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Post - Manuel Crispo

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Testate Speciali / Grandi Autori 94 - Topolino Metal Edition: Tito Faraci
« il: Giovedì 10 Feb 2022, 11:39:07 »
Recensione Grandi Autori 94 - Topolino Metal Edition: Tito Faraci


 Se credete che la commedia sia un gioco da ragazzi, provate a far ridere zio Genny dopo aver dato inavvertitamente fuoco alla sua collezione di nani da giardino.

 Fatto?

 Siete ancora vivi?

 Allora, o siete dei talentuosi umoristi, oppure avete un futuro nella corsa in piano.

 Da Aristotele in giù, molti uomini si sono interrogati su questa cosa misteriosa che chiamiamo risata. Per me, la realizzazione di una buona commedia richiede un minimo di tre ingredienti: rigore, studio e ritmo. Un po’ come preparare una quiche lorraine mentre si balla il tip-tap.

 In Disney Italia c’è stato (e c’è ancora, anche se meno presente) un autore che ha preparato le migliori quiche lorraine, e lo ha fatto ballando la danza tradizionale tirolese, in una stanza affollata, con una gamba sola. Tito Faraci è uno degli sceneggiatori più studiati e analizzati; ha collaborato alle serie più ambiziose e gode di straordinario credito presso lettorato e critica specializzata. A giustificare quest’attenzione è, semplicemente, la sua straordinaria, oggettiva e costante capacità tecnica. Se qualcuno non ne fosse convinto non avrebbe che da procurarsi il quarto volume Metal Edition, a lui dedicato, reperibile in edicola da alcuni giorni: ovvia e necessaria la sua presenza in una serie dedicata agli sceneggiatori umoristici che hanno fatto grande la commedia Disney.

 L’albo in questione contiene alcune delle comedy “pure” migliori della sua intera produzione, nonché un interessante prefazione di Giorgio Fontana nella quale si dedica spazio analitico all’aspetto più tecnico del lavoro di Faraci, la cui serietà e precisione (devo dire, rari sui volumi di questa discontinua collana) rappresentano per me un vero e proprio valore aggiunto. Tra i pregi maggiori della scrittura di Faraci, Fontana individua alcuni elementi cardinali: l’energia, l’imprevedibilità, il sapiente utilizzo degli stilemi comici, il lessico, la varietà, l’attenzione per la regia, la fedeltà ai personaggi, la profondità. La selezione di questo volume sembra fatta apposta per dimostrare che ha ragione su tutto.

 
Però noi lettori sì

 A mo’ di esempio prendiamo Gambadilegno e il fattore moltiplicante (illustrata da un incredibile Giuseppe Dalla Santa) che considero facilmente uno dei suoi capolavori nonché un utile saggio della suddetta perizia.

 La trama, forse ispirata al film Mi sdoppio in 4 di Harold Ramis del 1996, è semplicissima: la casa di Gambadilegno si riempie gradualmente di suoi cloni perfettamente identici all’originale; dovrà convivere con un numero imprecisato di “sé stessi”, cercando di ricavarne anche qualche vantaggio, mentre indaga sulle cause dell’evento per risolverlo prima del ritorno a casa di Trudy.

 La storia è narrata dal punto di vista di Gamba, e l’autore riesce a restituirci la difficile convivenza con i diversi “sé stessi” grazie all’espediente del diario. Sorvolerò sulle gag brillanti e sul sapiente uso della didascalia come contrappunto comico, che sono tra le frecce più affilate del suo arco: Il fattore moltiplicante scorre perfetta senza che il meccanismo umoristico si inceppi mai, massimizza gli effetti dello spunto narrativo mettendo Gambadilegno di fronte a sé stesso e ai propri limiti, e lascia il lettore con un altissimo senso di appagamento, il tutto in appena 25 pagine.

 Sui disegni del compianto Dalla Santa si potrebbe fondare un autentico culto, per quanto sono belli in sé e per quanto bene sanno accompagnare la sceneggiatura.

 Grande specialista nel… riaprire giochi apparentemente fatti da anni di tradizione, Faraci ha sempre cercato di partire, nelle sue storie, dalle caratteristiche dei personaggi, decostruendoli e giocando con meccanismi narrativi abusati. In poche pagine ne cambia la polarità e trascina il lettore in territori nuovi, inesplorati, impensati. Questo gioco e questa esplorazione sono impossibili senza uno studio profondo delle caratteristiche dei protagonisti Disney.

 
Giocare con gli stereotipi

 Come Il fattore moltiplicante dimostra una conoscenza perfetta del carattere di Gambadilegno, in Paperino e Zio Paperone in: Per dieci dollari in più, disegnata da un ispiratissimo Alessandro Gottardo, Faraci riesce a portare i personaggi di Paperino, Paperone e Pico fino ai confini più estremi del proprio cosmo comico.

 Anche qui l’input narrativo è di una semplicità imbarazzante: l’autore si limita a rovesciare il classico plot della ricerca di tesori da parte di Paperone, con conseguenze umoristiche devastanti. Anche in questa, come nella precedente, gli autori dimostrano tanto un’attenzione straordinaria per la recitazione mimica e gestuale dei protagonisti quanto una volontà di giungere al soddisfacimento completo delle potenzialità del soggetto.

 A dimostrazione della sistematicità in questo tipo di approccio ritroviamo una inversione analoga, bensì diversissima per idea e svolgimento, nella brillante Le normalissime avventure di Paperino, disegnata da un pulitissimo Paolo Mottura che grazie al proprio tratto peculiare e alle inquadrature scelte dà a tutta la vicenda un taglio che mescola continuamente divertimento e inquietudine.

 Un rovesciamento caratteriale troviamo anche nella divertente parodia di My fair lady illustrata da Silvia Ziche, Gambadilegno in… Questioni di classe, una storia più modesta, dagli esiti narrativamente meno sontuosi, ma dotata della stessa precisione registica delle precedenti.

 Sempre in chiave analitico-decostruttiva Faraci punta i riflettori sul personaggio di Paperino, il classico papero sfortunato della tradizione italiana, nelle due splendide La filosofia di Paperino e Paperino in Le disavventure di un papero tenace.

 
Sei sicuro, Paperino?

 La prima, ancora una volta sorretta dai disegni della Ziche, vede la collaborazione ai testi del filosofo e fisico-matematico Giulio Giorello (autore del pregevole saggio La filosofia di Topolino, appunto) e, con la scusa dell’equivoco che porta Paperino a fare da relatore a un convegno di filosofia, consente al nostro papero preferito di ragionare sulla propria quotidianità.

 All’epoca della pubblicazione di questa storia ci trovavamo nel periodo storico in cui la mutata sensibilità del lettorato e degli autori iniziava a spingere verso un differente utilizzo del personaggio: sfortunato sì, ma non perdente. Faraci è stato fra i primi a intuire che Paperino poteva dare di più, e lo dimostra anche in Le disavventure di un papero tenace (disegnata da Giorgio Cavazzano), in cui addirittura la sua scenografica e pantagruelica sfortuna sono l’unica chiave per il tesoro di Malsuerta, la grande ricchezza rappresentata dall’accettazione di sé e dei propri limiti.

 Lo scettro di protagonista torna nelle mani di Mickey Mouse in Topolino, Gambadilegno e… il solito sospetto (per i disegni del solito, mostruoso, Massimo De Vita). Anche in questa storia così piccola, apparentemente irrilevante, l’autore ci mostra un’analisi non banale delle caratteristiche, più o meno evidenti, dei protagonisti Disney.

 Topolino qui non è il solito detective perfettino, tante volte ostaggio di penne pigre o poco ispirate, ma un uomo che vive per il thrilling, per le emozioni e le sfide, tema presente anche nella successiva Topolino e il tesoro dell’isola, interessantissima storia in costume illustrata dal sempre gigantesco Cavazzano (nella quale il protagonista ad abbandonare l’amata Minni pur di abbandonarsi all’esplorazione dell’ignoto).

 C’è poco da dire sulle storie rimanenti, sempre belle, sempre efficaci anche se in tono minore rispetto ai grandi capolavori presenti nel volume: I Bassotti e l’effetto catapulta, per i disegni di Federico Bertolucci, è un’altra peculiare storia in costume, esempio di breve pienamente riuscita; Paperino e il look macchiaiolo, illustrata da un sempre espressivo Enrico Faccini, con il suo meraviglioso finale a sorpresa ci propone ancora una volta un Paperino vincente nella malasorte; e l’ultima avventura del volume, la simpatica Pippo e… il brontolatore estivo (altra ottima prova di Cavazzano) si immerge splendidamente nella “logica illogica” pippesca, dove il nero è bianco e parole come vittoria e sconfitta risultano, alla fine dei conti, prive di senso.

 
Disastri fuori campo

 Faraci non è soltanto uno dei migliori autori Disney di sempre, è anche uno dei maggiormente consapevoli di ciò che fa. Le sue battute migliori ricordano la commedia brillante di Ernest Lubitsch e Billy Wilder, ma la regia e il ritmo delle sue storie mostrano una padronanza perfetta del mezzo fumettistico, delle sue immense possibilità.

 Costruire una commedia efficace non è cosa semplice. La risata, l’atto catartico per antonomasia, rappresenta ancor oggi un assoluto mistero. Se non ci credete, chiedete pure a zio Genny.



Voto del recensore: 5/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2022/02/10/grandi-autori-94-topolino-metal-edition-tito-faraci/

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Le altre discussioni / Re:Un nuovo collaboratore
« il: Venerdì 14 Gen 2022, 12:41:16 »
Complimenti Marchese, la stroncheremo con immenso affetto SmMickey

33
Topolino / Re:Topolino 3448
« il: Lunedì 27 Dic 2021, 11:45:13 »
Io da Mastantuono mi farei scrivere e disegnare la vita.

34
Testate Speciali / Grandi Autori 93 - Topolino Metal Edition: Sio
« il: Martedì 21 Dic 2021, 17:43:03 »
Recensione Grandi Autori 93 - Topolino Metal Edition: Sio


 La Metal Edition dedicata a Simone Albrigi riporta in copertina (subito sotto una splendida composizione di Stefano Intini) la dicitura Le storie più divertenti di Sio, ma avrebbe potuto esserci scritto anche, e più precisamente, “Tutte le storie Disney edite di Sio tranne una di quattro pagine, ché non ci bastava lo spazio”. Forse l’autore avrebbe apprezzato, essendo in un certo senso nelle sue corde.

 E forse i problemi di questo volume cominciano proprio da qui: dallo stile.

 La questione se esista o meno un qualcosa che potremmo chiamare “stile disneyano” è spaventosamente complessa, forse impossibile da dirimere.

 Nei suoi novant’anni di vita, l’incarnazione cartacea dell’immaginario più importante al mondo ha attraversato epoche e paesi, sapendo modificarsi per andare incontro a sensibilità autoriali e mutate istanze estetiche, ideologiche e semantiche.

 Dalle strisce sindacate al nostro Topolino, passando per Le Journal de Mickey, le innumerevoli testate Egmont e le pubblicazioni di Editora Abril, il fumetto Disney, mutageno e al tempo stesso riconoscibile, si è trasformato senza mai perdere il proprio nucleo identitario, contaminandosi con tutto, contaminando tutto.

 Ritroviamo un certo afflato Disney in opere apparentemente lontane nel tempo e nello spazio come la saga di Harry Potter o le prime opere di Osamu Tezuka. Ritroviamo molto dello stile cartoon americano e orientale in molti prodotti disneyani.

 
L’albetto speciale dedicato a Sio in occasione del suo debutto su Topolino

Forse nessuno è in grado di rispondere alla domanda “cos’è (o cosa non è) il fumetto Disney?”. Forse non ce n’è bisogno, ed è invece qualcosa che si deve avvertire con l’epidermide più che con gli strumenti della critica. Quando ho letto la prima storia targata Disney di Sio, fumettista e youtuber, ho pensato: «C’è qualcosa che non funziona».

 Cosa, di preciso, non saprei dirlo. C’è un che di eccentrico nella sua maniera di usare i personaggi che conosciamo, nel mettere in scena i loro rapporti; come una cisti, un corpo estraneo, qualcosa che c’è ma non dovrebbe essere lì. Fuori posto.

 “Non disneyano” non è un giudizio di valore: i miei fumetti preferiti sono quanto di più distante potrebbe esserci dai personaggi e dalle atmosfere creati a Hollywood dal 1928 in poi. Eppure, c’è un che di stridente nelle avventure raccolte in questo volume, ufficialmente Grandi Autori 93, di fatto il terzo della nuova serie Special dedicata agli sceneggiatori umoristici. Spesso a cominciare da dettagli apparentemente minori, come i titoli scelti o i nomi dei personaggi secondari.

 Nella prima avventura proposta, Super Pippo e il fraintendibile suono vocalico, troviamo il più scombiccherato supereroe Disney alle prese con una serie di equivoci e situazioni farsesche. In sé non ci sarebbe nulla di strano: fedele alla propria indole, Super Pippo è sempre apparso come un personaggio outré e demenziale.

 Ma vedere Pippo annaffiare annaffiatoi come uno schizofrenico e imbatterci in bambini chiamati Roborbio e Brosdocimo ci precipita immediatamente nell’immaginario di Sio, con il risultato di una commistione stilistica poco riuscita, e a poco valgono i meravigliosi disegni di Intini.

 
Il leggendario intuito di Topolino

 La situazione precipita nelle successive brevi Zio Paperone e non mi ricordo più come finiva il titolo (per i disegni di Silvia Ziche) e Topolino e l’inseguimento a incastro (disegnata da un Corrado Mastantuono più espressivo che mai), nelle quali tutti i personaggi, principali e secondari, appaiono come dei perfetti imbecilli – con l’aggravante, per quanto riguarda la prima, di essere sostanzialmente derivativa nei confronti di Zio Paperone e la stella del Polo di Carl Barks, seppure con esiti diversi.

 Dopo questo inizio non esaltante, il fumettista veronese si è dedicato alla scrittura di alcune storie avventurose.

 Zio Paperone e la monetona nella terra dei Talpuri presenta qualche elemento interessante, al netto di molte lungaggini. Altra prova notevole di Intini, molto a proprio agio nella recitazione dei personaggi; da rimarcare la presenza di Paperina – al posto del consueto nipotastro – e di Cuordipietra Famedoro, all’epoca non ancora inflazionato come oggi.

 Tuttavia, anche qui Sio non rinuncia alla demenzialità, come nella gag ricorrente sui nomi dei nipotini, nell’insostenibile tormentone sui cellulari, nell’acrostico Pdtctdsgamisladn o in alcuni passaggi inspiegabili (la superforza di Paperina). Si fanno notare, anche per la goffaggine con cui sono portate allo scoperto, alcune citazioni barksiane e donrosiane, poco utili ai fini della trama.

 
Qualcosa di totalmente inaspettato

 Si torna alle brevi umoristiche con Pippo e la pentacicletta illustrata da Luca Usai, quasi classica nella propria impostazione, mentre la successiva Topolino e la spada di ghiacciolo con Silvia Ziche rappresenta una delle operazioni più incomprensibili e detestabili nella mia esperienza di lettore Disney: un seguito-parodia del celebrato capolavoro Topolino e la spada di ghiaccio del 1982, tra gag viste e riviste e una generale mancanza di ispirazione, che ha fra i propri pochi pregi quello di non aver, almeno, coinvolto Massimo De Vita ai disegni.

 La successiva storia, senza dubbio la migliore del volume se non dell’intera carriera di Albrigi, vede protagonista Nonna Papera in una curiosa parodia. L’opera di primo grado è riconoscibilmente la serie TV Breaking Bad di Vince Gilligan, di cui richiama in parte la parabola shakespeariana con Elvira Coot al posto del professore di chimica Walter White. Le citazioni sono molteplici, e vanno dalla presenza del colore blu al camper-cucina, per finire con il titolo originale della storia (Baking Bread), poi sostituito con il definitivo Nonna Papera in Operazione Bluguette.

 
La nonna che nessuno si aspettava di leggere

 L’elemento di maggiore interesse è rappresentato dalla scalata al successo di Nonna Papera, che si conclude con il suo prevedibile ravvedimento, sebbene ci troviamo di fronte a un problema di sceneggiatura noto come “gioco di prestigio”: la redenzione della protagonista avviene senza che sia chiaro al lettore cosa abbia portato alla sua crisi di coscienza; la demenziale e innecessaria sottotrama di Ciccio alle prese con il docufilm di Paperetta è una violazione del principio di conservazione del dettaglio, secondo cui ogni elemento di una storia deve essere inserito all’interno della stessa in modo da occuparvi uno spazio che abbia senso.

 La storia guadagna molti punti in più grazie alla splendida prova del disegnatore Nicola Tosolini.

 Della successiva, Molti personaggi in: La scatola misteriosa nel luogo misteriosissimo, basterà dire che si tratta di una sequela di gag portata avanti per otto episodi. La storia, priva di una vera e propria trama, presenta qualche somiglianza con un episodio di Futurama mentre il tono generale vuole ricordare le grandi saghe di Silvia Ziche.

 Tra pinguini e dinosauri, improbabili alleanze e l’inspiegabile abbassamento del QI di tutti i personaggi (soprattutto Paperino e Minni), nonostante qualche singola situazione possa strappare un sorriso, questa storia presenta quale unico indubbio pregio la parte grafica, curata da Nico Picone e il solito Intini, ed è più di quanto si possa dire di Archimede e la macchina aggiustatutto, una breve che non riesce a trovare redenzione neppure tramite i buoni disegni di Emanuele Virzì.

 
Cosa diavolo sta succedendo?

 In un tragico attimo di consapevolezza, l’autore ci parla dell’importanza della ridondanza nella storia in tre parti Gambadilegno e la rapina abbastanza remunerativa ma non troppo, nelle cui trenta pagine effettivamente non accade nulla.

 Qui, il tentativo di evocare il riso nel lettore si regge su una serie di gag fisiche e piani complicatissimi; molto ritmata è anche l’altra storia con protagonista il vecchio Pietro, Gambadilegno e Trudy in: La giornata della cactacea; nella prima i disegni di Emmanuele Baccinelli sono ancora un po’ acerbi, mentre nella successiva discreta è la prova di Andrea Malgeri.

 Parlando di disegni ci si può solo inchinare al lavoro di Massimo De Vita, coinvolto nella realizzazione di una simpatica avventura “fra cugini” con protagonisti Pippo e Indiana, Indiana Pipps e la leggenda di Uentshukumishiteu.

 Dimenticandosi dell’impronunciabile titolo (anche se la storia non ci permette mai di dimenticarlo) e dei numerosi tormentoni a base di pizze e gazze la sceneggiatura scorre abbastanza piacevolmente: i protagonisti non sono del tutto fuori parte e la dinamica fra i due pippidi appare alquanto divertente. Tutto il buono viene però nullificato dal velocissimo finale, con tanto di diabolus ex machina rappresentato dalla villain Kanissim.

 Chiude l’albo l’insipida e confusa Paperino e il fortunato ritrovamento di un milione di dollari in spiaggia, trionfo del nonsense appesantito dai disegni di un Andrea Lucci fuori fuoco.

 
Una pizza leggera

 La lettura di questa “quasi omnia” di Sio è stata, per il sottoscritto, affaticante al punto da aver bisogno di frammentarla in più giorni. Ridere, direi che ho riso poco. Forse per nulla. Il grosso problema alla base dell’opera disneyana di Albrigi è nell’impossibilità di mettere in campo un filtro trasformativo che gli permettesse di mediare fra il proprio stile autoriale e quello richiesto sulle pagine di Topolino.

 Molto spesso i personaggi da lui mossi sembrano affetti da gravi turbe cognitive, avendo in comune con gli eroi del nostro settimanale preferito solo le fattezze, mirabilmente rese da alcuni dei migliori disegnatori umoristici della storia di Topolino.

 L’impressione finale è di un semplice travestimento grafico dei fumetti-meme di Sio che possiamo trovare su Instagram: la bravura di grandi sceneggiatori umoristici come Enrico Faccini, Francesco Artibani e Tito Faraci sta nell’aver portato la propria cifra autoriale all’interno del fumetto Disney senza snaturarne lo spirito, bensì aggiungendo la freschezza della propria visione a una formula riconoscibile.

 È questa una operazione difficile, e decisamente non alla portata di tutti.



Voto del recensore: 1/5
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https://www.papersera.net/wp/2021/12/21/grandi-autori-93-topolino-metal-edition-sio/

35
Testate Regolari / Re:Topolino Fuoriserie 6 - PK: I giorni di Pikappa
« il: Martedì 14 Dic 2021, 13:51:13 »
Prima parte brutta e contraddittoria, seconda parte ingiudicabile: dopo The end? la peggior e più inutile storia di pk di sempre. Un ultimo volume che accontenta i lettori che chiedevano una chiusura drastica, rendendo manifesta la sostanziale inutilità di tutto il progetto, mal concepito e mal condotto. Per quanto la miniserie sia in se un evidente fallimento sono particolarmente deluso dal tono della conclusione: dopo aver speso dei soldi e aver investito tempo a fruire questo prodotto, noi lettori non ci meritavamo la inutile messa in scena del bisticcio fra due autori. Io volevo leggere una storia, non un pubblico lavacro di panni sporchi.

A mai più rivederci, Pk.

36
Topolino / Topolino 3446
« il: Domenica 12 Dic 2021, 17:15:06 »
Recensione Topolino 3446


 Topolino 3446 presenta una struttura anomala.

 Il leitmotiv del numero è la neve, presente in tutte le storie: dalla prima, Il bianco e il nero di Marco Nucci e Andrea Castellan – secondo episodio della serie dedicata al recupero del personaggio di Macchia Nera – all’ultima, Zio Paperone, Battista e il giorno sbagliato di Marco Bosco e Giampaolo Soldati. Ma, oltre alla neve, a cadere copiosi sono anche gli inter-riferimenti transtorici.

 Così, nella seconda storia dell’albo, Newton Pitagorico in… Sono solo pensieri di Nucci e dell’esordiente Simona Capovilla, captiamo i pensieri degli abitanti di Topolinia alle prese con l’ultima malefica macchinazione di Macchia Nera, e godiamo di una comparsata del gatto Malachia, protagonista della successiva Fiaba d’inverno di Enrico Faccini.

 Questo sincretismo, oltre che inedito, non può che destare l’attenzione del lettore, coinvolgendolo maggiormente nelle avventure narrate; non esiste più nulla di superfluo, sembrano dirci gli autori di Topolino, ma tutto partecipa alla macro-narrazione generale. Purtroppo, come spesso accade quando ci si concentra sulla struttura, a venire meno è la sostanza. Considerandolo dal punto di vista della riuscita, infatti, il numero attualmente in edicola appare migliore del precedente, ma comunque non esaltante.

 Su Il bianco e il nero, storia di apertura ricca di mistero e citazioni letterarie (l’ovvio riferimento a Stendhal nel titolo, più un “Leopold Bloom” piazzato un po’ in sordina) c’è da dire poco per il momento, trattandosi di un primo tempo. Un Macchia Nera ormai fissato con la meteorologia dichiara in pubblico di aver ideato un oggetto, l’”attrattore nembico”, in grado di scatenare tempeste di neve a piacere. Topolinia verrà cancellata dalle mappe se lui non otterrà il denaro richiesto; Topolino tenterà di fermarlo, grazie a un alleato inaspettato.

 
Lui è tornato

In sé un plot abbastanza classico, il geniale Macchia Nera ci ha dimostrato molto volte di essere in grado di realizzare l’impossibile e il ricatto è una delle sue modalità criminose predilette. Ottimi e “atmosferici” i disegni di Casty, inquietanti il giusto; buono anche il ritmo. Purtroppo, questo primo episodio non è esente da un difetto, a mio parere grave, riguardante il protagonista – Topolino, detective scaltro quant’altri mai.

 Macchia Nera dichiara di aver ideato uno strumento che i più grandi meteorologi del mondo considerano impossibile, rivelando di esser lui dietro un fenomeno atmosferico considerato perfettamente naturale, e Topolino non si pone domande. Non si interroga neanche circa le reali intenzioni di Gambadilegno il quale, in un momento “Topolinia è la città che amo, qui ho le mie radici”, gli regala l’indizio fondamentale per risolvere il caso. Ora, magari l’apparecchio di Macchia esiste, e magari Pietro è in buona fede: ma stupisce vedere un Topolino così in balia degli eventi, incapace di mantenere il controllo su ciò che accade e che, come nella avventura precedente, si ritrova a subire passivamente.

 La storia successiva, Sono solo pensieri, scorre bene anche grazie al tratto, infantile ma non “puccioso”, della Capovilla; anche il controfinale “antibuonista” risulta gradevole. La storia comunque ricorda, non solo nell’idea ma anche nello svolgimento, una vecchia sceneggiatura di Francesco Artibani, Zio Paperone e l’apparecchio postelefonico – ma forse è solo un’altra citazione.

 La migliore del numero è, per me, indiscutibilmente la breve di Faccini, nella quale l’artista ligure realizza un commovente adattamento della struggente fiaba L’uomo di neve di Andersen. Faccini si muove qui al di fuori della propria comfort zone, confezionando una storia memorabile priva di umorismo ma con molto cuore. Anche le due tavole autoconclusive, di Silvia Ziche in apertura e di Angelo Palmas e Giulia Lomurno in chiusura d’albo, si fanno notare per piacevolezza, e strappano una sincera risata.

 
Un fiabesco Faccini

 Purtroppo per me gli elementi positivi del numero si interrompono qui. I giustissimi panettoni sbagliatissimi, l’episodio della serie PippoSpot realizzato da Roberto Gagnor e Alessio Coppola, non brilla particolarmente. Lo stesso dicasi per le poco accattivanti Paperino e la settimana stanca di Marco Bosco e Blasco Pisapia (la stanchezza purtroppo si sente e non poco, in un soggetto direi banalotto) e la già citata Zio Paperone, Battista e il giorno sbagliato. Quest’ultima è l’ennesimo racconto di sindrome di Stoccolma ai danni del povero maggiordomo, la cui fedeltà al principale risulta sempre meno credibile man mano che il personaggio viene approfondito. Entrambe difficilmente resteranno impresse nella memoria dei lettori.

 Dal punto di vista dei risultati, meno che da quello ideativo, Topolino 3446 ci appare come una torta cotta a metà. La struttura di questo numero sembra quasi rispondere alle critiche dei lettori, che da mesi lamentavano una certa perdita di unicità degli albi di Topolino in favore di uno sviluppo puramente orizzontale: l’albo settimanale è il trionfo della verticalità, ma il complesso è convincente solo in parte.



Voto del recensore: 3.5/5
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https://www.papersera.net/wp/2021/12/12/topolino-3446/


Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!


37
Topolino / Re:Topolino 3444
« il: Sabato 27 Nov 2021, 13:20:30 »
 Nessun tabú, semplicemente volevo sapere se per te era da ascriversi al genere. Personalmente penso che "storia in costume" sia più corretto.
Poi sono d'accordo che l'umorismo sia gradualmente sparito dalle parodie, che oggi sarebbero da indicare più correttamente con altri termini, ad esempio "adattamenti".

Ma l'umorismo é gradualmente sparito da Topolino in generale, quindi vabbè.

38
Topolino / Re:Topolino 3444
« il: Sabato 27 Nov 2021, 10:44:53 »
Citazione da: Cornelius Coot
Zemelo ha trovato il modo per non far ritornare Capitan Magellano in Spagna, trovando per lui un destino parodistico sicuramente migliore di quello reale (...)Ma una parodia è anche una ri-lettura degli accadimenti storici

Ritieni che Paperin Pigafetta sia classificabile come parodia?

39
Topolino / Re:Topolino 3440
« il: Lunedì 1 Nov 2021, 08:29:23 »
Quale?

Questa:

https://inducks.org/story.php?c=I+TL+2616-1

"Zio Paperone e il rivale in pensione"
di Bosco, Valentini e Ferraris pubblicata su Topolino n. 2616 del 17 gennaio 2006.

Ciao

GioReb

Grazie!

40
Topolino / Re:Topolino 3440
« il: Domenica 31 Ott 2021, 08:56:44 »
Ho avuto tempo di leggere solo l'episodio finale de "La ballata di John D. Rockerduck" e, come temevo, si è trattato di una copia carbone di una storia già pubblicata qualche anno fa sempre su Topolino e con molto meno scalpore. Unica eccezione la storia di Rockerduck e la partecipazione di Lusky.

Quale?

41
Topolino / Topolino 3440
« il: Sabato 30 Ott 2021, 16:37:25 »
Recensione Topolino 3440


 Chiamate Chi l’ha visto?, Andrea Castellan è sparito… da Topolino!

 Il fumettista noto come Casty manca, in qualità di sceneggiatore, dall’ormai lontana Topolino e la micio-minaccia, unica sua storia edita nel 2021 se si esclude la nucciana Io sono Macchia Nera (della quale, come sappiamo, ha realizzato solo i disegni). Nel 2020 aveva pubblicato quattro storie, altre quattro nel 2019, e solo tre nel 2018. Senza dubbio però fa sempre piacere la presenza di storie “alla Casty” sulla testata ammiraglia, di cui Topolino & Minni in: Qualcosa nella nebbia è solo l’ultima in ordine di apparizione.

 Mi riferisco alla prima storia del numero di questa settimana, per i testi di Pietro B. Zemelo e i disegni di Davide Cesarello. Qualcosa nella nebbia è divisa in due parti per un totale di 46 tavole e richiama lo stile castyano sin dal titolo (il possibile riferimento è Topolino e qualcosa nel buio, opera a mio dire molto sottovalutata). Zemelo, sceneggiatore veneziano che a sua volta mancava da Topolino dalla bellezza di quindici settimane, imbastisce una vicenda misteriosa perfettamente calata nel contesto halloweenesco.

 Come in un buon horror anni Ottanta, Topolino e Minni, diretti verso il tranquillo borgo di Boscofiorito, vengono costretti dalla nebbia a una tappa imprevista a Boscozucca. Qui si imbatteranno nel mistero della sparizione del giovane sfaccendato Willie, svanito dopo uno scherzo orchestrato con l’amico Rupert ai danni dello “strambo” del paese, Daryl, che in un paesino di appassionati coltivatori di zucche è il più fanatico. Abbiamo qui un ritorno al Topolino “drogato” di misteri, che si getta a capofitto nel pericolo anche contro il senso comune. Saggiamente Zemelo utilizza Minni come elemento risolutore, essendo dotata del buon senso che manca al fidanzato detective; il suo ruolo è quindi molto interessante e l’ho apprezzato.

 
Minni versione “final girl”

 La storia, ricca di citazioni al folklore di Halloween (il sempiterno Jack ‘o Lantern) e con una riconoscibile estetica da slasher classico, è piuttosto ben sceneggiata e sorprende per efficacia dell’atmosfera. Il finale non completamente chiuso suggerisce un ipotetico futuro sequel, ma anche se questo non venisse mai realizzato Qualcosa nella nebbia resterebbe una storia soddisfacente, per me fra le migliori dello sceneggiatore veneto. Cesarello confeziona una prova molto più convincente rispetto a La fonte della giovinezza e, soprattutto, anni luce sopra la storia di raccordo del quattordicesimo Classico della nuova serie.

 A seguire, è il turno della conclusione de La ballata di John D. Rockerduck, terza di una ipotetica trilogia nucciana a fuoco su tre storici antagonisti: dopo Gastone e il suo quadrifoglio solitario e Macchia Nera in crisi d’identità, è il turno di un John Davison Rockerduck in pieno meltdown freudiano. La rivalità con Paperone, che nel primo episodio veniva dall’autore rifunzionalizzata in chiave di omicidio rituale del padre, giunge qui al proprio climax.

 
Rockerduck in piena rivalutazione

Il titolo (ispirato a un modesto lungometraggio dei fratelli Coen?), non c’entra molto con il contenuto: di musica, in questa storia, non vi è traccia. In compenso, in questa seconda parte c’è un buon ritmo, reso incalzante dall’accumularsi dei successi di un Rockerduck redivivo che redime il necessario andamento lento del primo episodio. La conclusione, per quanto prevedibile, è messa in scena in modo interessante e non mancherà di commuovere i più sensibili.

 Gli aficionados di Topolino ricorderanno un’altra storia in cui venivano puntati i riflettori sul rapporto “a tre” fra Paperone, Rockerduck e una figura genitoriale (in quel caso suo zio Edgar, sovrapponibile ad Howard). Si tratta di Zio Paperone e la sfida del mattone di Macchetto e Camboni; ciò che lì veniva elegantemente suggerito, viene qui in certo senso approfondito, quando non spiegato. Alla definitiva trasformazione di John D. da carogna senza scrupoli a tenero gigione, tocca purtroppo rassegnarsi: in Disney la graduale “buonizzazione” dei cattivi è un processo iniziato decenni fa e ormai inarrestabile.

 Dato il sapore edipico che ha tutta la vicenda, il finale vero e proprio rappresenta un nodo ideologico difficile da sciogliere. Se tutto sommato ho apprezzato la storia, non nego che avrei preferito una vittoria autentica di Rockerduck al posto di questo sviluppo con Paperone demiurgo iniziale (coinvolto addirittura dai tempi dell’infanzia) e terminale. L’omicidio rituale non avviene e Paperone finisce con l’essere motore dei cambi di stato del proprio figlio surrogato, addirittura per venire incontro a un’antica richiesta del padre biologico.

 In passato, in storie come Klondike: Il papero dei ghiacci, Paperone aveva riconosciuto al “pivello” lo status di degno rivale; guardando ancora più indietro, l’omologo paperesco di Rockefeller era riuscito persino a batterlo, in una o due occasioni. È arduo qui giudicare se vi sia stata una crescita reale del personaggio o se La ballata di John D. Rockerduck abbia, più che mitigato, certificato la sudditanza di John nei confronti di Paperone, che ne risulta alla fine il protagonista segreto.

 
Promesse tra miliardari

 Di questa storia ho comunque apprezzato il ruolo di Lusky, non scontato, gli ottimi disegni di Giorgio Cavazzano, qualche buona idea in termini di layout e il focus tematico su una condizione, la depressione, che raramente ha trovato spazio sulle pagine di Topolino. Da appassionato di cinema coreano, mi ha fatto piacere anche la citazione di pagina 82 a un bellissimo film di Kim Ki-duk del 2003.

 L’inedita di Marco Nucci è seguita da una ristampa eccellente. In occasione dell’avvicinarsi del primo anniversario della scomparsa dell’attore romano Gigi Proietti si ripubblica una storia del 1997, unica avventura disneyana da lui scritta (a quattro mani con Alessandro Sisti), per i disegni di un incommensurabile Cavazzano.

 Si tratta della efficace Paperino e le papere del Campidoglio, avventura che richiama la struttura delle parodie a cornice senza esserlo fino in fondo. Le papere del Campidoglio, deformazione burlesca di un fatto leggendario con una incerta base storica, vede contrapporsi i pretoriani in agitazione sindacale e le pasionarie di Roma, capitanate da un’astuta e determinata Paperina. Poco conta che gli avidi sorveglianti siano politicamente nel giusto: l’Urbe appartiene a tutti, anche ai barbari, e non per caso viene chiamata anche “Città Eterna”.

 
La magnificenza di Roma e di Cavazzano

 Al netto di una fabula estremamente semplice e votata alla tesi di cui sopra, la storia presenta senza dubbio come punto forte una componente grafica eccezionale. Sebbene il suo tratto fosse già, praticamente, quello che ormai ben gli conosciamo, la maggiore varietà in termini di espressività e regia della tavola da parte di Giorgio Cavazzano fanno delle Papere del Campidoglio la storia meglio disegnata del numero.

 A seguire il prologo di Grosso guaio a Paperopoli di Marco Gervasio e Giuseppe Facciotto, coppia artistica ormai consolidata. Si tratta della seconda storia presente in questo albo, dopo La ballata di John D. Rockerduck, a riportare la dicitura “Un’idea di Alex Bertani”. Se è ormai chiaro da tempo che Bertani si sia investito del ruolo di showrunner di Topolino, essendo più o meno coinvolto in tutti i progetti cruciali per il futuro del settimanale, apprezzo molto che il direttore si attribuisca esplicitamente la paternità delle idee, tanto quanto non amavo particolarmente che si limitasse a darne indizio negli editoriali. La presenza di una “grande intelligenza” saldamente al controllo di tutte le storie più ambiziose porta con sé pregi e criticità che dovremo valutare nei prossimi anni.

 Limitiamoci per il momento a giudicare, in mancanza d’altro, l’antipasto in sole sei tavole a questa nuova storia a puntate sceneggiata da Gervasio. Ciò che troviamo in fondo al numero 3440 di Topolino è lo starting point di una avventura in tre episodi il cui titolo rappresenta l’ennesima citazione cinematografica dell’albo. A farne le spese è stavolta Grosso guaio a Chinatown, capolavoro wire fu di John Carpenter.

 Topolino e Pippo si sono lasciati coinvolgere da Minni e la sua amica stilista Betty, con la quale gestisce la Purple Boutique, in una sessione da modelli. All’improvviso, il nostro detective dilettante viene convocato da Basettoni, che lo coinvolge in una pericolosa indagine a Paperopoli, dove pare sia in atto un contrabbando di diamanti.

 
Paperopoli odia, Topolino non può sparare

Su queste poche pagine c’è veramente poco da dire: in sé la vicenda sembra intrigante ed è presente, nel dialogo fra Topolino e il Commissario, un rarissimo, velato riferimento alla morte. Le citazioni alla serie Minni prêt-à-porter di Valentina Camerini e Giada Perissinotto sembrano volte alla costruzione di una piccola continuity transautoriale, segni di un sincretismo che molti mostrano di apprezzare ma che a me lascia del tutto indifferente. Sul fronte sceneggiatura si rilevano dialoghi verbosi, con più balloon del necessario e anche qualche cortocircuito logico.

 Quando Topolino dichiara di aver intenzione di prendere parte all’indagine, Basettoni si oppone dichiarando: «Non se ne parla! Non è per questo che ti ho chiamato!» Il vero motivo della chiamata resta dunque misterioso: si trattava di una semplice chiacchierata fra amici o c’era qualcosa di più? Poco dopo, sempre Basettoni afferma: «È troppo rischioso! È una città che non conosci e in cui non hai appoggi!».

 Con tutto il rispetto per l’amnesico tutore dell’ordine, abbiamo a disposizione ottantasei anni di storie che vedono legati i Topi ai personaggi della famiglia dei Paperi, e non si contano le trasferte degli uni nella città degli altri. Infatti, due vignette e sei balloon dopo, dopo avergli confermato che «in certi casi può essere un vantaggio», Topolino lo smentisce ricordandogli che «non sarà proprio solo». Insomma, la confusione regna sovrana.

 In attesa di sapere qualcosa di più su questa pericolosa trasferta nella capitale del Calisota, spendiamo giusto qualche parola per gli altri elementi che compongono l’albo. La copertina, opera di Corrado Mastantuono e Mario Perrotta, è magnifica e presenta la storia di apertura con l’aggiunta di un elemento originale: un wicker-man con la testa di zucca molto simile a quello presente nella sequenza di apertura di Nightmare Before Christmas. Il Che aria tira a… settimanale di Silvia Ziche risulta poco comprensibile, pur avendo comunque più senso rispetto alla one-pager di D’Antona e Migheli che chiude l’albo. È forse giunto il momento per la redazione di porsi seriamente il problema delle storie brevi, sempre meno sensate? Chissà.

 Nelle rubriche trovano spazio approfondimenti sulla festa di Halloween, sempre più popolare nel nostro Paese, comprensivi di una spiegazione dell’iconografia di Jack ‘o Lantern. Seguono un articolo sulla pallavolo, due pagine dedicate al tema dell’esplorazione di Marte e una serie di doverosi omaggi a Gigi Proietti. La settimana prossima, insieme a Topolino potremo trovare in edicola le prime venti carte napoletane illustrate da Blasco Pisapia, ennesimo gadget allegato.



Voto del recensore: 3.5/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2021/10/30/topolino-3440/


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Topolino / Re:Topolino 3438
« il: Sabato 16 Ott 2021, 12:55:19 »
Volevo innanzitutto ringraziare Alessandro Sisti per la sua gentile risposta alle mie severe osservazioni. Come dice Nigel, si é avvertita in pkne la mancanza di un minimo di redazionali che spiegassero gli elementi meno chiari e più complessi del vasto mondo pikappico; d'altra parte, i viaggi nel tempo si sa, sono materia narrativa complessa e come sappiamo la meccanica temporale di pkna non è mai stata spiegata in maniera esaustiva: dubbi e incertezze sono quindi, a mio parere, legittimi.
Ecco quindi le mie perplessità, che permangono nonostante la gentile e completa risposta dell'autore:
1) "buona parte" significa "grande quantità, in misura notevole, la maggior parte di"; mi sembra quindi una espressione inadatta a indicare un distretto. Quanto é un distretto? Beh, dipende. New York, ad esempio, é suddivisa in cinque distretti: la distruzione di un distretto periferico non vedo come possa coinvolgere buona parte della città. Nella storia viene chiamato anche quartiere, a rendere il tutto ancora più nebuloso; nel Giorno del sole freddo si usano anche altre espressioni come "radere al suolo la città", "una fettona di Paperopoli" e "distruggerà mezza città";
2) Nel Giorno del sole freddo a esplodere non era la centrale di distribuzione, bensì il centro ricerche energetiche, che é dove Hoggs stava effettuando ricerche sulla fusione nucleare fredda (non una nuova fonte di energia, ma appunto un tipo ipotetico di reazione nucleare);
3) Periferica o centrale che sia, come ho detto, l'esplosione paventata in Sole freddo é una esplosione nucleare, insomma non proprio una minicicciola;
4) Nel secondo episodio di ZF, Axel dice: "Il quartiere non dovrebbe esistere. Niente di ciò che vi accade di trova negli archivi di Time0. Possiamo fare qualunque cosa". Mo', città o distretto che sia, a me pare una leggerezza non da poco che la temPolizia non abbia idea di ciò che accade lì, di fatto Axel sembra suggerire che quel pezzo di città sia PER SEMPRE invisibile ai radar della Tempolizia. Perché leggerezza? Perché sapendo questo, qualunque cronauta farebbe quello che fa Axel cioè annidarsi in un punto non mappato del continuum per fare i propri porci comodi;
5) É questa l'unica volta nella storia del mondo in cui un cronauta é riuscito a cambiare il corso della Storia? Non esiste un protocollo, una linea d'azione, qualcosa?

Rileggendo il giorno del sole freddo ci si accorge che ci sono delle discrepanze secondo me oggettive rispetto a Zona Franca. La mia umile teoria, che potrebbe essere benissimo smentita, é che in Disney l'idea di una città nuclearizzata da una esplosione atomica non sia più accettabile. Da cui la retcon, che a me pare fattuale basandosi semplicemente, lo ripeto, su ciò che le due storie dicono. Le spiegazioni offerte dai volenterosi pkers su questo topic, come la teoria della città che diventa distretto, sono solo ipotesi: ciò che conta é ciò che si legge nel testo. Stop.

Rileggendo tutto pkna ci di rende conto di quante cose relative alla Tempolizia e alla gestione dei paradossi temporali non siano state mai spiegate. Sarebbe divertente vedere approfondimenti e nuove storie che esplorino i paradossi e il modo in cui viene gestita la giustizia relativa alle modifiche del continuum spaziotemporale: secondo me Zona Franca, e lo dico con il massimo rispetto per il lavoro di uno dei miei sceneggiatori Disney preferiti,  da questo punto di vista rappresenta una piccola occasione mancata.

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Topolino / Re:Topolino 3438
« il: Giovedì 14 Ott 2021, 10:21:58 »
Chissà, magari Sisti tornerà di nuovo sul forum a per illuminarci  :D
Su una cosa però non sono d'accordo
Spoiler: mostra
pur avendo perso due capi su tre non credo affatto che l'organizzazione sia stata smantellata o che Axel sia condannato a rimanere nel 21esimo
 secolo. Basta vedere come a un certo punto durante lo scontro richiama rinforzi dal futuro lasciando intendere che la giovane organizzazione ha già diverse ramificazioni nel tempo. Gli sarà sufficiente fare una chiamata alla "base" per farsi venire a prendere e continuare il suo operato da solo.


Ci sta. Però questo vuol dire che, come minimo, ci aspetta
Spoiler: mostra
un'altra storia che racconti come Axel é tornato nel futuro e ha rimesso in piedi l'organizzazione.

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Topolino / Re:Topolino 3438
« il: Giovedì 14 Ott 2021, 09:56:54 »
Il punto debole è lo sviluppo che prende la trama in questa seconda puntata

Usciamo un attimo dal discorso prettamente tecnico e rimaniamo sulle vicende narrate nel Sole freddo.

Se Paperopoli fosse stata rasa al suolo dall'esplosione, quindi se il Razziatore viaggiando nel passato non avesse cambiato la Storia, cosa sarebbe accaduto? Ce lo mostra Ambrosio in Se...: i paperopolesi salvi ma in una dimensione parallela (quindi FUORI dal continuum spazio-temporale), Lyla disattivata, PK unico abitante della Paperopoli fantasma. Molte cose quindi sarebbero andate diversamente rispetto a come le abbiamo viste: senza Uno, PK non avrebbe potuto sconfiggere l'impero evroniano (oppure sì, perché con la Terra occupata dagli evroniani non esisterebbe di certo la Tempolizia; quindi PK ha sconfitto egualmente Evron, ma in che modo non ci è dato saperlo); di certo non esisterebbe Odin Eidolon, ed essendo lui il creatore dei droidi questi non esisterebbero come li conosciamo; non avremmo avuto le vicende di Ritratto dell'eroe da giovane (in qualche modo si sarebbero svolte comunque quelli di Carpe diem, altrimenti avremmo avuto la distruzione del Tempo e quindi, come prima, anche la scomparsa della Tempolizia); ci sono poi miriadi di altri cambiamenti che ora non siamo in grado di valutare, legati ai milioni di abitanti di Paperopoli che non avrebbero dovuto essere vivi e attivi nel Continuum principale e che invece lo sono dopo la modifica agli eventi causata dal Razziatore.
Per quanto ci viene mostrato nel finale di PKNA, dopo Il giorno del sole freddo la Storia è cambiata, su questo non ci piove, in maniera radicale: ecco perché
Spoiler: mostra
la Tempolizia non può assolutamente ignorare ciò che accade nella Zona Franca: la storia è stata riscritta
; quindi il concetto alla base di Zona Franca non ha senso da un punto di vista logico, e forse questa storia avrebbe dovuto concentrarsi su questo, piuttosto che su
Spoiler: mostra
la creazione dell'Organizzazione, che peraltro con l'arresto di due dei tre capi originari e il ritorno di Axel nel 21esimo secolo è di fatto, attualmente, smantellata.


Ammesso che Sisti abbia ignorato Se... e riscritto, come suggerito in questa avventura, quell'evento, resta un concetto molto semplice: da un punto di vista temporale nessun uomo è un'isola. Ogni cambiamento avvenuto nel Continuum può avere effetti a valanga sul futuro, e questa è la ragione per cui la Tempolizia esiste e opera.

45
Topolino / Re:Topolino 3438
« il: Mercoledì 13 Ott 2021, 19:51:58 »
Molto deluso dalla conclusione della storia di pk.

Spoiler: mostra
Non ho apprezzato la retcon del Sole freddo (l'esplosione doveva distruggere buona parte di Paperopoli, non un solo quartiere! Da dove salta fuori quest'idea?); Il concetto di Zona Franca, oltre a non essere molto originale, é anche poco sensato: come è possibile che la tempolizia ammetta una zona cieca e se ne disinteressi? A cosa serve una zona franca se comunque i cronauti hanno un dispositivo che impedisce alla tempolizia di rilevare i tachioni?
La presenza della Flagstarr, per quanto gradita, é  puro fanservice con zero impatto sulla trama.
La successione degli eventi é farraginosa e innaturale (sono un droide anzi no, Non so dove sia Lyla anzi sì, Axel non sa niente anzi sa tutto, facciamo un patto mi rimangio il patto, facciamo un altro patto). Sorvolo su Uno che se ne va in giro nel robottone Giappo, peraltro orrendo.


Credo sia arrivato il momento, con pk, di salutare queste trame avvolte su dettagli infinitesimali di venticinque anni fa e cercare di esplorare strade nuove.

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