Al di la' delle derive sempre reali e sempre presenti perche' dettate ora da debolezza del pensiero ora da inasprimento delle posizioni, una robusta gabbia concettuale e' sicuramente alla base del canone artistico occidentale (sicuramente anche e forse di piu' nel caso orientale, almeno per quanto riguarda lo sviluppo della Cina): per secoli i piu' dotati maestri delle arti figurative si sono visti "imporre" un preciso e ristretto quadro di soggetti cui trarre ispirazione per la loro opera, in un'infinita teoria di soggetti religiosi, santi, madonne, annunciazioni e via seguendo. Eppure proprio questa "costrizione" che limitava a un pugno di "personaggi" e "storie" la loro libertà narrativa, li ha spinti a un costante rinnovo del proprio linguaggio e delle proprie forme: l'arte e' anche e soprattutto confronto, si e' grandi in prospettiva, ovvero se ravvicinati a quello che sta intorno. Vedere un Artibani, un Casty essere ancora oggi in grado di giocare con quel pugno di situazioni a loro disposizione, trascendendo le regole pur rispettandole in un dialogo costante con chi li ha preceduti, continua a stupirmi e a riempirmi di calore. E se lo spirito del tempo richiede accortezze di altro carattere, se le mode, le abitudini contemporanee hanno preso altre, temporanee, direzioni, e' piu' che normale che questo risulti riflesso anche nella produzione mediatica e culturale attuale. Ma in fondo Caravaggio riusci' a incentrare la Morte della Vergine su una prostituta annegata e Radice/Turconi ci hanno narrato uno splendido coming out in una storia di pochi mesi fa. Talvolta e' proprio la "censura" a farci scaltri.