Mi è ricapitata in mano oggi, e, complice un'ipersensibilità alle atmosfere oniriche e ai silenzi dovuta all'essermi divorato sei storie del Lupo Alberto di Lusso in un solo pomeriggio, credo finalmente di averla apprezzata come meritava dopo "appena" sette anni dalla prima lettura. All'epoca, ricordo che mi aveva lasciato un po' perplesso ma niente di più, ero ancora in pieno periodo da "storia completa, arguta, originale e divertente" (apprezzavo già un po' di atmosfera alla "Inganno silenzioso" su Paperinik, ma nulla di più), e una cosa sostanzialmente lasciata a metà come mi era sembrata questa mi aveva fatto alzare le spalle prima di proseguire nella lettura. Oggi l'ho ripresa, e sono rimasto a bocca aperta davanti alle presenze misteriose della casa, all'uomo con la valigia dei ricordi (che vola via per sua natura), alla nipote sghignazzante e supponente, a "gli oggetti non spariscono, siamo noi che li perdiamo di vista", alle luci deformanti ed inquietanti di Cavazzano, a Pinsù. E all'ultima pagina, un finale aperto veramente d'atmosfera.
Una grande metafora della memoria? Un sogno che filtra e capovolge tutti gli stilemi delle storie poliziesche classiche di Topolino per raccontare cos'è il tempo perduto? Due sogni incastrati l'uno dentro l'altro?
So solo che, probabilmente proprio per il suo carattere totalmente irreale, mi è piaciuta ancor più de "Il mistero della voce spezzata", che mi pare tutti qui considerino IL capolavoro di Mezzavilla (e che in effetti all'epoca mi era piaciuta molto), e mi pareva strano che nessuno avesse ancora aperto un topic al proposito.
Opinioni?