Paperino 431
Recensione in via eccezionale di questo bel numero che sembra confermare una stagione davvero interessante, seppur con qualche singhiozzo, per questo storico e spesso sacrificato mensile.
La struttura dell’indice è una specie di crescendo, partendo da Paperino & Gastone blogger al parco, un’inedita davvero pallida rispetto al resto del numero, sia per i testi (benché partoriti da un autore che ci ha abituati a ben altro!) che per i disegni estremamente fluidi di Antonello Dalena (un po’ eccessivamente, a parere di chi scrive), che mette in campo i due cugini in una sfida da “paperi tecnologici” (testuale) che non aggiunge molto a tanti confronti già visti.
Già superiore Zio Paperone e il mostro del filone, targata Manuela Marinato/Giorgio Pezzin e Massimo De Vita; storia piuttosto breve e dallo svolgimento canonico, quasi da manuale, che recupera però perfettamente nella gestione dei tempi anche grazie all’ineguagliabile espressività di un De Vita già perfetto (notate i “mostri”).
Non originalissima in alcuni passaggi (ma sì nello spunto) Paperino e l’eroico mestiere, con una conclusione assai veritiera e varie battute azzeccate (compresa la chiusura), che andrebbe forse diramata presso i nascenti organi di valutazione della didattica.
Ancora canonica e pienamente inscrivibile nel Michelini pezziniano Zio Paperone e le avveniristiche automa-automa, non perfettamente servita dai disegni ma comunque solida, anche se certi passaggi richiamano da vicino schemi già visti.
Ma a trascinare la già bendisposta attenzione del lettore provvede Paperino e il piazzista ostinato, un vero modello di storia breve partorito da Carlo Chendi all’apice della gloria, tanto semplice nello spunto quanto esilarante e pindarica nella realizzazione; né permette di riprender fiato
Paperino in: Chi di hobby ferisce, di hobby perisce, del miglior Giulio Chierchini autore completo, la cui forza non è minimamente intaccata dall’abuso di un certo espediente nel finale (bene però la coerenza mitologica Ercole-Deianira!); Paperino e Anacleto senza esclusione di colpi nella miglior tradizione ciminiana e, mutatis mutandis, barksiana.
Dulcis in fundo (che, ricordiamolo, significa “una persona soave nella tenuta”, ma tant’è), Zio Paperone e l’orribile ossessione è la migliore del numero. La mimesi, quasi simbiosi, fra i testi dei fratelli Barosso e i disegni di Giovan Battista Carpi partorisce quello che non si può esitare a definire un prodigioso tonico per l’umore, con delle trovate comiche che definire inattese e azzeccate è decisamente riduttivo. Dalle molteplici e accattivanti espressioni di Amelia, di volta in volta diabolica, perplessa, seccata e trionfante, a… Iamme, iamme, iamme iamme iaa… (leggere per gustare).
Peccato per la copertina, appuntamento saltato con le perle coppoliane in ossequio alla (gradita) iniziativa floreale, con tanto di (evitabile) guantino bianco.