Sto riscoprendo Walsh dalla rilettura di
Topomistery, e lo sto apprezzando di più adesso che quindici anni fa.
La fantasia dell'autore è enorme, e su questo c'è poco da dire. Prende in mano Topolino dopo le grandissime saghe degli anni '30, e gli da nuova linfa, anche dandogli nuove spalle, adatte alla situazione post bellica, Eta Beta in primis.
Forse, poi, ci dimentichiamo del fatto che Walsh era costretto ad operare per strisce, e che ognuna di esse doveva essere al contempo parte di una storia più ampia, e in senso lato "autoconclusiva" nel senso che doveva contenere una gag che strappasse una risata al lettore occasionale. E questo ben testimonia la genialità dell'autore.
Fantasia sfrenata, senza limiti e possibilità caratterizzano poi l'autore, come credo siano ottimi i dialoghi che, purtroppo, non ho mai goduto in originale (mi spiace dirlo, ma devo fare una grossa tara sulle traduzioni di
Topomistery, troppo spesso indecenti e piene d'errori).
Ma la fantasia senza limiti scade troppo spesso in cliché similari (quante volte abbiamo visto Topolino nominato d'improvviso sovrano di qualche nazione o generale di un popolo in rivolta?), quando non in battute quasi identiche (
Topolino e il pianeta minorenne e
Topolino e il mondo sotterraneo contengono due battute esattamente coincidenti, con Topolino generale che si vuole dimettere o tratta la resa).
Devo ammettere, però, di preferire le avventure più metropolitane di Topolino, quelle che si rifanno ai grandi gialli, come
Topolino contro Topolino e
Topolino e il trovatello milionario, rispetto alle grandi esplorazioni, proprio perché, per mio gusto personale, qualche volta le trame delle grandi esplorazioni mi sembrano un po' troppo "fantasiose" al punto di scadere quasi nel bambinesco eccessivo, accusa che mossi anche al primissimo Casty.
Invece nelle storie gialle questo non accade, pur arrivandosi spesso a vette di evidente iperbole, e rimangono sempre godibilissime anche per chi preferisce un tono un po' più adulto, quasi martiniano, nelle storie.
Va però detto, a sostegno della grandiosità di Walsh, che lo stesso, anche nelle storie più scanzonate, non esita a toccare argomenti come la morte, gli omicidi, il senso della vita: e questo ne fa un enorme autore, che ha osato osare ogni volta che ha potuto, quando i vincoli di correttezza politica erano certo inferiori rispetto ad oggi, come il solo Martina ha saputo poi fare.
Un grandissimo, quindi, anche per come riusciva sempre ad inserire qualche bellezza da sbavo nelle sue storie, magistralmente resa da un Gottfedson in grandissima forma!