I Grandi Classici Disney 28

25 APR 2018
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Un maggio 2018 tra color che son sospesi, in Italia. Tra un governo che fatica a nascere e una primavera che stenta a decollare, sembra proprio che anche al ventottesimo albo del nuovo corso paniniano dei Grandi Classici manchi lo sprint necessario per poter lasciare il segno e rimanere impresso nella memoria dei lettori. Un trend che, va detto, sembra affliggere la testata da tempo: le grandi firme sono sempre presenti, ma le storie sono poco incisive pur nella loro guadagnata (o presunta) “classicità”. A sottolineare nuovamente questa situazione, le stesse avventure riproposte nella prestigiosa sezione Superstar, questo mese dedicata a navi, rimorchiatori e imbarcazioni varie, non escono insomma da una rotta certamente sicura, ma abbastanza noiosa. Da segnalare comunque il ritorno nelle edicole del Piccolo rimorchiatore, storiellina disegnata dall’ottimo Harvey Eisenberg seguendo pedissequamente le scene dell’omonimo segmento de Lo scrigno delle sette perle riproposta in tempi recenti solo in Topolino Story e nelle ristampe anastatiche del Topolino libretto in cui debuttò nel nostro Paese. Un legame, quello con il mondo dell’animazione anni ’40, che si ritrova anche in Pluto salva la nave, storia più iconica che altro e di indubbio valore storico (è infatti una delle primissime produzioni a fumetti firmate da Carl Barks, in questo caso coautore dei soli testi insieme ai colleghi Jack Hannah e Nick George), che altro non è se non una sorta di storyboard con una narrazione dai ritmi serrati condita da gag ben costruite che, nonostante tutto, riescono ad avere un senso anche in un comic book e non sullo schermo; è il 1942, la Seconda guerra mondiale infiamma l’Europa, gli Stati Uniti hanno subito da poco l’attacco di Pearl Harbor e lo Studio Disney ha iniziato una collaborazione con Washington per la produzione di materiale di propaganda: il contesto è dunque ottimo, in tal senso, per rendere Pluto un vero e proprio American hero, capace di sventare un attentato a bordo di un efficientissimo incrociatore pronto al varo. Anche Paperino, mutatis mutandis, si ritrova a salvare un piroscafo dall'eventuale affondamento in una breve disegnata da Tony Strobl, tutt’altro che memorabile per quanto leggera e “a lieto fine”. Un discorso analogo vale anche per Topolino e la nave falsaria, degli inossidabili Carl Fallberg e Paul Murry, storia che potremmo definire “fotocopia” per tutte le situazioni che condivide in maniera pressoché identica con molte altre avventure topolinesche prodotte per i comic book tra gli anni ’50 e ’60.
E poi, e poi… il resto dell’albo non ha molto altro da offrire, a partire dai Noduli polimetallici di Pezzin&Cavazzano, storia non all’altezza del resto della produzione dei due grandi artisti veneti, che si ricorda maggiormente per la coppia di proprietari della cava sulle coste di Biribundia, capace di ritagliarsi uno spazio abbastanza divertente all’interno dell’eterna disfida affaristica tra Paperone e Rockerduck; con un salto temporale di due lustri si arriva poi alla metà degli anni ’90 e si ritrova nuovamente Pezzin, stavolta in coppia con un dinamicissimo Romano Scarpa: anche in questo caso sembra che dall’animazione sia venuta la giusta ispirazione per il crescendo rossiniano dell’Abilità esplosiva, ulteriore capitolo di una tradizionale serie di storie in cui un vulcanico e iperattivo Paperino riesce a dare il meglio di sé in un’attività lavorativa raggiungendo picchi inenarrabili di precisione e professionalità, salvo poi mandare tutto al macero al primo incidente di percorso.
Messa da parte, infine, la consueta “tassa” delle due brevi straniere (stavolta abbastanza piacevoli entrambi, va detto, con Pippo assoluto mattatore), l’ultima sezione dell’albo è riservata interamente a storie di produzione italiana. Pier Carpi e Luciano Gatto fanno ricorso a un flashback per ambientare nell'Inghilterra georgiana le origini archimediche del rugby, in una cornice di accesa rivalità tra due college della cittadina che ha dato il nome a tanto nobile attività sportiva; un racconto ormai “eziologico” in Disney dato che, con pretesti e modalità differenti, ha costituito l'ossatura del terzo episodio della lunga storia in costume Paperleon dai scorcia e di una recente storia con Ciccio protagonista. Infine, dopo aver assistito alle disgrazie capitate a Paperino a causa di due terribili cani Corgi e della loro anziana ed energica padrona (no, non Elisabetta II…), si ritorna nel villaggio di frontiera creato da Guido Martina e Guido Scala. Come da alcuni mesi a questa parte, per quanto non più in ordine cronologico, i Grandi Classici proseguono la meritoria ristampa degli episodi della serie C’era una volta il West… con Il baratto indiano, una commedia degli equivoci tipicamente martiniana, in cui spicca una non parsimoniosa iconografia della morte in salsa pellerossa e del tutto politically incorrect al giorno d'oggi: asce “insanguinate”, pali della tortura e minacce di spennamento ai danni dei ben poco maturi paperi adulti, veri o presunti pericoli che si rincorrono argutamente per più tavole lasciando un sorriso beffardo sulla bocca del lettore ormai disabituato a un lessico e a temi del genere su Topolino.

Autore dell'articolo: Davide Del Gusto

Sono cresciuto a pane, letteratura, storia e fumetti. Paperseriano dal remoto 2004, colleziono, leggo, recensisco e mi diverto con l'editing di questo sito. I miei indiscussi numi tutelari tra i fumettari sono Carl Barks, René Goscinny e Albert Uderzo, Floyd Gottfredson, Hergé, Vittorio Giardino, in rigoroso ordine sparso.