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Topolino / Topolino 3586
« il: Giovedì 5 Set 2024, 09:35:13 »
Recensione Topolino 3586
“La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava sopra Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, situata nel mare della Malesia, a poche centinaia di migliaia dalle coste occidentali del Borneo.”
È con viva emozione che mi trovo a scrivere questa recensione – la mia ultima almeno per il momento – stante il posto che i libri di Salgari, e segnatamente gli undici romanzi che compongono il ciclo malese, hanno nella mia adolescenza e nel mio immaginario. Ed è proprio il primo di questi, Le Tigri di Mompracem, di cui abbiamo riportato l’incipit in apertura, ad ispirare ben due storie disneyane: Sandopaper e la perla di Labuan (1976), scritta da Michele Gazzarri e Giovan Battista Carpi e disegnata dallo stesso Carpi, e Sandopaper, la nuova storia di Alessandro Sisti e Andrea Freccero che inizia su Topolino 3586.
Sono passati quasi cinquant’anni. Ed è veramente miracoloso come non solo non sembri affatto, ma allo stesso tempo l’operazione di Sisti, Freccero, Irene Fornari e Andrea Stracchi (coloristi) abbia tutti i valori aggiunti che si possono desiderare da un lavoro del 2024.
Partiamo dalla sceneggiatura: Sisti attinge a un eccezionale livello di freschezza e felicità nella scelta dei ritmi, riscrivendo da zero il rapporto tra i personaggi Disney e gli originali, tra conferme e nuove soluzioni: alle prime si deve ascrivere sicuramente Sandopaper, che recupera dell’invenzione di Gazzarri e Carpi lo spirito irresponsabile, giocoso, codardo e impulsivo. Creazione felicissima, sicuramente uno dei migliori e più memorabili alter ego di Paperino, sebbene non fra i più conosciuti.
L’ardimentoso eroe (e la presbite cavalcatura)[/size][/i]
Nuovo invece il trattamento di Yanez (interpretato da un inaffidabile Paperoga) e Marianna (sempre Paperina, ma con un carattere meno macchiettistico e più spostato sul lato dell’azione che su quello del supporto comico): in entrambi i casi una scelta solida da parte di Sisti, forse più interessante sul lato di Marianna laddove Paperoga si allontana definitivamente da ogni caratteristica del flemmatico e ingegnoso personaggio salgariano, imponendo giocoforza la sua proverbiale obliquità.
E poi i nipotini, titolari in pieno di quella spensieratezza e semplicità così necessarie a ogni classico disneyano. Godibile il raccordo anche a livello dei personaggi di contorno, uno fra tutti l’anziano Ciro-Bakuk (Giro-Batol l’indimenticabile originale).
Un classico salgariano[/size][/i]
A livello grafico si compie semplicemente il miracolo. Se già l’impianto cromatico riprende in maniera intelligentissima quello degli anni Settanta, senza però stonare in alcun modo sulle pagine di un albo del 2024, i disegni di Freccero fanno gridare all’invasamento mistico. Invasamento da parte di Carpi, s’intende, che di Freccero è stato Maestro.
Le pose, gli scatti, le espressioni del volto (furbesche, sospettose, spaventate a morte), lo spingersi in avanti del ventre dei Paperi nell’atto di spiccare una corsa, gli animali occhialuti (come diamine sarà venuta in mente a Carpi una follia simile? prodigi di un genio), gli astri sorridenti, si potrebbe continuare a lungo. Tutte trovate carpiane che Freccero raccoglie, fa proprie, e sparge per le sue tavole.
Tigre contro tigre[/size][/i]
Sue, per l’appunto, perché per quanto impressionante il lavoro di ispirazione è tutt’altro che cieco e pedissequo: il talento purissimo del disegnatore genovese riluce felicemente sotto la lente carpiana, a partire dalla linea di contorno dei personaggi (le classiche “mani frecceriane”, tanto emulate e mai eguagliate), per finire con la innata naturalezza delle interazioni “a due” dei personaggi (si vedano per esempio Paperino e la tigre qui sopra). Insomma, un tripudio, un monumento, una irripetibile compresenza di corpo e leggerezza.
La tradizione, sparuta ma nobilissima, degli omaggi disneyani a Salgari si impreziosisce quindi di un nuovo tassello. E poco importa se la storia e i toni mostrano notevoli affinità con la parodia del 1976. Per esperimenti narrativamente più ambiziosi si potrà attendere una eventuale prova successiva, magari ispirata a un altro libro (dello stesso ciclo oppure no).
Pei mari della Malesia[/size][/i]
Il resto del numero è, per lo più, di livello non malvagio. La storia di Giuseppe Zironi, Topolino incontra un gatto, è particolarmente ispirata a livello grafico (ancor più del solito, verrebbe da dire), mentre l’intreccio si protrae forse per più tempo del necessario.
Molto interessante Le allegre ferie di Paperino, di Tito Faraci ed Enrico Faccini. Faraci si prende tutto il tempo e lo spazio di cui ha bisogno per scomporre la sua storia in piccole parti, divertenti anche nei titoli e nell’incastro, in cui Paperino essenzialmente non riesce a godersi le (meritate?) ferie. Qualcosa di assai frequente per tutti noi, del resto. L’operazione è particolarmente sofisticata e ha un che di metafumettistico, fra il blandamente pretestuoso e il fascinosamente spiazzante: Faraci puro, insomma. In cotanta partizione, alcune gag forse un po’ si perdono, ma la maggior parte va a segno.
A chi non è capitato?
Si continua con Paperoga’s new professions: Opinion supporter, di Marco Bosco e Francesco Guerrini, storia molto simpatica resa particolarmente riuscita dai dettagli che Guerrini inserisce nei suoi disegni, specialmente sulle pareti del locale in cui si consuma quasi tutta la vicenda.
Per finire, Zio Paperone e l’affare in concorrenza, di Augusto Macchetto e Marco Mazzarello, storia con i suoi bravi momenti a livello verbale (come spesso tipico dello sceneggiatore), ma di nuovo forse un po’ trascinata rispetto al suo potenziale: un ritmo più incalzante e una maggiore economia di scambi fra Paperone e Rockerduck avrebbero forse, a parere di chi scrive, giovato alla resa.
In conclusione, un caloroso bentornato a Sandopaper e soprattutto ad Andrea Freccero, che ci auguriamo di rivedere il più presto e il più spesso possibile sulle pagine del settimanale… e non solo quelle esterne!
Voto del recensore: 4/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2024/09/05/topolino-3586/
Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!
“La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava sopra Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, situata nel mare della Malesia, a poche centinaia di migliaia dalle coste occidentali del Borneo.”
È con viva emozione che mi trovo a scrivere questa recensione – la mia ultima almeno per il momento – stante il posto che i libri di Salgari, e segnatamente gli undici romanzi che compongono il ciclo malese, hanno nella mia adolescenza e nel mio immaginario. Ed è proprio il primo di questi, Le Tigri di Mompracem, di cui abbiamo riportato l’incipit in apertura, ad ispirare ben due storie disneyane: Sandopaper e la perla di Labuan (1976), scritta da Michele Gazzarri e Giovan Battista Carpi e disegnata dallo stesso Carpi, e Sandopaper, la nuova storia di Alessandro Sisti e Andrea Freccero che inizia su Topolino 3586.
Sono passati quasi cinquant’anni. Ed è veramente miracoloso come non solo non sembri affatto, ma allo stesso tempo l’operazione di Sisti, Freccero, Irene Fornari e Andrea Stracchi (coloristi) abbia tutti i valori aggiunti che si possono desiderare da un lavoro del 2024.
Partiamo dalla sceneggiatura: Sisti attinge a un eccezionale livello di freschezza e felicità nella scelta dei ritmi, riscrivendo da zero il rapporto tra i personaggi Disney e gli originali, tra conferme e nuove soluzioni: alle prime si deve ascrivere sicuramente Sandopaper, che recupera dell’invenzione di Gazzarri e Carpi lo spirito irresponsabile, giocoso, codardo e impulsivo. Creazione felicissima, sicuramente uno dei migliori e più memorabili alter ego di Paperino, sebbene non fra i più conosciuti.
L’ardimentoso eroe (e la presbite cavalcatura)[/size][/i]
Nuovo invece il trattamento di Yanez (interpretato da un inaffidabile Paperoga) e Marianna (sempre Paperina, ma con un carattere meno macchiettistico e più spostato sul lato dell’azione che su quello del supporto comico): in entrambi i casi una scelta solida da parte di Sisti, forse più interessante sul lato di Marianna laddove Paperoga si allontana definitivamente da ogni caratteristica del flemmatico e ingegnoso personaggio salgariano, imponendo giocoforza la sua proverbiale obliquità.
E poi i nipotini, titolari in pieno di quella spensieratezza e semplicità così necessarie a ogni classico disneyano. Godibile il raccordo anche a livello dei personaggi di contorno, uno fra tutti l’anziano Ciro-Bakuk (Giro-Batol l’indimenticabile originale).
Un classico salgariano[/size][/i]
A livello grafico si compie semplicemente il miracolo. Se già l’impianto cromatico riprende in maniera intelligentissima quello degli anni Settanta, senza però stonare in alcun modo sulle pagine di un albo del 2024, i disegni di Freccero fanno gridare all’invasamento mistico. Invasamento da parte di Carpi, s’intende, che di Freccero è stato Maestro.
Le pose, gli scatti, le espressioni del volto (furbesche, sospettose, spaventate a morte), lo spingersi in avanti del ventre dei Paperi nell’atto di spiccare una corsa, gli animali occhialuti (come diamine sarà venuta in mente a Carpi una follia simile? prodigi di un genio), gli astri sorridenti, si potrebbe continuare a lungo. Tutte trovate carpiane che Freccero raccoglie, fa proprie, e sparge per le sue tavole.
Tigre contro tigre[/size][/i]
Sue, per l’appunto, perché per quanto impressionante il lavoro di ispirazione è tutt’altro che cieco e pedissequo: il talento purissimo del disegnatore genovese riluce felicemente sotto la lente carpiana, a partire dalla linea di contorno dei personaggi (le classiche “mani frecceriane”, tanto emulate e mai eguagliate), per finire con la innata naturalezza delle interazioni “a due” dei personaggi (si vedano per esempio Paperino e la tigre qui sopra). Insomma, un tripudio, un monumento, una irripetibile compresenza di corpo e leggerezza.
La tradizione, sparuta ma nobilissima, degli omaggi disneyani a Salgari si impreziosisce quindi di un nuovo tassello. E poco importa se la storia e i toni mostrano notevoli affinità con la parodia del 1976. Per esperimenti narrativamente più ambiziosi si potrà attendere una eventuale prova successiva, magari ispirata a un altro libro (dello stesso ciclo oppure no).
Pei mari della Malesia[/size][/i]
Il resto del numero è, per lo più, di livello non malvagio. La storia di Giuseppe Zironi, Topolino incontra un gatto, è particolarmente ispirata a livello grafico (ancor più del solito, verrebbe da dire), mentre l’intreccio si protrae forse per più tempo del necessario.
Molto interessante Le allegre ferie di Paperino, di Tito Faraci ed Enrico Faccini. Faraci si prende tutto il tempo e lo spazio di cui ha bisogno per scomporre la sua storia in piccole parti, divertenti anche nei titoli e nell’incastro, in cui Paperino essenzialmente non riesce a godersi le (meritate?) ferie. Qualcosa di assai frequente per tutti noi, del resto. L’operazione è particolarmente sofisticata e ha un che di metafumettistico, fra il blandamente pretestuoso e il fascinosamente spiazzante: Faraci puro, insomma. In cotanta partizione, alcune gag forse un po’ si perdono, ma la maggior parte va a segno.
A chi non è capitato?
Si continua con Paperoga’s new professions: Opinion supporter, di Marco Bosco e Francesco Guerrini, storia molto simpatica resa particolarmente riuscita dai dettagli che Guerrini inserisce nei suoi disegni, specialmente sulle pareti del locale in cui si consuma quasi tutta la vicenda.
Per finire, Zio Paperone e l’affare in concorrenza, di Augusto Macchetto e Marco Mazzarello, storia con i suoi bravi momenti a livello verbale (come spesso tipico dello sceneggiatore), ma di nuovo forse un po’ trascinata rispetto al suo potenziale: un ritmo più incalzante e una maggiore economia di scambi fra Paperone e Rockerduck avrebbero forse, a parere di chi scrive, giovato alla resa.
In conclusione, un caloroso bentornato a Sandopaper e soprattutto ad Andrea Freccero, che ci auguriamo di rivedere il più presto e il più spesso possibile sulle pagine del settimanale… e non solo quelle esterne!
Voto del recensore: 4/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2024/09/05/topolino-3586/
Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!
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Topolino / Topolino 3583
« il: Martedì 30 Lug 2024, 19:25:20 »
Recensione Topolino 3583
Nell’autunno 1982 uscì su Topolino La storia di Marco Polo detta Il Milione, una rivisitazione del celeberrimo libro che per antonomasia marca l’idea di monumento al viaggio, alla vastità del mondo, all’incontro fra culture, al fascino dell’esotico e del variopinto.
La realizzavano due autori molto diversi fra loro: Guido Martina, il decano, l’anti-canonico, il principe dal gusto obliquo, il più colto ed enigmatico dei Disney italiani, ai testi; ai disegni, Romano Scarpa, il simbolo, lo standard, in una fase di surreale onnipotenza artistica e avviato verso la meritata divinizzazione in ambito critico. Due figure polari della scena disneyana italiana, forse quant’altre mai, tanto alieni l’un l’altro quanto, invece, frequentemente appaiati in moltissimi dei capolavori fra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta: in totale, una sessantina di collaborazioni.
Oggi la storia si ripete: nell’anno del settimo centenario dalla morte di Polo, Topolino 3583 propone una nuova rivisitazione del Milione, rilanciando: il titolo è Il Miliardo e per la verità i due ordini di grandezza si scontrano di frequente nel corso della storia. Ma a chi affidare un lavoro del genere?
Ai testi troviamo Marco Nucci, protagonista accortissimo di una trasformazione profonda e determinata del modo di narrare Disney, prestigiatore delle tinte d’atmosfera e giocoliere di un nonsense morbido e accumulabile. Figura tanto opponibile quanto sovrapponibile a Martina: acquisto molto recente, tecnicamente già abilissimo, garbato nello stile, frizzante ma accomodante; e però titolare, come forse solo il Professore, di quel senso di distacco dalla materia, di quella capacità quindi di metterla con estrema facilità in prospettiva, in relazione con altro. La letteratura, la storia, la geografia.
Cannaregio, luogo fisico oltre la comodità dell’epiteto[/size][/i]
A firmare i disegni è Giorgio Cavazzano. Ed è questo peso massimo a scardinare completamente l’equilibrio implicito nella storia del 1982, a rendere ogni parola spesa sulla storia ancillare al suo segno. Quarant’anni dopo, Cavazzano è ancor più che l’equivalente di Scarpa: è il nume tutelare tout court del disegno Disney in Italia. La divinizzazione, che per Scarpa fu fatto progressivo e alloro del tramonto, per Cavazzano è lo stato dell’arte da decenni. Graziato da una longevità già superiore al suo Maestro e dalla molto maggiore esposizione mediatica figlia dei tempi, ma ancor più che questo, spinto da una personale vocazione al rinnovamento, all’assimilazione di modelli nuovi e diversi, Cavazzano è il più solido e raffinato dei fari possibili per ogni nuova generazione di artisti. Ed è con lo strascico di questo manto veramente imperiale che sbarca in questa prova piuttosto impegnativa, per la lunghezza della sceneggiatura, per la varietà delle ambientazioni, e per il prestigio della materia trattata.
E dunque, com’è Il Miliardo di Cavazzano? È un manuale di economia dei materiali. Oggi quanto mai, il Maestro si ingegna di rendere l’impensabile con pochi tratti. Intendiamoci, “pochi” è senz’altro relativo, per un artista capace di vergare quadruple come quella qui sotto.
Quadrupla firmata, incorniciabile e quotabile in borsa[/size][/i]
Ma quando l’orizzonte è più stretto, nelle interazioni più minute, verosimilmente nel tentativo di non appesantire l’instancabile corsa di Paperone e anche – perché negarlo? – di alleggerire lo sforzo da parte di un artista settantacinquenne, Cavazzano smonta, alleggerisce, dematerializza. La maestria diventa dunque non trovare il modo di inserire gli elementi nella tavola, ma piuttosto di toglierli continuando però a reggere la narrazione.
Nella vignetta qui sotto, ad esempio, non troviamo affatto l’armonioso affresco della precedente, ma piuttosto un gioco di suggerimenti: non la precisione della linea, ma la sua sinuosità, la sua rarefatta convinzione, ci restituiscono l’impressione del dettaglio. Dettaglio che non però c’è.
Ciò[/size][/i]
Beneficiati dalla stessa magia gli oggetti. Ad esempio, i molti mezzi di trasporto di questa avventura: navi, aerei, carretti, muli (come nella quadrupla qui sotto). Oppure gli elementi di contorno, come i classici panni stesi nella vignetta più in alto.
Cavazzano, del resto, ha un’esperienza sconfinata nella narrazione dei viaggi paperoniani. Non solo per essere stato forse il complice più fidato e affezionato della proverbiale Wanderlust ciminiana, ma anche per lavori come il celebre Terzo Nilo con Corteggiani, le escursioni castyane con Eurasia Tost, o il relativamente recente Topo Maltese con Bruno Enna.
Elementi di un viaggio[/size][/i]
A giocare la partita più rischiosa sotto questo trattamento sono i personaggi, specialmente quelli principali. Paperone, per l’occasione lievemente ringiovanito (vale a dire, con le basette un filo più corte), è costantemente al centro della scena, e non è infrequente sorprenderlo in pose innaturali, abbozzate, in debito del senso della proporzione.
Paperino è vittima di un ringiovanimento strano, ineguale nelle due parti della storia (ma senza nessun salto temporale a giustificarlo), così da risultare a un certo punto innaturalmente bambinesco, e spesso un po’ stravolto nell’espressione. Si tratta graficamente certamente degli aspetti meno riusciti della storia. Al contrario, in altri casi questo minimalismo ha esiti formidabili, come nella fulminante vignetta muta qui sotto.
E veniamo ora alla storia. Si diceva del piglio paciosamente sovversivo di Nucci. È un piglio che esce meglio nelle storie brevi, a parere di chi scrive, le lunghe soffrendo di un ritmo che privilegia la comodità e il passo rilassato. A volte troppo forse, specialmente in una storia già lunga e con una trama del tutto lineare. Gli stessi colpi di scena sono disposti e quasi adagiati in maniera serena e gioconda, fino a virare su un garbato quanto impietoso (si diceva del giocoliere?) sbeffeggiamento del topos del rivale con la pistola.
Chi scrive trova l’umorismo di Nucci estremamente godibile, e inserti comici in un tessuto più serio e tutto sommato non esaltante sono del tutto benvenuti. Vediamo nella quadrupla riprodotta più in alto, con la nave, l’aereo e il carretto, un esempio tipicamente nucciano di nonsense iterativo, basato su due puntelli complementari: l’abuso del rapporto fra vignetta e didascalia da una parte, e dall’altra l’effetto morbidamente spiazzante della variatio implicita nell’ultima battuta.
Il venerdì nero
Altro esempio, la sequenza qui accanto, con la chiosa del papero con in cravatta a ricomporre la freddura con quell’effetto un po’ vellutato, che invece di smontare l’effetto comico lo trascolora al punto giusto in maniera difficile da spiegare.
Ci si perdonerà ora se dedichiamo meno spazio del dovuto alle altre storie del numero: Tito Faraci e Rudy Salvagnini propongono un ideale revival degli anni Novanta, con due storie gemelle incentrate sulle stramberie di Pippo: Pippo tipo da spiaggia (disegnata dal magico Lucio Leoni) e I mercoledì di Pippo: Topolinia party (disegnata da Luca Usai, un po’ straniato da una potente freccerizzazione). Nonostante la recente vera e propria resurrezione umoristica di Faraci e la collaudata verve di Salvagnini, nessuna delle due storie si fa ricordare. Sarà per la prossima settimana.
Nel frattempo è di nuovo Marco Nucci ad apparecchiare la tavola per, appunto, i prossimi numeri: in coppia con un Libero Ermetti in buona forma ci racconta, in Addio, Giovani Marmotte! i drammi prima del Gran Mogol delle Giovani Marmotte, l’altrimenti granitico Bertie McGoose, e poi delle stesse GM, anzi dei suoi membri più rappresentativi: Qui, Quo e Qua.
Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro… L’addio dei paperotti alla squadra di esploratori, oltre che sorprendente, è interessante per la diversità delle ripercussioni che può avere sui tre: anche perché proprio Nucci, con Salati ed altri, è stato l’artefice del tentativo recente di caratterizzare in maniera più precisa e variegata i nipotini.
Cosa ne sarà del menomato glorioso corpo delle GM, e come si tornerà alla normalità, lo scopriremo nelle prossime settimane. Nel frattempo possiamo farci aiutare dal redazionale apposito per immergerci nel clima delle Olimpiadi di Parigi 2024, e magari rileggere qualche storica avventura Disney a cinque cerchi.
Voto del recensore: 3/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2024/07/30/topolino-3583/
Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!
Nell’autunno 1982 uscì su Topolino La storia di Marco Polo detta Il Milione, una rivisitazione del celeberrimo libro che per antonomasia marca l’idea di monumento al viaggio, alla vastità del mondo, all’incontro fra culture, al fascino dell’esotico e del variopinto.
La realizzavano due autori molto diversi fra loro: Guido Martina, il decano, l’anti-canonico, il principe dal gusto obliquo, il più colto ed enigmatico dei Disney italiani, ai testi; ai disegni, Romano Scarpa, il simbolo, lo standard, in una fase di surreale onnipotenza artistica e avviato verso la meritata divinizzazione in ambito critico. Due figure polari della scena disneyana italiana, forse quant’altre mai, tanto alieni l’un l’altro quanto, invece, frequentemente appaiati in moltissimi dei capolavori fra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta: in totale, una sessantina di collaborazioni.
Oggi la storia si ripete: nell’anno del settimo centenario dalla morte di Polo, Topolino 3583 propone una nuova rivisitazione del Milione, rilanciando: il titolo è Il Miliardo e per la verità i due ordini di grandezza si scontrano di frequente nel corso della storia. Ma a chi affidare un lavoro del genere?
Ai testi troviamo Marco Nucci, protagonista accortissimo di una trasformazione profonda e determinata del modo di narrare Disney, prestigiatore delle tinte d’atmosfera e giocoliere di un nonsense morbido e accumulabile. Figura tanto opponibile quanto sovrapponibile a Martina: acquisto molto recente, tecnicamente già abilissimo, garbato nello stile, frizzante ma accomodante; e però titolare, come forse solo il Professore, di quel senso di distacco dalla materia, di quella capacità quindi di metterla con estrema facilità in prospettiva, in relazione con altro. La letteratura, la storia, la geografia.
Cannaregio, luogo fisico oltre la comodità dell’epiteto[/size][/i]
A firmare i disegni è Giorgio Cavazzano. Ed è questo peso massimo a scardinare completamente l’equilibrio implicito nella storia del 1982, a rendere ogni parola spesa sulla storia ancillare al suo segno. Quarant’anni dopo, Cavazzano è ancor più che l’equivalente di Scarpa: è il nume tutelare tout court del disegno Disney in Italia. La divinizzazione, che per Scarpa fu fatto progressivo e alloro del tramonto, per Cavazzano è lo stato dell’arte da decenni. Graziato da una longevità già superiore al suo Maestro e dalla molto maggiore esposizione mediatica figlia dei tempi, ma ancor più che questo, spinto da una personale vocazione al rinnovamento, all’assimilazione di modelli nuovi e diversi, Cavazzano è il più solido e raffinato dei fari possibili per ogni nuova generazione di artisti. Ed è con lo strascico di questo manto veramente imperiale che sbarca in questa prova piuttosto impegnativa, per la lunghezza della sceneggiatura, per la varietà delle ambientazioni, e per il prestigio della materia trattata.
E dunque, com’è Il Miliardo di Cavazzano? È un manuale di economia dei materiali. Oggi quanto mai, il Maestro si ingegna di rendere l’impensabile con pochi tratti. Intendiamoci, “pochi” è senz’altro relativo, per un artista capace di vergare quadruple come quella qui sotto.
Quadrupla firmata, incorniciabile e quotabile in borsa[/size][/i]
Ma quando l’orizzonte è più stretto, nelle interazioni più minute, verosimilmente nel tentativo di non appesantire l’instancabile corsa di Paperone e anche – perché negarlo? – di alleggerire lo sforzo da parte di un artista settantacinquenne, Cavazzano smonta, alleggerisce, dematerializza. La maestria diventa dunque non trovare il modo di inserire gli elementi nella tavola, ma piuttosto di toglierli continuando però a reggere la narrazione.
Nella vignetta qui sotto, ad esempio, non troviamo affatto l’armonioso affresco della precedente, ma piuttosto un gioco di suggerimenti: non la precisione della linea, ma la sua sinuosità, la sua rarefatta convinzione, ci restituiscono l’impressione del dettaglio. Dettaglio che non però c’è.
Ciò[/size][/i]
Beneficiati dalla stessa magia gli oggetti. Ad esempio, i molti mezzi di trasporto di questa avventura: navi, aerei, carretti, muli (come nella quadrupla qui sotto). Oppure gli elementi di contorno, come i classici panni stesi nella vignetta più in alto.
Cavazzano, del resto, ha un’esperienza sconfinata nella narrazione dei viaggi paperoniani. Non solo per essere stato forse il complice più fidato e affezionato della proverbiale Wanderlust ciminiana, ma anche per lavori come il celebre Terzo Nilo con Corteggiani, le escursioni castyane con Eurasia Tost, o il relativamente recente Topo Maltese con Bruno Enna.
Elementi di un viaggio[/size][/i]
A giocare la partita più rischiosa sotto questo trattamento sono i personaggi, specialmente quelli principali. Paperone, per l’occasione lievemente ringiovanito (vale a dire, con le basette un filo più corte), è costantemente al centro della scena, e non è infrequente sorprenderlo in pose innaturali, abbozzate, in debito del senso della proporzione.
Paperino è vittima di un ringiovanimento strano, ineguale nelle due parti della storia (ma senza nessun salto temporale a giustificarlo), così da risultare a un certo punto innaturalmente bambinesco, e spesso un po’ stravolto nell’espressione. Si tratta graficamente certamente degli aspetti meno riusciti della storia. Al contrario, in altri casi questo minimalismo ha esiti formidabili, come nella fulminante vignetta muta qui sotto.
E veniamo ora alla storia. Si diceva del piglio paciosamente sovversivo di Nucci. È un piglio che esce meglio nelle storie brevi, a parere di chi scrive, le lunghe soffrendo di un ritmo che privilegia la comodità e il passo rilassato. A volte troppo forse, specialmente in una storia già lunga e con una trama del tutto lineare. Gli stessi colpi di scena sono disposti e quasi adagiati in maniera serena e gioconda, fino a virare su un garbato quanto impietoso (si diceva del giocoliere?) sbeffeggiamento del topos del rivale con la pistola.
Chi scrive trova l’umorismo di Nucci estremamente godibile, e inserti comici in un tessuto più serio e tutto sommato non esaltante sono del tutto benvenuti. Vediamo nella quadrupla riprodotta più in alto, con la nave, l’aereo e il carretto, un esempio tipicamente nucciano di nonsense iterativo, basato su due puntelli complementari: l’abuso del rapporto fra vignetta e didascalia da una parte, e dall’altra l’effetto morbidamente spiazzante della variatio implicita nell’ultima battuta.
Il venerdì nero
Altro esempio, la sequenza qui accanto, con la chiosa del papero con in cravatta a ricomporre la freddura con quell’effetto un po’ vellutato, che invece di smontare l’effetto comico lo trascolora al punto giusto in maniera difficile da spiegare.
Ci si perdonerà ora se dedichiamo meno spazio del dovuto alle altre storie del numero: Tito Faraci e Rudy Salvagnini propongono un ideale revival degli anni Novanta, con due storie gemelle incentrate sulle stramberie di Pippo: Pippo tipo da spiaggia (disegnata dal magico Lucio Leoni) e I mercoledì di Pippo: Topolinia party (disegnata da Luca Usai, un po’ straniato da una potente freccerizzazione). Nonostante la recente vera e propria resurrezione umoristica di Faraci e la collaudata verve di Salvagnini, nessuna delle due storie si fa ricordare. Sarà per la prossima settimana.
Nel frattempo è di nuovo Marco Nucci ad apparecchiare la tavola per, appunto, i prossimi numeri: in coppia con un Libero Ermetti in buona forma ci racconta, in Addio, Giovani Marmotte! i drammi prima del Gran Mogol delle Giovani Marmotte, l’altrimenti granitico Bertie McGoose, e poi delle stesse GM, anzi dei suoi membri più rappresentativi: Qui, Quo e Qua.
Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro… L’addio dei paperotti alla squadra di esploratori, oltre che sorprendente, è interessante per la diversità delle ripercussioni che può avere sui tre: anche perché proprio Nucci, con Salati ed altri, è stato l’artefice del tentativo recente di caratterizzare in maniera più precisa e variegata i nipotini.
Cosa ne sarà del menomato glorioso corpo delle GM, e come si tornerà alla normalità, lo scopriremo nelle prossime settimane. Nel frattempo possiamo farci aiutare dal redazionale apposito per immergerci nel clima delle Olimpiadi di Parigi 2024, e magari rileggere qualche storica avventura Disney a cinque cerchi.
Voto del recensore: 3/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2024/07/30/topolino-3583/
Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!
4
Topolino / Topolino 3580
« il: Martedì 23 Lug 2024, 20:20:46 »
Recensione Topolino 3580
Tito, delizia del genere umano. Di resurrezione dell’umorismo faraciano abbiamo già parlato, e perciò rilanciamo con le parole di Svetonio. Ci si lasci, con questa boutade, esprimere il nostro apprezzamento per Gli allegri mestieri di Paperino – Incarico finale (Faraci/Faccini), una storia dallo spunto piuttosto etereo ma dall’umorismo riuscito e articolato in gag spesso ben piazzate. I disegni di Enrico Faccini, sempre adatti a questo tipo di narrazione, incontrano forse qualche momento storto in più dell’usuale. Ben rappresentativa di questo momento di transizione faraciano l’ultima sequenza, in cui Paperone è costretto ad allenarsi per riuscire a pronunciare una parola di elogio nei confronti di Paperino. Uno spunto abbastanza tipico del “penultimo” Faraci, che proprio perché inserito in coda a una storia dall’umorismo più tradizionale nel formato, anziché piazzato sotto i riflettori, rende al meglio.
Radicalmente diversa Picologia – La determinazione di ferro di Madame Paperie (Gualtieri/Vian), storia dall’impianto didattico e incentrata sulla figura di Marie Curie. Il comparto divulgativo è di fatto quello meglio riuscito della storia, a livello di integrazione fra narrato e informazione scientifica trasmessa. La narrazione in sé è incentrata sulle difficoltà da parte di una regista di convincere Paperone che una trasmissione televisiva di divulgazione scientifica può fare ascolti, se ben fatta. Singolare la conclusione, in cui scopriamo che “gli ascolti non sono stati altissimi… ma neanche bassissimi”. Singolare perché realistica: e in genere, nelle storie del libretto, un realismo del genere viene evitato. Si tratta, a parere di chi scrive, di una scelta tutt’altro che banale, pur nella sua apparente accessorietà, e che non appare troppo disgiunta da una linea editoriale di uno sguardo più in presa diretta, e più schietto, sulla realtà, per quanto nei limiti di un fumetto come Topolino.
Buoni i disegni di Vian (ma chi scrive ha una specie di guilty pleasure per questo disegnatore non molto amato) ben a suo agio soprattutto nell’ambientazione primonovecentesca.
Non solo gli anziani Presidenti[/size][/i]
Seguono Pippo e la giungla, dolce giungla (Korhonen/Fernández Martinez), sulla quale si sorvola facilmente complici anche disegni un po’ sotto tono, e Zio Paperone, Rockerduck e gli affari in condivisione (D’Antona/Lomurno), più articolata ma forse non abbastanza vivace nelle gag e nelle battute (una, notiamo en passant, cita alla lettera The Office – US) rispetto a quanto i personaggi coinvolti, e la loro prolungata e monopolistica interazione, avrebbero suggerito. Bella la gestione delle tavole, con un continuo sfondamento della gabbia, eccezionalmente non nel quadro di una storia d’azione.
Per concludere, arriva alla puntata conclusiva, intitolata La resa dei conti, la storia a puntate Topolino e l’isola che non c’è (Salati/Soldati). Nella resa dei conti che segue a un mistero, appunto, forse la cosa più difficile è calibrare il ritmo delle rivelazioni per non perdere l’attenzione del lettore ma allo stesso tempo non consumare tutto in una fiammata confusionaria. La storia cerca appunto di tenersi in equilibrio fra questi due pericoli, ma in ultima analisi il peso di aver esaurito l’azione vera e propria e dover rendere conto di tutti i nodi un po’ affonda, se non la Miranda II, quest’ultima puntata. Forse mettere in scena nelle puntate precedenti una parte più sostanziosa della parte della trama ambientata nel passato, sempre tramite flashback ma mascherando l’identità di alcuni personaggi, avrebbe potuto aiutare in questo senso. Ma non siamo certo nella posizione di dare lezioni di sceneggiatura. La storia nel complesso rimane ben apprezzabile, specie tenendo conto dell’impostazione piuttosto ambiziosa architettata da Salati, specialmente considerando l’incastro dei personaggi e la non facile interazione fra personaggi usuali (Topolino, Minni, Clarabella, Pippo) e cast aggiunto.
In conclusione, un numero che si barcamena come può nell’intervallo fra la storia di apertura e quella di chiusura, ma a parere di chi scrive senza l’unità e l’uniformità per convincere, sia a livello narrativo che grafico.
Voto del recensore: 2/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2024/07/23/topolino-3580/
Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!
Tito, delizia del genere umano. Di resurrezione dell’umorismo faraciano abbiamo già parlato, e perciò rilanciamo con le parole di Svetonio. Ci si lasci, con questa boutade, esprimere il nostro apprezzamento per Gli allegri mestieri di Paperino – Incarico finale (Faraci/Faccini), una storia dallo spunto piuttosto etereo ma dall’umorismo riuscito e articolato in gag spesso ben piazzate. I disegni di Enrico Faccini, sempre adatti a questo tipo di narrazione, incontrano forse qualche momento storto in più dell’usuale. Ben rappresentativa di questo momento di transizione faraciano l’ultima sequenza, in cui Paperone è costretto ad allenarsi per riuscire a pronunciare una parola di elogio nei confronti di Paperino. Uno spunto abbastanza tipico del “penultimo” Faraci, che proprio perché inserito in coda a una storia dall’umorismo più tradizionale nel formato, anziché piazzato sotto i riflettori, rende al meglio.
Radicalmente diversa Picologia – La determinazione di ferro di Madame Paperie (Gualtieri/Vian), storia dall’impianto didattico e incentrata sulla figura di Marie Curie. Il comparto divulgativo è di fatto quello meglio riuscito della storia, a livello di integrazione fra narrato e informazione scientifica trasmessa. La narrazione in sé è incentrata sulle difficoltà da parte di una regista di convincere Paperone che una trasmissione televisiva di divulgazione scientifica può fare ascolti, se ben fatta. Singolare la conclusione, in cui scopriamo che “gli ascolti non sono stati altissimi… ma neanche bassissimi”. Singolare perché realistica: e in genere, nelle storie del libretto, un realismo del genere viene evitato. Si tratta, a parere di chi scrive, di una scelta tutt’altro che banale, pur nella sua apparente accessorietà, e che non appare troppo disgiunta da una linea editoriale di uno sguardo più in presa diretta, e più schietto, sulla realtà, per quanto nei limiti di un fumetto come Topolino.
Buoni i disegni di Vian (ma chi scrive ha una specie di guilty pleasure per questo disegnatore non molto amato) ben a suo agio soprattutto nell’ambientazione primonovecentesca.
Non solo gli anziani Presidenti[/size][/i]
Seguono Pippo e la giungla, dolce giungla (Korhonen/Fernández Martinez), sulla quale si sorvola facilmente complici anche disegni un po’ sotto tono, e Zio Paperone, Rockerduck e gli affari in condivisione (D’Antona/Lomurno), più articolata ma forse non abbastanza vivace nelle gag e nelle battute (una, notiamo en passant, cita alla lettera The Office – US) rispetto a quanto i personaggi coinvolti, e la loro prolungata e monopolistica interazione, avrebbero suggerito. Bella la gestione delle tavole, con un continuo sfondamento della gabbia, eccezionalmente non nel quadro di una storia d’azione.
Per concludere, arriva alla puntata conclusiva, intitolata La resa dei conti, la storia a puntate Topolino e l’isola che non c’è (Salati/Soldati). Nella resa dei conti che segue a un mistero, appunto, forse la cosa più difficile è calibrare il ritmo delle rivelazioni per non perdere l’attenzione del lettore ma allo stesso tempo non consumare tutto in una fiammata confusionaria. La storia cerca appunto di tenersi in equilibrio fra questi due pericoli, ma in ultima analisi il peso di aver esaurito l’azione vera e propria e dover rendere conto di tutti i nodi un po’ affonda, se non la Miranda II, quest’ultima puntata. Forse mettere in scena nelle puntate precedenti una parte più sostanziosa della parte della trama ambientata nel passato, sempre tramite flashback ma mascherando l’identità di alcuni personaggi, avrebbe potuto aiutare in questo senso. Ma non siamo certo nella posizione di dare lezioni di sceneggiatura. La storia nel complesso rimane ben apprezzabile, specie tenendo conto dell’impostazione piuttosto ambiziosa architettata da Salati, specialmente considerando l’incastro dei personaggi e la non facile interazione fra personaggi usuali (Topolino, Minni, Clarabella, Pippo) e cast aggiunto.
In conclusione, un numero che si barcamena come può nell’intervallo fra la storia di apertura e quella di chiusura, ma a parere di chi scrive senza l’unità e l’uniformità per convincere, sia a livello narrativo che grafico.
Voto del recensore: 2/5
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5
Il sito del Papersera / Re:Reclutamento recensori Topolino!
« il: Lunedì 22 Lug 2024, 22:13:12 »
Dovremmo aver contattato tutti coloro che hanno depositato la loro candidatura, se così non fosse fateci sapere per favore!
6
Topolino / Topolino 3578
« il: Mercoledì 10 Lug 2024, 14:53:14 »
Recensione Topolino 3578
Si inizia ad entrare nel vivo del periodo estivo, ed ecco sbarcare su Topolino 3578 una saga “isolana”: Topolino e l’isola che non c’è, sceneggiata da Giorgio Salati e disegnata da Giampaolo Soldati. Alla storia portante del numero, nel quale troviamo le prime due puntate, è anche dedicata la copertina di Davide Cesarello.
La premessa è molto intrigante anche se già vista – con le dovute differenze – in altre occasioni, tra cui ad esempio l’isola di Quandomai: la nave su cui Topolino, Minni, Orazio e Clarabella sono in crociera fa naufragio su un’isola disabitata, sulla quale presto i personaggi si renderanno conto che accadono fenomeni apparentemente inspiegabili.
Ispirato, fra le varie suggestioni, dal romanzo Il signore delle mosche (come conferma in una intervista rilasciata al Papersera pochi giorni fa), Salati costruisce un intreccio che funziona molto bene e si prende i suoi tempi per costruire un crescendo della tensione che permea le pagine della vicenda, attraverso varie conflittualità nei rapporti tra gli standard characters e i nuovi personaggi introdotti nella storia.
Sono infatti ben nove i compagni di viaggio con cui i protagonisti dovranno affrontare la permanenza sull’isola, e come in ogni buona sceneggiatura gialla ognuno di essi è caratterizzato con pochi ma efficaci tratti distintivi. Spesso è molto difficile gestire un cast così variegato differenziandone abbastanza i componenti, ma in questo caso Salati ci riesce egregiamente, facendo sì che non ci sia mai il rischio di confondersi fra gli uni e gli altri durante la lettura.
Ciò nonostante sarebbe auspicabile un maggiore approfondimento nelle prossime puntate, soprattutto di coloro che nascondono evidentemente dei segreti e dunque ricopriranno un ruolo centrale nella trama.
I primi incidenti
Per adesso i primi due episodi lasciano decisamente la curiosità di leggere il prosieguo: anche da solo, questo aspetto può essere sufficiente per promuovere la storia convintamente, sperando che lo stesso livello verrà mantenuto nelle prossime puntate. Quanto agli ottimi disegni di Soldati, si rivelano capaci di regalare scorci di spessore tra la fitta vegetazione dell’isola, senza far mancare quell’espressività un po’ canzonatoria di alcuni personaggi, suo marchio di fabbrica sempre divertente.
La storia successiva, Sveglia, Paperino!, di Danilo Deninotti e Federico Franzò, toccherà le corde di molti, moltissimi lettori, perché ruota attorno alla croce di noi tutti: la mancanza di sonno. Nel caso di Paperino, la causa è la vita notturna nei panni di Paperinik. I nipotini, pur senza conoscerla, decidono di aiutare lo zio a riprendersi, incaricandosi di portare a termine tutti i suoi impegni. Poche pagine, niente di memorabile, ma un momento di autoconsapevolezza dell’assurdo delle nostre assonnate vite tenute su a colpi di caffè. I disegni di Franzò, sia detto senza offesa, registrano un calo rispetto a prove precedenti, che avevano incuriosito molto chi scrive: mancanza di sonno? No, non scherziamoci.
Nel vivo della contesa
Si prosegue con il redivivo Tito Faraci e il suo fuoco di fila di battute, battutine e battutacce (ma come già detto in questa sede, stiamo assistendo a un rinascimento umoristico dell’autore). Ai disegni di Paperino e Paperoga Space Team – Una piccola incomprensione Marco Mazzarello.
Chiude il numero Zio Paperone e la giocodenarite contesa, di Vito Stabile e Francesco Guerrini, che si basa su uno spunto molto simpatico: una riedizione del torneo monetario fra Paperone e Famedoro, ma in cui la competizione deve mettere in campo la capacità dei due di giocare con il denaro, anziché la quantità di denaro posseduto. La messa in pratica dello spunto magari non è trascendente, ma i disegni di Guerrini, al di là di qualche volto un po’ contratto, rendono l’esperienza di lettura positiva come sempre. Questo raffinato e non abbastanza celebrato disegnatore ha la capacità di dare ai personaggi quella marcia in più in termini sia di espressioni che di inquadramento nella tavola, e ci auguriamo di vederlo al lavoro ancora per tanto tempo e in storie importanti.
Voto del recensore: 3/5
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https://www.papersera.net/wp/2024/07/10/topolino-3578/
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Si inizia ad entrare nel vivo del periodo estivo, ed ecco sbarcare su Topolino 3578 una saga “isolana”: Topolino e l’isola che non c’è, sceneggiata da Giorgio Salati e disegnata da Giampaolo Soldati. Alla storia portante del numero, nel quale troviamo le prime due puntate, è anche dedicata la copertina di Davide Cesarello.
La premessa è molto intrigante anche se già vista – con le dovute differenze – in altre occasioni, tra cui ad esempio l’isola di Quandomai: la nave su cui Topolino, Minni, Orazio e Clarabella sono in crociera fa naufragio su un’isola disabitata, sulla quale presto i personaggi si renderanno conto che accadono fenomeni apparentemente inspiegabili.
Ispirato, fra le varie suggestioni, dal romanzo Il signore delle mosche (come conferma in una intervista rilasciata al Papersera pochi giorni fa), Salati costruisce un intreccio che funziona molto bene e si prende i suoi tempi per costruire un crescendo della tensione che permea le pagine della vicenda, attraverso varie conflittualità nei rapporti tra gli standard characters e i nuovi personaggi introdotti nella storia.
Sono infatti ben nove i compagni di viaggio con cui i protagonisti dovranno affrontare la permanenza sull’isola, e come in ogni buona sceneggiatura gialla ognuno di essi è caratterizzato con pochi ma efficaci tratti distintivi. Spesso è molto difficile gestire un cast così variegato differenziandone abbastanza i componenti, ma in questo caso Salati ci riesce egregiamente, facendo sì che non ci sia mai il rischio di confondersi fra gli uni e gli altri durante la lettura.
Ciò nonostante sarebbe auspicabile un maggiore approfondimento nelle prossime puntate, soprattutto di coloro che nascondono evidentemente dei segreti e dunque ricopriranno un ruolo centrale nella trama.
I primi incidenti
Per adesso i primi due episodi lasciano decisamente la curiosità di leggere il prosieguo: anche da solo, questo aspetto può essere sufficiente per promuovere la storia convintamente, sperando che lo stesso livello verrà mantenuto nelle prossime puntate. Quanto agli ottimi disegni di Soldati, si rivelano capaci di regalare scorci di spessore tra la fitta vegetazione dell’isola, senza far mancare quell’espressività un po’ canzonatoria di alcuni personaggi, suo marchio di fabbrica sempre divertente.
La storia successiva, Sveglia, Paperino!, di Danilo Deninotti e Federico Franzò, toccherà le corde di molti, moltissimi lettori, perché ruota attorno alla croce di noi tutti: la mancanza di sonno. Nel caso di Paperino, la causa è la vita notturna nei panni di Paperinik. I nipotini, pur senza conoscerla, decidono di aiutare lo zio a riprendersi, incaricandosi di portare a termine tutti i suoi impegni. Poche pagine, niente di memorabile, ma un momento di autoconsapevolezza dell’assurdo delle nostre assonnate vite tenute su a colpi di caffè. I disegni di Franzò, sia detto senza offesa, registrano un calo rispetto a prove precedenti, che avevano incuriosito molto chi scrive: mancanza di sonno? No, non scherziamoci.
Nel vivo della contesa
Si prosegue con il redivivo Tito Faraci e il suo fuoco di fila di battute, battutine e battutacce (ma come già detto in questa sede, stiamo assistendo a un rinascimento umoristico dell’autore). Ai disegni di Paperino e Paperoga Space Team – Una piccola incomprensione Marco Mazzarello.
Chiude il numero Zio Paperone e la giocodenarite contesa, di Vito Stabile e Francesco Guerrini, che si basa su uno spunto molto simpatico: una riedizione del torneo monetario fra Paperone e Famedoro, ma in cui la competizione deve mettere in campo la capacità dei due di giocare con il denaro, anziché la quantità di denaro posseduto. La messa in pratica dello spunto magari non è trascendente, ma i disegni di Guerrini, al di là di qualche volto un po’ contratto, rendono l’esperienza di lettura positiva come sempre. Questo raffinato e non abbastanza celebrato disegnatore ha la capacità di dare ai personaggi quella marcia in più in termini sia di espressioni che di inquadramento nella tavola, e ci auguriamo di vederlo al lavoro ancora per tanto tempo e in storie importanti.
Voto del recensore: 3/5
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7
Topolino / Topolino 3572
« il: Lunedì 17 Giu 2024, 16:50:34 »
Recensione Topolino 3572
E così, Atlantide non è in Antartide. Si trova invece… chissà per quanto tempo non lo sapremo ancora. Cinereon Orbes sprofonda negli abissi, salvandosi per miracolo, e i nostri, forse, non lo vedranno mai più.
Intanto noi abbiamo rivisto un grande mago che, grazie alla sua personale kinosfera, fa e disfa il tessuto di una macrotrama iniziata all’ombra del Colosso di Rodi e dipanatasi lustro dopo lustro in compagnia di Eurasia Tost e delle fantasmagoriche Lepri Viola: Casty, finalmente tornato al timone di una storia lunga e memorabile.
A lettura conclusa, possiamo tirare qualche somma: si tratta senza dubbio di un lavoro perfetto per riannodare il filo, non solo del ciclo di Atlantide, ma di un certo modo di vedere all’opera Casty: paziente, ironico, ispirato, metodico. Ma in questo caso diremmo anche: economo, concentrato e poco incline ad arricchire la sua trama con deviazioni e incontri non necessari. Una storia tesa alla conclusione, non breve ma nemmeno lunga quanto avrebbe potuto, se l’idea dell’autore fosse stata quella di attardarsi. Quasi asciutta, specie rispetto alle epopee a cui gli ultimi anni di Topolino ci hanno abituati.
Questa economia è, probabilmente, uno dei molti segreti di Casty: non sperperare, nella resa del tono del racconto più del necessario. L’autore goriziano dà corpo immediato ai momenti di vera tensione, alla costruzione del senso di meraviglia per cui è tanto celebrato. Uno fra tanti lampi, quell’agghiacciante (…) ruotar di teste dei pinguini giganti nella seconda puntata.
Nei sei sicura, Eurasia?[/size][/i]
Un vero piacere, poi, rivedere in campo (e per più tempo che in molte altre occasioni) le Lepri Viola. Il leader di turno, per questa storia, è personalità fanfarona, insicura, specialmente allergica agli apostrofi. Tutto il contrario dell’illustre cugino Orbes. E non dimentichiamo Minuzio (ma dove li trova Casty nomi del genere?), il solerte ed acuto attendente del corpulento menobarone (poi piùbarone). Con le Lepri Viola (ma anche con l’inaffidabile Capitan Rumingo) il tipico umorismo di Casty torna a schioccare, passeggiando fra la messa alla berlina di caratteri ottusi, la reiterazione di piccoli vizi dei personaggi secondari e qualche pippidità sparsa.
L’asso nella manica
Anche in questa terza puntata la tavola si apre più volte (ma in qualche modo senza ostentazione) a farci immergere nel sempre meno misterioso mondo che circonda la Spectralia Antartica. Ce la ricorderemo, questa nuova incursione castyiana fra i ghiacci, forse con un affetto speciale perché rappresenta, dopo anni vissuti un po’ a fari spenti, un ritorno. Speriamo duraturo e ricco di ispirazione.
Il resto del numero va, come si suol dire, a corrente alternata. Jannik Sinner, il tennista italiano fresco di incoronazione quale numero uno del mondo del ranking ATP, è fatto omaggio di una storia svelta e benaugurante, visto che al momento della pubblicazione l’ascesa al trono non era ancora stata compiuta. Roberto Gagnor e Alessandro Perina mettono al centro dell’attenzione la calma, la tenacia, la fiducia nei propri mezzi. Particolare l’uso di Paperino quasi come nume ispiratore della carriera del rosso di Sesto, ma tant’è.
Gli incerti del mestiere
Molto interessante invece la prima parte di Pippo Holmes in: una salsa in rosso. Il Pippo stralunato di Bruno Enna, che qui ci ricorda vieppiù Pippo Van Helsing, interpreta Sherlock Holmes come può, e tutto sommato meglio di tanti più fedeli emuli. Stralunatezza che nessuno meglio di Paolo Mottura poteva rendere. Sempre in forma Bruno Enna nel ritagliare da una trama piuttosto sinuosa e al momento imprevedibile dei veri e propri momenti topici: ne è un esempio da manuale il piccolo colpo di scena alla fine della puntata, montato su un (falso) personaggio dalla vita breve quanto influente.
Il libretto si chiude infine con Zio Paperone e la regale ispirazione, di Alessandro Sisti e di nuovo Alessandro Perina. La storia ha lo scopo di omaggiare la Reggia di Caserta, scopo che può dirsi riuscito a metà: Sisti verga la classica storia-tour che, sotto pretesti semplici ma credibili, scorta il lettore nella visita della Reggia. Perina, dal canto suo, sorvola forse nella rappresentazione dei memorabili dettagli artistici e naturalistici del parco e del palazzo.
Voto del recensore: 4/5
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https://www.papersera.net/wp/2024/06/17/topolino-3572/
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E così, Atlantide non è in Antartide. Si trova invece… chissà per quanto tempo non lo sapremo ancora. Cinereon Orbes sprofonda negli abissi, salvandosi per miracolo, e i nostri, forse, non lo vedranno mai più.
Intanto noi abbiamo rivisto un grande mago che, grazie alla sua personale kinosfera, fa e disfa il tessuto di una macrotrama iniziata all’ombra del Colosso di Rodi e dipanatasi lustro dopo lustro in compagnia di Eurasia Tost e delle fantasmagoriche Lepri Viola: Casty, finalmente tornato al timone di una storia lunga e memorabile.
A lettura conclusa, possiamo tirare qualche somma: si tratta senza dubbio di un lavoro perfetto per riannodare il filo, non solo del ciclo di Atlantide, ma di un certo modo di vedere all’opera Casty: paziente, ironico, ispirato, metodico. Ma in questo caso diremmo anche: economo, concentrato e poco incline ad arricchire la sua trama con deviazioni e incontri non necessari. Una storia tesa alla conclusione, non breve ma nemmeno lunga quanto avrebbe potuto, se l’idea dell’autore fosse stata quella di attardarsi. Quasi asciutta, specie rispetto alle epopee a cui gli ultimi anni di Topolino ci hanno abituati.
Questa economia è, probabilmente, uno dei molti segreti di Casty: non sperperare, nella resa del tono del racconto più del necessario. L’autore goriziano dà corpo immediato ai momenti di vera tensione, alla costruzione del senso di meraviglia per cui è tanto celebrato. Uno fra tanti lampi, quell’agghiacciante (…) ruotar di teste dei pinguini giganti nella seconda puntata.
Nei sei sicura, Eurasia?[/size][/i]
Un vero piacere, poi, rivedere in campo (e per più tempo che in molte altre occasioni) le Lepri Viola. Il leader di turno, per questa storia, è personalità fanfarona, insicura, specialmente allergica agli apostrofi. Tutto il contrario dell’illustre cugino Orbes. E non dimentichiamo Minuzio (ma dove li trova Casty nomi del genere?), il solerte ed acuto attendente del corpulento menobarone (poi piùbarone). Con le Lepri Viola (ma anche con l’inaffidabile Capitan Rumingo) il tipico umorismo di Casty torna a schioccare, passeggiando fra la messa alla berlina di caratteri ottusi, la reiterazione di piccoli vizi dei personaggi secondari e qualche pippidità sparsa.
L’asso nella manica
Anche in questa terza puntata la tavola si apre più volte (ma in qualche modo senza ostentazione) a farci immergere nel sempre meno misterioso mondo che circonda la Spectralia Antartica. Ce la ricorderemo, questa nuova incursione castyiana fra i ghiacci, forse con un affetto speciale perché rappresenta, dopo anni vissuti un po’ a fari spenti, un ritorno. Speriamo duraturo e ricco di ispirazione.
Il resto del numero va, come si suol dire, a corrente alternata. Jannik Sinner, il tennista italiano fresco di incoronazione quale numero uno del mondo del ranking ATP, è fatto omaggio di una storia svelta e benaugurante, visto che al momento della pubblicazione l’ascesa al trono non era ancora stata compiuta. Roberto Gagnor e Alessandro Perina mettono al centro dell’attenzione la calma, la tenacia, la fiducia nei propri mezzi. Particolare l’uso di Paperino quasi come nume ispiratore della carriera del rosso di Sesto, ma tant’è.
Gli incerti del mestiere
Molto interessante invece la prima parte di Pippo Holmes in: una salsa in rosso. Il Pippo stralunato di Bruno Enna, che qui ci ricorda vieppiù Pippo Van Helsing, interpreta Sherlock Holmes come può, e tutto sommato meglio di tanti più fedeli emuli. Stralunatezza che nessuno meglio di Paolo Mottura poteva rendere. Sempre in forma Bruno Enna nel ritagliare da una trama piuttosto sinuosa e al momento imprevedibile dei veri e propri momenti topici: ne è un esempio da manuale il piccolo colpo di scena alla fine della puntata, montato su un (falso) personaggio dalla vita breve quanto influente.
Il libretto si chiude infine con Zio Paperone e la regale ispirazione, di Alessandro Sisti e di nuovo Alessandro Perina. La storia ha lo scopo di omaggiare la Reggia di Caserta, scopo che può dirsi riuscito a metà: Sisti verga la classica storia-tour che, sotto pretesti semplici ma credibili, scorta il lettore nella visita della Reggia. Perina, dal canto suo, sorvola forse nella rappresentazione dei memorabili dettagli artistici e naturalistici del parco e del palazzo.
Voto del recensore: 4/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2024/06/17/topolino-3572/
Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!
8
Il sito del Papersera / Re:Reclutamento recensori Topolino!
« il: Venerdì 3 Mag 2024, 14:21:04 »
Io ho creato una recensione per il numero 3571, e l'ho mandata! Speriamo...
Ah, domanda, se entro nel club, poi le recensioni dove si inviano?
Sul topic "Topolino X"?
Grazie
Vista! Grazie infinite!
Per la pubblicazione c'è tutto un sistema, appaiono sul topic in automatico ma vanno inserite altrove... ci prendiamo ancora qualche tempo per ricevere le candidature e poi iniziamo a rispondervi.
9
Il sito del Papersera / Re:Reclutamento recensori Topolino!
« il: Domenica 28 Apr 2024, 19:16:16 »Però vedo che nella sezione dell'edicola le recensioni arrivano solo fino al 3567 (di tre settimane fa).
Se manca ancora, quindi, volendo potrei stendere io quella del 3569 (che ho terminato di leggere oggi) se non fosse per un piccolo particolare... compare la terza puntata di una storia di cui mi mancano gli episodi precedenti che non saprei come commentare.
Magari ne riparliamo per il 3571 e 3572, che comprerò sicuramente per la Spectralia e che non avranno questo problema.
E hai anche ragione. Ma sai, il discorso è un po' all'inverso: l'obiettivo sarebbe proprio di diventare puntuali, da cui la necessità di nuove leve per snellire il lavoro di tutti (oltre che per dare l'opportunità a più persone di dire la loro e svecchiare il comparto dei recensori, cosa sempre opportuna). Tu se vuoi mandaci pure una prova, nel mentre! S'intende se te la senti di recensire periodicamente - sarebbe all'incirca ogni mese e mezzo-due - e non una tantum.
Io aspetto sempre di sapere se la mia disponibilità sia stata accolta. Poi posso anche lavorare alle mancanti, se serve...
Per ora abbiamo ricevuto la tua candidatura e un'altra via mail. I tempi del Papersera (vedi sopra), si sa, sono ispirati alla solerzia dei conclavi... ma avrete risposta quanto prima, abbiate fede!
ULTIMA PRECISAZIONE IMPORTANTE: Una cosa che mi sono dimenticato di scrivere, ma che mi è stata poi giustamente ricordata. In genere l'iter prevede che, prima di sbarcare ufficialmente su Topolino, i nuovi recensori facciano qualche recensione "di gavetta" (poche) su altre testate.
10
Il sito del Papersera / Re:Reclutamento recensori Topolino!
« il: Giovedì 18 Apr 2024, 22:51:02 »Sono abbastanza sicuro di aver già letto una battuta simile, ma non riesco a focalizzare dove...
Silvia Ziche, ma ammetto che pure io ora non ricordo dove. Era "INGRESSO GRATIS ai novantenni accompagnati dai nonni".
Soccorso!
11
Il sito del Papersera / Re:Reclutamento recensori Topolino!
« il: Lunedì 8 Apr 2024, 09:59:31 »Mi sento assolutamente inadatto al compito ma ringrazio l'avvocato e chiunque altro si voglia cimentare nell'impresa.
Il punto 1 mi sembra davvero stringente. Ma davvero le recensioni passate lo hanno sempre rispettato? Da semplice fruitore, per me non è un grosso problema se ritardano di 7-10 giorni.
Eh sì, è un punto dibattibile... per quanto mi riguarda, le recensioni sono anzitutto un consiglio di lettura; se arriva la settimana dopo l'uscita non è più utile. Ma c'è chi le intende come "documentazione a posteriori"... s'apra il dibattito! Parliamone!
12
Il sito del Papersera / Re:Reclutamento recensori Topolino!
« il: Lunedì 1 Apr 2024, 15:02:35 »
Proprio nessuno nessuuuuuno?
Sarebbe più o meno un impegno ogni mese e mezzo-due mesi, a seconda della quantità di adesioni.
Sarebbe più o meno un impegno ogni mese e mezzo-due mesi, a seconda della quantità di adesioni.
13
Il sito del Papersera / Re:Rieccoci!
« il: Venerdì 29 Mar 2024, 18:36:38 »Col passare dei giorni, settimane, mesi, i controlli sullo status del forum si erano fatti, da pluriquotidiani, occasionali e sempre piu' radi: scopro solo adesso che e' tornato in vita. Ma e' un sollievo!
Ciao Ignazio! Quanto tempo.
14
Il sito del Papersera / Re:Rieccoci!
« il: Giovedì 28 Mar 2024, 23:41:22 »
Ciao, caro forum... sarebbe stato proprio un peccato per me salutarti per sempre, alla vigilia del mio decimo compleanno qui.
15
Il sito del Papersera / Reclutamento recensori Topolino!
« il: Giovedì 28 Mar 2024, 23:34:48 »
Sorpresa!
Con il ritorno del forum è anche il momento di dare nuova linfa alle nostre attività, a partire dalle tradizionali recensioni... in particolare Topolino.
Apriamo quindi ufficialmente il reclutamento recensori di Topolino! Requisiti inalienabili:
1) PUNTUALITÀ. Consegna MASSIMO il sabato successivo al mercoledì di uscita.
2) Buona forma grammaticale.
3) Sforzo serio di oggettività. Astenersi "pagelle del Topo" prive di argomentazione, partigianerie varie, discorsi da bar. Questo vale in negativo (no a insulti, provocazioni gratuite, etc.) ma anche in positivo (non ci interessano elogi sperticati scritti con il pilota automatico: le recensioni non sono una "vetrina" per farsi notare dalla redazione di Topolino... ok?).
In sintesi, la recensione è un consiglio di lettura: deve essere puntuale, leggibile e sincero.
Vi chiediamo cortesemente di inviare una recensione di prova all'indirizzo mail redazione.papersera@gmail.com. Verrà valutata e, se sarà approvata, entrerete ufficialmente nella turnazione dei recensori di Topolino. Teniamo a specificare che si tratta di un'attività non retribuita, come tutte quelle del Papersera. Siamo, ai sensi di legge, un'associazione di volontariato e il vostro lavoro non verrà usato a scopo di lucro.
Saremmo particolarmente felici di accogliere giovani leve, ma nel caso... benvenuti anche ai novantenni accompagnati dai nonni! (Cit.)
Con il ritorno del forum è anche il momento di dare nuova linfa alle nostre attività, a partire dalle tradizionali recensioni... in particolare Topolino.
Apriamo quindi ufficialmente il reclutamento recensori di Topolino! Requisiti inalienabili:
1) PUNTUALITÀ. Consegna MASSIMO il sabato successivo al mercoledì di uscita.
2) Buona forma grammaticale.
3) Sforzo serio di oggettività. Astenersi "pagelle del Topo" prive di argomentazione, partigianerie varie, discorsi da bar. Questo vale in negativo (no a insulti, provocazioni gratuite, etc.) ma anche in positivo (non ci interessano elogi sperticati scritti con il pilota automatico: le recensioni non sono una "vetrina" per farsi notare dalla redazione di Topolino... ok?).
In sintesi, la recensione è un consiglio di lettura: deve essere puntuale, leggibile e sincero.
Vi chiediamo cortesemente di inviare una recensione di prova all'indirizzo mail redazione.papersera@gmail.com. Verrà valutata e, se sarà approvata, entrerete ufficialmente nella turnazione dei recensori di Topolino. Teniamo a specificare che si tratta di un'attività non retribuita, come tutte quelle del Papersera. Siamo, ai sensi di legge, un'associazione di volontariato e il vostro lavoro non verrà usato a scopo di lucro.
Saremmo particolarmente felici di accogliere giovani leve, ma nel caso... benvenuti anche ai novantenni accompagnati dai nonni! (Cit.)