Sì, insomma si è capito che non avevo da fare una beata fava...
Uno dei prodotto migliori mai sfornati dalla Disney. E paradossalmente anche uno dei suoi massimi flop.
Come possa aver avuto una simile sorte un film come Il Pianeta del Tesoro è una cosa che si spiega solo nella pessima campagna pubblicitaria. Nel natale del 2002, quando il film uscì nella sale, pochi sapevano dela sua esistenza, e così uno dei film più magici mai prodotti dalla Walt Disney Feature Animation passò quasi totalmente in sordina.
Treasure Planet prosegue la tradizione sperimentale, inaugurata nel nuovo millennio, di differenziare il concetto di film d'animazione, scindendolo in sottocategorie. Il Pianeta del Tesoro, come Atlantis, dovrebbe appartenere al genere avventura, eppure ha al suo interno non pochi elementi della tradizione classica anni 90. Non si sa se questo sia dovuto alle radici letterarie dell'opera, una rivisitazione in chiave fantascentifica dell'Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson, o all'inconfondibile stile dei registi John Musker e Ron Clements, reduci da Aladdin, Hercules e La Sirenetta, fattostà che in Treasure Planet la componente psicologico/sentimentale prevale su quella avventurosa.
Al centro del film sta infatti il rapporto tra Jim Hawkins, primo vero "adolescente problematico" della filmografia Disneyana, e il cuoco-pirata Long John Silver, un cyborg animato dal veterano Glen Keane. Keane scatena tutto il suo talento realizzando un personaggio indimenticabile, un duro dal cuore tenero, saggio e ipocrita allo stesso tempo. Le espressioni del viso, la mimica facciale e i suoi movimenti rendono indimenticabile ogni singolo fotogramma in cui questo meraviglioso personaggio appare.
Tutto questo senza nulla togliere a Jim che, pur incarnando lo stereotipo del qindicenne ribelle, risulta molto credibile nel suo ruolo: da notare la mascherina d'ombra sui suoi occhi che scompare solo nel finale, come simbolo di maturazione. Altri personaggi che si ricordano volentieri sono il capitano Amelia e soprattutto la mamma di Jim, che graficamente ricorda parecchio Ariel.
Ogni location, ogni abito, ogni oggetto presente in scena segue una regola ben precisa: lo stile fantascentifico non supera mai il 30% . Il resto deve infatti essere rigirosamente in stile settecentesco, nè è un esempio la Legacy, l'enorme vascello con cui i protagonisti solcano i mari spaziali. I colori all'interno del galeone, nonchè a casa di Jim, sono molto caldi, tendenti al rosso, e fanno un ottimo contrasto con il blu intenso dello spazio, il verde invece è il colore del pianeta del tesoro ed è del tutto assente prima dell'arrivo alla meta.
Un'altra particolarità del film è la sequenza musicale "I'm Still Here" di John Rzeznik. Una canzone all'interno di un film di avventura era l'ultima cosa che mi sarei aspettato di vedere ed è stata la sorpresa più piacevole. I'm still here in italiano è cantata da Max Pezzali, che però non ha nè la forza, nè la voce "sporca" di Rzeznik.
La sequenza descrive l'evolversi del rapporto tra il ragazzo e il pirata: vi è un continuo parallelismo tra un presente in cui Jim sta trovando un punto di riferimento per maturare e un triste passato all'ombra di un padre assente. Il climax tocca il suo apice quando Jim bambino rincorre il padre che se ne sta andando di casa, e alla sua figura si sostituisce quella di un Silver raggiante. Nel resto della colonna sonora, composta da James Newton Howard abbondano temi epici dal vago sapore marinaresco mentre "Always know where you are" , la canzone dei titoli di coda, dice l'ultima parola sul rapporto tra il ragazzo e il brigante.
In conclusione Il Pianeta del Tesoro nella produzione recente è forse il film che più di ogni altro merita di essere rivalutato, se non altro perchè graficamente parlando è il più curato.