Che non ho ancora capito come analizzate voi Martina, dato che per voi quella che fa lui non è giusta satira sociale. Aspetto che si colleghi Màlachia (quello più propenso ad attaccarmi inutilmente) perché mi facciate un resoconto dettagliato (15 righi) su che cos' è quella di martina se non è satira.
Parlo io anche se non sono scarpiano doc, semmai ciminiano (oltre che, ovviamente, barksiano e gottfredsoniano).
La sua è satira, ma non nel senso che intenda mostrare come i ricchi siano cattivi e i poveri buoni e vittime della sfortuna. Intende mostrare e mettere alla berlina i difetti di tutti e anche le visioni contraddittorie e un po' ipocrite della ricchezza, del danaro e del potere.
Non credo neanche che Paperone sia come Martina vede i ricchi, credo piuttosto voglia mostrare come gli italiani vedono i ricchi.
Nel tempo poi mi pare sia diventato più cinico e disincantato, comunque certo negli anni '60-'70 non pare affliggersi per le condizioni di qualcuno, quindi una crtica sociale di classe non ce la vedo proprio, neppure lontanamente adombrata.
Ripeto che la sua visione in quegli anni era più vicina a quella della
maggioranza silenziosa, precisando però che - essendo una grande personalità che eccelleva nella satira - non è inquadrabile in un gruppo o in una parte politica o altro. Era di quelli che non appena
sembra siano dalla tua parte, proprio alla tua parte lanciano uno strale feroce.
Per dare l'idea del feroce cinismo di Martina, basterebbero questi suoi due pensieri di Paperone:
Il cane è il miglior amico dell'uomo
e l'uomo per ricompensarlo
ha inventato la tassa, la museruola e i pavimenti tirati a cera.E prosegue:
L'amicizia è un tacito contratto escogitato
degli altri e dagli arrivisti a danno degli ingenui.
La qual cosa agli ingenui suddetti sta proprio bene:
così imparano a vivere!Mi stupisce che nessuno abbia citato ancora questo libro, che certamente sarà odiato dai fan del Paperone di Don Rosa, ma che senz'altro è un'opera notevolissima di Martina!