Il destino di Paperone è stato un inizio con il botto per il Celoni sceneggiatore. L'autore ha dimostrato una comprensione del personaggio di Paperone, direi quasi un'intimità con esso, che è di pochissimi (fra gli attivi, forse solo Artibani e Stabile scrivono altrettanto bene la vecchia tuba). Si possono trovare reminiscenze barksiane, ciminiane, scarpiane e, a mio modo di vedere, anche martiniane e, forse, anche donrosiane (la citazione a Quarto Potere rieccheggia molto la visione del cartoonist del Kentucky, così come il fatto che la vera ricchezza di Paperone siano i suoi ricordi). Magistrale il prologo, con cui Celoni ha reso in modo sublime lo stato di depressione di una persona ormai anziana che si ritrova sconfitta a rimuginare sul proprio percorso di vita. Geniale anche ll ricondurre la suggestione dickensiana del prologo a un sottofondo psicanalitico nel finale. Se devo trovare un neo (non un difetto, solo un neo) è l'avere inserito la tecnologia odierna nel seguito di una storia degli anni '60. So che di questo tipo di aspetti si è già parlato molto in relazione ad altre storie, ma io propenderei per una soluzione mediana: evitare di inserire elementi che rimandino troppo esplicitamente sia alla nostra epoca sia a quelle in cui fu stampata la storia originaria, in modo da permettere ad ogni lettore di immaginarsela secondo la propria sensibilità Mi sarebbe piaciuto anche un Paperone in palandrana azzurra e rossa, come appunto nelle Lenticchie di Babilonia, ma mi rendo conto che è una mia personalissima fissazione...
In conclusione, posso dire che se questo è il primo cimento di Celoni autore completo, non vedo l'ora di leggere i prossimi.