Non so se sia un caso o meno, tuttavia Pippo nella storia di Faccini
si lamenta del fatto che la chitarra sia scordata dopo l'unica nota disegnata onomatopeicamente in maniera corretta (tutte le altre, ad eccezione dell'ultima prima dell'arrivo di Gambadilegno, sono balenghe e stortignaccole)
.
Trattandosi di Faccini non credo molto alla casualità: Pippo
suona e canta come un cane, azzecca una nota, pensa che la chitarra sia scordata.
Magnifico.
Il trio in viaggio continua a lasciarmi tendenzialmente freddo, forse sarà per l'insipida e rimbambita Paperetta, forse sarà perché non sembra esserci un autentico fine per questo viaggio. Poiché la coppia d'autori mai ha deluso, confido sempre in un gran finale.
A mio parere questa storia ha la debolezza di non creare la giusta empatia con i protagonisti, forse perché troppo diversi dal ruolo che normalmente interpretano (Archimede e Paperina), a differenza di avventure
sulla strada nelle quali il lettore diveniva egli stesso parte del viaggio: in tal senso mi viene in mente
Paperino Paperotto e la strada per Appaloosa come apogeo. Oltretutto le due storie hanno due punti comuni molto forti (personaggi che siamo abituati a vedere come "adulti" in un contesto di "infanzia" o "gioventù" e vicende che non hanno una grande componente di plausibilità) quindi il raffronto sia a livello tecnico sia a livello emotivo giunge quasi naturale.
Ma viene anche naturale comparando l'intera saga di Pippo Reporter - un viaggio per quanto sui generis - con gli attuali paperi e papere sulla strada: Radice e Turconi hanno la capacità di toccare il profondo dell'anima, questa volta il dardo delle emozioni non sembra aver centrato il bersaglio.