e gottfredsoniana memoria, si scorgesse ogni tanto anche la sagoma di Vito Doppioscherzo.
La storia migliore del numero è indubbiamente la seconda parte di
Paperinik, i giorni del disonore. Il lavoro combinato di Gervasio, Bertani e Baccinelli è veramente strepitoso, ci regala un'avventura di Paperinik in piena regola, con il ritmo giusto, i personaggi giusti, persino le location giuste. Paperinik procede per gradi, seguendo le prove da superare, tanto smarrito quanto lo saremmo noi nella giungla tenebrosa e affascinante che Bacci ci regala, pullulante di ostacoli e animali feroci probabilmente pronipoti di quelli affrontati da Scrooge ne
Il terrore del Transvaal, e, come è giusto, siamo sempre a conoscenza dei suoi pensieri così da poterci realmente immedesimare: noi come Paperino, che ripete al suo alter ego, dal fondo della buca "forza Paperinik, devi farcela! Devi!"; lo vediamo muoversi freneticamente per (quasi) tutta la storia, col mantello lacero e senza armi, ed empatizziamo sinceramente con lui nel momento di sconforto, quando il vendicatore sprofonda, in tutti i sensi, e poi risale dall'abisso seguendo il tipico processo mentale dell'eroe che supera i propri limiti; forse l'antagonista, il cinico magnate sudafricano, in fin dei conti si rivela meno temibile della "selva oscura" in cui vive, ma d'altronde così era stato anche ai tempi di Barks, quando Paperone si era dovuto confrontare più con i dispetti di un gemello malvagio che con un nemico vero e proprio; non è, insomma, il Cuordipietra spietato di Artibani ne
L'ultima avventura, assomiglia più a Rockerduck, ma si cala comunque bene nel ruolo di villain di turno per Paperinik, alle cui peripezie in solitaria è comunque dedicato il grosso delle vignette, e di questo non possiamo che essere soddisfatti: un importante tassello nel mosaico delle nuove avventure dell'eroe paperopolese, che uniscono un approccio più moderno e consapevole al personaggio a delle trame degne, nei limiti del politically correct, delle grandi sfide del passato, in particolare quelle vissute negli anni '70.
Il ritorno di
Guerrini sul settimanale mi permette di interrompere il periodo di astinenza, sono ormai sempre più dipendente dalle storie del disegnatore bolognese. Una sinfonia per gli occhi, una meraviglia che ancora una volta si sposa bene con le trame di Carlo Panaro, sempre caratterizzate da una certe linearità che sembra "mettere ordine" nello straordinario caos creativo di Guerrini; a dire il vero, stavolta la trama è anche più articolata del solito, con antagonisti inusuali e colpo di scena finale; e, ancora una volta, le chicche non mancano: personaggi di ogni forma e colore, lussuose ville per i miliardari, mirabolanti invenzioni pitagoriche e i dettagli dell'interno del deposito, come la deliziosa scrivania intarsiata di Paperone (pagherei per averla), il laptop con il simbolo dell'ananas, articoli di cancelleria volanti, il busto annoiato di Re Mida, il tempo misurato tramite clessidra e orologio a pendolo con motti iconici (e paperibus unum - tempus pecunia est), fino ad arrivare al ripostiglio delle scope con i prodotti di Battista delle eloquenti marche "Sgura" e "Stasa", sinonimi di "sturare" in un italiano molto settentrionale. Le storie di Guerrini, insomma, sono un'esperienza sensoriale unica per gli occhi, e spero, anzi pretendo, che il ritmo con cui vengono pubblicate vada pure ad aumentare
Questa settimana, anche
Sopravvivi con Indiana mi ha soddisfatto: le gag le ho trovate più incisive, il ruolo dei personaggi pure, complice forse un Pippo particolarmente ispirato. Rispetto alla settimana scorsa non penso più che questa serie sia necessariamente inferiore alle Pillole di Pico, a patto però che si continui su questo trend.
Gastone e il magazzino delle vittorie beneficia dei disegni interessanti di Federico Franzò, per il resto non mi sento di condividere appieno l'entusiasmo di altri utenti: l'idea di addolcire Gastone puntualmente in ogni storia non la trovo sensata, visto che il personaggio - e La solitudine del quadrifoglio lo aveva dimostrato - non ha molto da regalare all'infuori del suo ruolo da antagonista; cionondimeno questa breve di Valentini è gradevole e scorre bene, collocandosi nel trend medio-alto del numero.
L'approfondimento di Francesco Gerbaldo, preannunciato dal doveroso e delicato tributo del direttore nel redazionale, è assolutamente rappresentativo della passione che il suo autore metteva nello svolgere ricerche e nel divulgarle; poiché, se le prime due pagine contengono informazioni più che conosciute, successivamente si raccontano sessant'anni del personaggio soffermandosi su storie che non sempre si tende a considerare, ma che effettivamente rendono bene la psicologia di Gastone: da
Paperino e il conte di Montecristo a
Un giorno da Gastone.
Si chiude con
I Bassotti e la guida sicura, che conferma un andamento abbastanza costante nella qualità del numero, grazie a un Marco Bosco particolarmente ispirato, una trama certamente non rivoluzionaria ma avvincente, e un trio di fratelli affiatati e pericolosi, pur nella goffaggine; non sfodereranno la pistola, ma aggrediscono il prossimo in modo brutale come ai vecchi tempi; l'inserimento dei riferimenti scientifici non stona ma impreziosisce la vicenda, e la breve apparizione di Intellettuale-176 è più che gradita; Giampaolo Soldati, non mi stanco di dirlo, è sempre al top.