Le interviste del Papersera – Andrea Ferraris

12 DIC 2005

La reazione di Ferraris alla notizia della comparsa della sua intervista sul Papersera?

Vedere all’opera Andrea Ferraris è un vero piacere. Tratteggia i personaggi con mano ferma, direttamente sulla tavola senza alcun bisogno di costruire prima la struttura. Illustra, come ha modo di spiegarmi, una storia di Indiana Pipps di Bruno Sarda.
L’intervista si tiene al bar sotto lo studio, dove gli autori si considerano degli habituè. Andrea in maniera totalmente inaspettata mi offre anche la consumazione, prima di scappare via alla fine dell’intervista per andare a completare il lavoro…

Tommaso: Innanzitutto comincerei illustrando ai lettori i vari passi della tua carriera…
Andrea Ferraris: Beh, ho fatto scuole diverse. Ho fatto un corso di scenografia, ho lavorato come aiuto scenografo per la televisione a Milano, facendo le scenografie per una telenovela con Veronica Castro e diversi spot pubblicitari.
Poi la passione per il fumetto ha avuto il sopravvento: sono stato a Bologna al corso della Nuova Eloisa dove ho avuto per insegnanti dei grandi disegnatori come Vittorio Giardino, Andrea Pazienza… Mi ricordo che da Vittorio Giardino imparai a fare lo storyboard che tuttora continuo ad usare come metodo di lavoro. Sempre a Bologna conobbi Luigi Bernardi che mi fece esporre a Treviso Comics. Dopo conobbi Giovan Battista Carpi a Genova e lì inizia la mia passione.
Io non ho fatto proprio l’Accademia Disney perché all’epoca non c’era. Andavo a casa di Carpi a fargli vedere i disegni oppure ogni tanto a Milano. Era insomma una specie di fai-da-te, ecco, con la supervisione di Carpi. Questo ci è servito molto perché la prima “infornata” di disegnatori grazie alla supervisione di Carpi era un pochettino più anarchica. Ognuno aveva il proprio modello e Carpi non te ne imponeva uno. Eravamo molto liberi. Invece adesso mi pare che ci sia un po’ più di regolamentazione. Un’ultima cosa: tutto questo è successo più di dieci anni fa… Ormai son dodici anni.

La nuova storia di Ferraris “Indiana Pipps forzato del relax” pubblicata nelle scorse settimane.

T: Cosa hai imparato da questi grandi maestri del fumetto italiano di cui hai seguito i corsi?
AF: Di Pazienza ricordo pochissimo perché le sue lezioni furono poche. Invece mi ricordo che Giardino puntava molto sul fatto che grazie allo storyboard non si perde di vista la storia, mentre al contrario all’inizio il disegnatore di fumetti tende a perdersi nel disegno della vignettina, nell’espressione del personaggio… In realtà bisogna tenere sempre in vista bene l’affresco, la storia che stai raccontando.

T: Quindi utilizzi tuttora questo strumento?
AF: Sì, mi leggo la sceneggiatura, a seconda di chi l’ha scritta, un paio di volte almeno; poi faccio una ricerca del materiale e infine mi faccio lo storyboard, molto piccolo, che capisco soltanto io, ma che comunque mi serve per avere la storia nella sua completezza. E questo mi permette, se magari un giorno non avessi voglia di disegnare pagina 6, di disegnare invece pagina 9, la quale chissà per quale motivo mi ispira di più.

T: Quali sono i tuoi autori di riferimento? Di quali ti senti erede?
AF: Per quanto mi riguarda sicuramente è Massimo De Vita il mio punto di riferimento. Lo guardo continuamente. Per me è il migliore.

T: Sia per i paperi che per i topi?
AF: Mi piace più il Topolino di De Vita che non i paperi. C’è da dire però che quando faceva i paperi negli anni ’70 era strepitoso. Le storie di Paperinik degli anni ’70, che ancora non avevano i nomi degli autori sulla prima tavola, erano stupende. Io mi ricordo che passavo le giornate in campagna quando avevo i tre mesi di ferie leggendo le sue cose.
E poi naturalmente Carpi perché l’ho conosciuto ed è stato qui a Genova il mio punto di riferimento.

Un dinamico esempio di Zio Paperone nell’interpretazione di Ferraris.

T: Quale personaggio prediligi disegnare o scrivere? è anche il tuo preferito?
AF: Io preferisco disegnare storie di Zio Paperone: è un personaggio che mi piace molto.
Però quando una storia di Topolino è bella, è il massimo disegnarla… ma è difficile scrivere una bella storia di Topolino. Io ho scritto solo due storie, e tra l’altro la prima che ho scritto era su Zio Paperone con i Bassotti, che sono anche loro fra i miei personaggi preferiti…

T: Confrontando le storie di una volta con le storie di oggi, troviamo sicuramente delle differenze abissali, anche perché le storie Disney sono sempre state figlie del loro tempo e quindi gli argomenti trattati sono stati diversi. Si nota così tanto questa differenza? Le storie di quale periodo preferisci?
AF: Sai, noi forse pensiamo che le storie di adesso siano meno forti, meno incisive rispetto a quelle di un tempo. Però secondo me fra vent’anni ricorderemo le storie di adesso allo stesso modo. Le storie di Gottfredson e Bill Walsh erano meravigliose: adesso ti direi che quelle sono le mie preferite.

T: E poi fra vent’anni: “Ti ricordi le storie di Andrea Ferraris…”
AF: Speriamo che qualcuno lo dica (ride)… Però una storia disegnata da Cavazzano e scritta da Tito Faraci potrà senz’altro aver lasciato un segno, anzi secondo me sicuramente. E’ che noi magari ci siamo dentro e non ce ne rendiamo conto. “Topolino Noir“, quella raccolta di storie di Tito Faraci, è una serie di storie una più bella dell’altra. Bisogna ammettere che era al massimo lì.

L’esilarante storia dei Due Mariachi.

T: Con quale altro autore ti sei trovato meglio?
AF: Per quel che mi riguarda sono diversi.
Per esempio le storie che scrive Carlo Panaro sono sempre ben scritte, funzionano dall’inizio alla fine, non ci sono mai tempi morti, buchi strani. Pur avendo una scrittura che potrebbe sembrare poco appariscente è secondo me un ottimo professionista. Anzi, direi bravo.
Anche con Sarda io mi sono sempre trovato molto bene. Con loro due io non ho mai avuto problemi.
Poi devo dire che con Alberto Savini mi trovo bene: per esempio “I Due Mariachi” sono stati un successo. Però non è un autore facile, perché la sua costruzione della gag costringe il disegnatore a una fatica, mentre invece con Panaro e con Sarda questa cosa non esiste: è un tipo di racconto più lineare. Sono due modi di scrivere diversi: Alberto per uno che disegna è uno sceneggiatore difficile.

T: Qual è la storia preferita tua e quella di altri autori?
AF: Ce l’ho: quella di Alessandro Sisti e Massimo De Vita, quella in cui Topolino si ritrova nel futuro e Gambadilegno è diventato padrone della città. Una specie di “Ritorno al futuro“… “Topolino e lo strappo crono-spaziale“. Disegnata magnificamente ma anche la storia proprio bella…

L’incontro tra Topolino e Pippo in ‘Topolino e lo strappo crono-spaziale’.

La mia invece… Per esempio i primi Mariachi sono una delle storie che ricordo con piacere. A parte che ricordo questa prima pagina colorata in modo bruttissimo (ride)…

T: Non sono le prime critiche che sento per i colori…
AF: Sai non è facile. perché noi comprendiamo il nostro disegno, mentre non deve essere facilissimo da colorare.

T: In parte non può essere dato dal fatto che stanno cercando di conferire tridimensionalità ai colori anche nel fumetto di Topolino che non ne necessito, o anche su Zio Paperone… Ma ce lo vedi Barks con i colori tridimensionali?
AF: Conta che quando sono piatti secondo me devono cercare gli accostamenti più semplici possibili. A volte sono certi accostamenti che proprio…
Eppure io mi rendo conto che ci sono delle tavole che sono difficili da comprendere, per cui magari noi mettiamo in un angolo un comodino che compariva nella doppia precedente e non è facile capire nella vignetta seguente che è lo stesso. Alle volte la colorazione non aiuta a capire questi particolari, però non è un lavoro facile. Bisognerebbe che lo facessimo noi, capisci.

T: E ti ci vedi ogni volta a colorare la tua storia?
AF: A me piacerebbe. perché no?

Uno splendido esempio del tratto di Ferraris in bianco e nero.

T: Per la colorazione di Topolino non si affidano a un’agenzia esterna?
AF: E infatti, quindi gli daranno un pacco di roba. Questi qui ne dovranno smazzare un po’ tutti i giorni per poterne uscire fuori. Se un giorno c’è una storia più complessa di un’altra ecco che è chiaro che… Però in alcuni casi vedo che potrebbe dipendere dalla persona perché alcune sono belle.
Ora faranno una serie in bianco e nero (i “Giganti di Topolino“, N.d.R.): una serie di storie vecchie in b/n riproposte in edicola. Appunto quella di De Vita mi è venuta in mente perché io mi ricordo di aver guardato abbastanza velocemente questa lista di storie che dovranno uscire e ne ho viste 3 o 4 mie. C’era tra queste “Lo Strappo Cronospaziale” di De Vita, che secondo me è meravigliosa.

T: Ti ricordi la tua prima storia?
AF: Non posso dimenticarla. Era “Topolino e il quarto Beatles“. Ne parlavo con Massimo Marconi dopo che mi hanno dato questo premio (il Topolino d’Oro, n.d.r.). Gliela ricordavo e mi diceva: “Eh, mah… In fondo non era male neanche quella“. Io quando la guardo inorridisco. Però d’altronde ho dato il massimo, ed era quello in quel momento.
Ecco, per ritornare a quello che ti dicevo prima sulle scuole: adesso uno a quel livello non pubblicherebbe. Bisognerebbe essere più bravi. Per cui quelli che iniziano adesso sono molto più bravi di noi rispetto a quando abbiamo iniziato, noi abbiamo proprio imparato invece facendo, ecco.
Mi ricordo che all’epoca, questa storia uscì un anno dopo. In un anno io ero migliorato tantissimo. Quando uscì quasi mi vergognavo della storia. Poi in fondo non è così brutta.

T: è simpatica.
AF: Era difficile, però. Tu immagina la mia prima storia con le quattro caricature dei Beatles.

T: Non te l’eri cavata malissimo, alla fine erano molto disneyani.
AF: Per realizzarne una avevo copiato Camboni che è uguale a Ringo Starr. Lennon era più facile perché aveva il nasone. E gli altri due forse me l’ero cavata… Insomma, non mi ricordo ma ricordo di aver faticato parecchio: ho impiegato sei mesi a farlo… Per trenta pagine.

T: Mi ricordo che agli esordi avevi uno stile molto simile a quello di Freccero.
AF: All’inizio… Beh, Freccero mi ha un po’ aiutato: sia lui che Panarese per i paperi…

T: Anche Panarese…
AF: Sí, mi sono staccato dopo da loro. Ci siamo aiutati un po’ tutti, perché Freccero è stato il primo allievo di Carpi e ha dato una mano a Panarese, Panarese ha dato una mano a me subito dopo… Quindi diciamo che c’era un po’ di uniformità nella scuola genovese: passavamo tutti attraverso Carpi, poi in realtà ognuno ha preso la sua strada.

Una delle copertine realizzate per ‘Topolino’.

T: Panarese e Freccero sono rimasti molto aderenti ai loro stili, tu ti sei invece evoluto verso altre strade, diverse dalle loro.
AF: Sì, però puoi permetterti di guardare a dei modelli diversi quando raggiungi un briciolo di autonomia, all’inizio hai bisogno di essere molto aiutato. Sono difficili questi personaggi.

T: Come interagiscono fra loro uno sceneggiatore e un disegnatore?
AF: Non sarebbe male se si potesse lavorare insieme, ragionare su qualche spunto, qualche idea. Per esempio un disegnatore potrebbe dare una linea di massima su cosa gli piacerebbe disegnare e lo sceneggiatore di conseguenza partire con un’idea. Non sarebbe male.

T: Non capita che voi possiate scegliere le sceneggiature da disegnare?
AF: Una volta succedeva, invece ultimamente vado a Milano, consegno e ricevo una sceneggiatura già stabilita.

T: E non ti è mai capitato di telefonare a uno sceneggiatore per chiedergli dei chiarimenti?
AF: Sì, mi è successo. Anche per fare dei complimenti per una storia particolarmente riuscita. Sai, ormai li conosco quasi tutti, però diciamo che all’inizio anche solo per farsi sentire, per sapere quando la storia è uscita se è piaciuta, cosa ne pensa… è una cosa che ho sempre fatto.

T: Hai vinto il Topolone d’oro come miglior storia disegnata.
AF: Sí, “Topolino, Gamba e il furto di Natale“.

L’ambitissimo Topolone d’oro.

T: Te l’aspettavi?
AF: Beh, ero tra i cinque candidati… Poteva starci. C’erano anche Rigano e Campinoti, che sono due ottimi disegnatore. Però, sai, io ero anche il più anziano del gruppo e penso che questa cosa abbia influito sicuramente.

T: Ti saresti votato, quindi?
AF: Ma io mi sono votato (ride)… Mi sono votato e ho vinto per un voto… No, non è vero.

T: Beh, allora rigiriamo la domanda: chi avresti candidato al tuo posto?
AF: Al mio posto di disegnatore? A me piace moltissimo, tra i giovani, Stefano Turconi, che purtroppo lavora pochissimo per la Disney, perché ha mille altri progetti in mente.
Non è un caso che abbia mille altri progetti: è un talento. Io trovo che tra i giovani sia il più personale, il più dotato. Ha uno stile molto cartoon, molto divertente.

T: Hai dei progetti, Disney o extra Disney nel cassetto?
AF: Progetti Disney… No, no. Avrei intenzione di continuare a lavorare su Topolino… Anzi mi piacerebbe rimanere lì. Per me è la testata alla quale sono più affezionato, quindi sono onoratissimo di lavorare su Topolino.
Altre testate interessanti adesso non ne vedo tantissime: X-Mickey che a me piaceva ha chiuso anche lui. E comunque in ogni caso preferisco Topolino.
Extra-Disney invece un progetto con Sergio Badino c’è, al quale però stiamo ancora lavorando, ma non l’abbiamo fatto vedere ancora a nessun editore, quindi c’è anche un po’ di scaramanzia…
Ho un’altra cosa in ballo con un ragazzo di Imperia che fa il soggetto: è la storia di un ciclista degli anni ’20 italiano, famoso, non ti dico altro.

Ci credo che il fumetto e’ in crisi: Paperino non legge il Papersera!!

T: C’è una crisi nel mercato fumettistico italiano. Quali sono i problemi legati a questa crisi, visti dagli occhi di un “addetto ai lavori”? Si sente tanto in Disney, con le tante chiusure e aperture di testate che ci sono?
AF: Noi siamo in una “nicchia”, per cui questa crisi non è che la sentiamo tanto. Però in effetti io sono andato in Francia a Novembre, a Parigi e ho visto caterve di fumetti. Proprio un’enormità di materiale, nuove idee… Qui in Italia non c’è niente di tutto questo.
Secondo me è proprio un fatto culturale: manca la cultura di leggere il fumetto. Per dirti una sciocchezza: a Parigi, nella metropolitana, la pubblicità in favore degli animali era in mano ai disegnatori di fumetti: il cane di TinTin e il gatto di non so chi… Capito? Erano grosse immagini di autori di fumetti che quindi sono molto conosciuti e che pubblicizzavano l’aiuto agli animali domestici, ecco. Qui in Italia una cosa del genere è impensabile, non funzionerebbe.

T: In Disney ci sono dei problemi?
AF: Sembrerebbe di no, perché, come hai detto te, prima chiude una testata ma ne aprono altre 10… Probabilmente fanno dei tentativi per provare a vedere se c’è una cosa che possa andare proprio bene.

T: E la situazione attuale rispetto a quella di dieci anni fa?
AF: Non saprei dire. Quello che sento è che il mercato in generale in Italia è destinato a riaprirsi, perché comunque arrivano tantissime cose dalla Francia, no? Molti autori disneyani sono passati a lavorare per la Francia e molti di loro attraverso BD oppure Pavesio vengono pubblicati anche qui in Italia.
Speriamo ci sia ripresa e speriamo magari anche per testate non soltanto Disney e Bonelli, ecco.

Topolino e il cavaliere senza tempo: una delle prime ottime prove di Ferraris.

T: C’è in effetti in Italia questo “duopolio”…
AF: Sì, voglio dire: ci sono cose buonissime sia in Disney che in Bonelli però c’è solo quello. Invece per esempio io a Novembre a Parigi ho visto tantissime cose formidabili.

T: Si sente la mancanza di una rivista “contenitore”…
AF: Eh, però, ora ci ha provato Mezzavilla e ha già chiuso.
C’è anche da dire che forse i ragazzi di oggi si interessano di più ad altre cose. Hanno mille altre attrattive che non un fumetto. Bisogna riuscire ad accalappiarli con qualche storia veramente interessante. La ricetta però non c’è.

T: Perché in questo momento la “scuola genovese” è molto presente sulle pagine di Topolino? è frutto di una preferenza generale o semplicemente siete in tanti?
AF: Siamo in tanti. Però è vero che anche i Veneti sono parecchi.
Il problema secondo me è quello che dicevamo prima: come in tutte le cose i genovesi sono gli ultimi a muoversi, e allora gli altri sono già partiti tutti per la Francia, noi invece siamo rimasti attaccati a questo carro, per il quale in fondo lavoriamo con piacere, e iniziamo a muoverci soltanto adesso. Quando gli altri tornano, noi partiamo per la battaglia (ride).
Però stiamo anche risolvendo un sacco di problemi, perché mi pare che da quelle parti la media si sia abbassata… Noi genovesi alla fine assicuriamo un buon prodotto.

T: Quali fumetti o autori non dovrebbero mai mancare nella libreria di un autore?
AF: Io tra gli italiani direi sicuramente Andrea Pazienza. è pochissimo conosciuto dai giovani, pochissimo. Tutti quelli che vengono a farmi vedere i disegni non sanno neanche chi era. E invece è stato il più gran disegnatore d’Italia. Per la Francia sicuramente Tintin e Jacques Tardi, mentre di americano mi piacciono cose più vecchie: mi piace Pogo oppure Arcibaldo e Petronilla. è disegnato proprio stupendamente: se lo guardi capisci da dove nasce la linea chiara e tutti gli epigoni della linea chiara.
Per gli eroi in calzamaglia invece non ho mai avuto passione. Li ho letti, ma non mi sono mai innamorato di un disegnatore particolare. Invece il fumetto franco-belga l’ho amato tantissimo. Anche magari in età più adulta.


Notizie Biografiche

Andrea Ferraris in un fotomontaggio dove pur essendo doriano è costretto a indossare la gloriosa divisa del Genoa.

Andrea Ferraris nasce a Genova il 3 settembre 1966. Inizia a lavorare come scenografo, ma nel 1987/88 frequenta i corsi di fumetto della scuola Nuova Eloisa di Bologna, dove frequenta le lezioni tenute da grandi maestri del fumetto italiano. Nel 1989 viene notato da Luigi Bernardi, che lo fa esporre alla manifestazione Treviso Comics, grazie alla quale conosce il concittadino Giovan Battista Carpi, che lo introduce agli ambienti disneyani, facendolo cosí unire a quel primo gruppo di artisti che sotto la guida di Carpi saranno l’embrione di quella che diverrà l’Accademia Disney.
La sua prima storia risale al 1993: “Topolino e il quarto Beatle” su Topolino 1976, testi di Bruno Sarda. Da allora la sua produzione è in costante ascesa, diventando uno dei disegnatori di punta della casa editrice. Nelle sue storie ha occasione di disegnare personaggi poco usati: Eli Squick, Doretta Doremí, Sgrizzo Papero… Ultimamente è stato protagonista di ben due “ritorni” sulla scena di Macchia Nera: “Topolino e il segreto della Pecora Bianca”, testi di Faraci, e “Topolino e il furto della perla rossa”, testi di Savini. Partecipa a PK e a X-Mickey, per il quale cura i disegni di gran parte della rubrica “Chiedilo a Pipwolf”. Al suo attivo ha anche due storie come autore completo. Nel 2005 vince il Topolino d’Oro come miglior disegnatore.

Autore dell'articolo: Tommaso Bonini