I Grandi Classici Disney 346

25 AGO 2015
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“Si spera rappresenti un’eccezione più che un paradigma”, così si commentava la grande presenza di storie recenti sul precedente numero dei Grandi Classici. Di certo l’albo di settembre non supporta questo auspicio, dato che presenta una composizione sostanzialmente analoga; e anche la qualità delle storie si conferma su una media niente affatto deludente ma inferiore a quella degli ultimi anni, anzi in leggero calo rispetto allo scorso numero.
La storia di apertura è Zio Paperone e i concerti predatori, con i disegni ancora impeccabili dell’ultimo Giovan Battista Carpi e una trama originale anche se piuttosto semplice, di quelle “guest-stories” tipiche degli anni Novanta (in questo caso l’ospite è Renzo Arbore), con in più i bei dialoghi di Sisti.
Bisogna ancora una volta riconoscere, poi, che a saper pescare non tutte le S-code sono da buttare, come mostra
Topolino e il mistero dei cani scomparsi, sceneggiata da Guido Martina e disegnata dal solito Scarpa. Ma ad alzare il livello comico del numero sono storie come
Paperino e l’equazione Qui Quo Qua, Paperin di Tarascona e
Paperino e il fucile a bignè, ciascuna a suo modo vertice di umorismo. La lunga parodia martiniana, in particolare, vanta un dinamismo e un’appropriatezza del linguaggio comico davvero invidiabili per come riescono a traghettare il lettore fra le più disparate situazioni con il solo mezzo della risata. E che dire della suprema levità barksiana, che giocando su un semplice tormentone (il fucile a bignè, per l’appunto) riesce a far morir dal ridere a qualunque battuta?

Molto spassosa, benché meno curata sul piano grafico, la breve Dinamite Bla e la multa salata (direi più riuscita della gemella un po’ sconclusionata Dinamite Bla e il guida-scolari).
Il resto del numero è decisamente altalenante: si va dalla solida coppia Fallberg/Murry con Topolino e lo zio tropicale, solito giallo-avventura forse un po’ meno avvincente del solito, a Pluto e l’arte venatoria e Topolino e il mistero della chiave segreta, quest’ultima in particolare davvero dimenticabile e sconclusionata.
Rimangono da citare altre due storie recenti, Sgrizzo re di Baia Papero, opera di un Nino Russo ispirato e ancora lontano dalla ripetitività degli anni successivi, e Paperina nel fantastico mondo di Ot, molto valida e originale sul piano della sceneggiatura ma, ahimè, tradita da disegni poco espressivi e coinvolgenti, con quello strano vizio di puntare nel vuoto gli occhi dei personaggi.
Insomma, la conclusione è la stessa del numero scorso: grandi classici di alto valore, poche brevi straniere dalla qualità altalenante, e una massiccia presenza di storie recenti tutte valide ma spesso mancanti di quel quid che rende incontestabile la scelta. Da segnalare anche un altro problema, riscontrato varie volte in passato, ovvero quello delle ravvicinate ristampe, spesso in sovrapposizione con il BIG, che qui tocca ben due storie (I concerti predatori e L’equazione Qui Quo Qua). Non resta che attendere, sperando in una rapida ripresa del livello qualitativo degli ultimi anni, e nel frattempo attribuire a questo numero un più che dignitoso “tre stelle”!

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.