Paperino e l’amuleto di Amùndsen
L’amuleto – per la verità più minaccioso che amichevole – nella striscia di apertura della storia.
Nella seconda metà degli anni Novanta, ormai, la presenza del Maestro sul Topolino si limitava a storie da lui solo disegnate: Zio Paperone e la formula della ricchezza, Zio Paperone e le buone azioni, Topolino e la sindrome visionaria… giusto per citare le prime tre che mi vengono in mente. Storie capaci di catturare l’attenzione di una bambina di otto anni non solo per le (splendide) trame, ma anche per il tratto pulito, semplice, eppure completo con cui sono state illustrate. Ancora oggi le ricordo come se le avessi lette l’ultima volta ieri sera, nonostante siano passati diversi mesi dall’ultima rilettura.
Il mio universo narrativo era il solo Topolino libretto, i soli autori che conoscevo (e ai cui nomi, bisogna dirlo, nemmeno facevo troppo caso, se non per pochissime eccezioni) erano quelli che si avvicendavano in quegli anni sulle sue pagine, per cui dei grandi capolavori del passato ero beatamente e completamente digiuna.
Le disavventure di Paperamses, primo volume dei Supermiti Mondadori dedicati ai fumetti Disney. Se non ci fosse stato lui… chissà come sarebbe andata a finire.
Paperamses mi apre un mondo, e oltre a trovarci persino una storia che avevo letto in diretta su Topolino pochi anni prima, mi introduce pian piano alla scoperta di autori e storie che invece di quel Topolino avevano fatto la storia.
La prima storia di Scarpa in veste di autore completo che io abbia letto è quindi Paperino e il colosso del Nilo… e che storia! Ricordo ancora adesso lo stupore quando, pochi anni dopo, appresi che nella realtà era successo davvero quanto narrato… e pure in un momento successivo alla pubblicazione della storia!
Poi sono passata a leggere il mensile Paperino, che mi ha definitivamente svezzato da quel punto di vista. Ma nonostante questo, i grandi capolavori di Scarpa sono arrivati dopo diversi anni.
Ecco, io Romano l’ho conosciuto così, pian pianino, quasi in sordina, partendo dai disegni e poi passando alle trame “minori” e ordinarie, per poi arrivare, negli ultimi anni, a colmare non poche lacune, leggendo alcune tra quelle che sono tra le sue storie più rinomate.
Ecco perché, quando ho scelto la storia da ricordare in questa rubrica, ho preferito andare a pescare tra quelle che ho conosciuto agli inizi, quelle che da bambina mi hanno fatto sognare e fantasticare mille avventure. Non che adesso le avventure di Topolino, Paperino e compagnia non mi facciano più lo stesso effetto, ma, si sa, da piccoli tutto sembra più bello, più favoloso, più… più!
Un acquisto davvero incauto, quello di Paperino…
Come non sorridere al vedere il trauma di Paperone quando un telegramma gli comunica la funerea notizia dell’esaurimento del ventitreesimo filone della sua novecentosettantanovesima miniera d’oro?
Basta girare un paio di pagine ed ecco che appare Paperino a prendersi la scena: sprovveduto come al solito, è lui il motore dell’intera vicenda, quando nemmeno si accorge di aver comprato una vecchia baleniera dismessa per la modica cifra di seimila dollari!
Il conseguente scambio di battute con il pescatore (che, qualche pagina dopo, si rivolge a Paperino chiamandolo ironicamente Cristoforo Colombo) smorza e allo stesso tempo incupisce l’atmosfera, eppure man mano Paperino, e con lui i nipotini, riscopre tutta la sua grinta e si prepara nientemeno a prendere il largo per l’Antartide, in modo da poter salvare la sua casa e le sue finanze dopo l’incauto acquisto.
Paperino, novello Cristoforo Colombo, è pronto alla partenza.
Già durante il viaggio la fantasia e l’ironia di Scarpa mordono il freno, presentandoci diverse simpatiche trovate: come non ricordare il povero Paperino che passa dal morire di caldo al morire di freddo in quattro vignette, oppure il momento in cui alla Camilla tocca attraversare un tratto di mare pieno di balene, che guardano avvicinarsi la barca con dei cipigli minacciosi, mentre i paperi, fischiettando, si mostrano indifferenti, salvo spingere al massimo i motori appena fuori dal branco di cetacei?
Una volta che Paperino e nipoti sono giunti a destinazione, ecco che la fantasia dell’autore si scatena e ci propone, man mano, bizzarrie meteorologiche di ogni genere: mentre sono impegnati nell’esplorazione, i paperi incappano in foreste lussureggianti in cui possono permettersi dei vestiti che sarebbero più adatti ad un safari in Africa, in zone con forti correnti aeree o dove si manifestano curiosi fenomeni dovuti alla vicinanza del polo magnetico terrestre.
Una tra le sequenze più simpatiche della storia, con i paperi che nonostante tutto riescono a conservare il loro sangue freddo.
Erano soprattutto loro che mi facevano entusiasmare man mano che portavano avanti il loro compito, e con i quali mi sono disperata quando, invece, alla fine, si rendono conto di essere praticamente sperduti in mezzo ai ghiacci dell’Antartide.
Quando poi vedevo Paperone rianimarsi perché aveva finalmente trovato il suo qualcosa, ecco che le pagine finali andavano avanti quasi da sole, tanto era il sollievo per il lieto fine.
Peraltro, mi è sempre rimasta impressa l’ultima vignetta, con l’espressione di stupore e incredulità di Paperone che sembra quasi non rendersi conto di aver appena salvato la vita ai nipoti. Come stemperare in un attimo la tensione accumulata in pagine e pagine!
Sperduti tra i ghiacci! E adesso?
Perché le grandi storie, loro, non hanno una data di scadenza, e sono valide anche oggi come lo erano quando sono state realizzate dai loro autori.
I grandi autori, invece, loro sono quelli che riescono a far sì che l’entusiasmo di chi legge le loro storie sia pari all’entusiasmo che loro hanno mentre quelle storie le scrivono.
E Scarpa può a buon diritto fregiarsi di far parte di questo circolo.
Grazie per avermi trasmesso il tuo entusiasmo, Romano.