Giorgio Cavazzano: Maestro, oltre il talento

21 OTT 2008

È una gioia e uno spettacolo osservare Giorgio Cavazzano mentre disegna. La matita, non un venerabile cimelio in legno e grafite da affilarsi con la lametta né un futuristico miracolo di ingegneria in materiali hi-tech, bensì un umilissimo ma funzionale portamine di plastica, acquista un’anima fra le sue dita.

Vola rapida sul foglio con grazia ed armonia, lasciando in pochi secondi una leggera traccia quasi indecifrabile: non linee di costruzione ma ovali, linee, movimenti; pochi tratti appena accennati ma già sufficienti a trasferire il dinamismo e le proporzioni dell’intera scena dalla mente del creatore al foglio su cui verrà disegnata. Noi, che ammiriamo estasiati la nascita della vignetta e della tavola, possiamo ancora solo intuire il risultato finale; ma è chiaro che l’artista, a quel punto, ha completato il lavoro di regia e già vede tutta la scena per intero, con ciascuno dei personaggi chiaramente al proprio posto.

Un espressivo Paperino.

Quando la matita ripassa sul foglio, e si tratta sempre della stessa mina morbida usata per lo schizzo preliminare in grigio chiaro, il segno è ora un nero deciso. La morbida punta di grafite, docile e gentile come un pennello, ripassa con sicurezza sullo schizzo, definendo i contorni con decisione e nitidezza. La gomma pane, usata come un tampone, visita di quando in quando la vignetta e scolorisce gentilmente i punti che tocca, leccandosi via la grafite in eccesso, e subito la matita ripassa, ridando intensità e contrasto ai contorni significativi. Il tutto a velocità fantastica. In quella mano fatata, la matita si muove sicura ed armoniosa, senza esitazioni.

In Giappone si evidenziano i paralleli fra l’arte della calligrafia e quella della spada: disegnare dei caratteri ideografici esteticamente bilanciati usando un lungo pennello, con l’inchiostro di china che non ammette ripensamenti o errori, richiede doti di concentrazione, controllo e maestria simili a quelle richieste per incrociare la katana con quella dell’avversario in un duello mortale in cui il primo attacco è letale e non esiste una seconda possibilità. Nel tratto di Cavazzano, così nitido, spontaneo e sicuro, sono per me evidenti queste stesse qualità. Le armonie di linee e curve e forme che egli disegna non nascono dal lavorìo di mille tentativi e cancellature e riaggiustamenti ma compaiono sul foglio di getto, senza esitazioni, spontanee e sicure di sé. La costruzione sottostante non è una linea guida da ripassare lentamente e accuratamente ma solo uno schema di riferimento, come la traccia di un tema. Non è una “brutta copia” che l’artista poi ripassa in “bella copia” pian pianino: è invece solo un’annotazione delle linee generali di ciò che Cavazzano intende dire. Cavazzano, sicuro e impavido, disegna direttamente in bella copia, di getto, e questo dà al suo tratto un’inconfondibile spontaneità e nobiltà. È un vero maestro, nel senso dei maestri di calligrafia e dei maestri di spada.

Spettacolare tavola da “Zio Paperone e il muschio del Moloch”.

Come è ben noto ai suoi numerosi estimatori, Cavazzano esordisce giovanissimo, a dodici anni come assistente di suo cugino Luciano Capitanio su lavori non disneyani e a quattordici come inchiostratore del grande Romano Scarpa. Sin da allora è dotato di uno straordinario talento, ma la sua buona stella lo protegge regalandogli anche una generosa dose di candida modestia; così, invece di montarsi la testa, affina umilmente le sue eccezionali doti naturali sottomettendosi a un paziente apprendistato. Dopo anni di ripassi a china giunge finalmente, ventenne, a disegnare la sua prima storia da solo per Topolino. Per un altro anno o due le sue storie ricalcano fedelmente gli stilemi di Scarpa, ma presto se ne affrancano: Cavazzano allora raggiunge la sua prima maturità artistica mentre, quasi per congiunzione astrale, illustra una lunga e fortunata serie di avventure scritte da un Rodolfo Cimino particolarmente ispirato. In quel periodo Cavazzano si dedica sia alle matite che alle chine e ci delizia con un segno nitidissimo e raffinato, “Bel Tratto Sottile”. I personaggi sono classicamente disneyani, ma gli ambienti e gli scenari tendono ad essere più realistici e dettagliati di quelli del canone Disney: si osservino ad esempio le evocative foreste di conifere e le stupende cascate di “Zio Paperone e il muschio del Moloch”.

Arrivato a questo splendido livello qualitativo, Cavazzano è già un fuoriclasse: le sue storie, insieme a quelle di Scarpa, De Vita e Gatto, sono graficamente fra le più belle che il Topolino ospita in quel periodo. Eppure, invece di sedersi sugli allori, Cavazzano giustamente continua a sperimentare, a guardarsi intorno, a confrontarsi con tanti altri fumetti non disneyani che ama ed ammira.

Il tratto sperimentale dei primi anni Settanta.

E fa bene: in proficuo sodalizio artistico con il brillante Giorgio Pezzin, Cavazzano riinventa se stesso e dà vita a numerose splendide serie di avventure comico-demenziali, fra le quali sono giustamente celebri quelle del duo Paperino-Paperoga, che gli danno notorietà al di fuori di casa Disney e, come effetto collaterale, lo fanno diventare uno dei primi autori di Topolino ad emergere dall’anonimato imposto dalla tradizione Disney.

Mi ha confidato recentemente che, passando davanti alla prestigiosa Accademia di Belle Arti di Venezia, che tanto volentieri avrebbe frequentato, guardava con rimpianto e un pizzico d’invidia gli studenti con le loro cartelline e tubi di disegni sotto il braccio e desiderava essere uno di loro. Eppure, senza forse rendersene conto all’epoca, la sua intelligenza indagatrice e la sua sensibilità di artista lo spingono spontaneamente a confrontarsi con il passato e il presente, a studiare cosa fanno gli altri autori, a sperimentare ed imparare nuovi modi per esprimersi disegnando, a sfidare se stesso e i propri limiti, nel più puro spirito della ricerca accademica. Cavazzano scopre inconsapevolmente da solo—e qui lo dico come docente universitario—quell’ideale di “ricerca”, in senso etimologico oltre che accademico, che tanti studenti di PhD inizialmente faticano a fare proprio, nonostante i loro professori facciano di tutto per ispirarli.

Il Topolino moderno di Anderville.

Non è questa la sede per ripercorrere una per una tutte le tappe della brillante carriera di Cavazzano. Vale però la pena di evidenziare come il ragazzo prodigio, benedetto dal destino sul piano del puro talento ricevuto, abbia sempre continuato a riinventarsi e rimettersi in gioco, anche quando vinceva e avrebbe potuto prendersela comoda, rimanendo sempre curioso, interessato e artisticamente vivo. È fra i più versatili autori del Topolino, ma la lista delle sue produzioni non disneyane, alcune ingiustamente semisconosciute, è sterminata. È senz’altro l’autore Disney che vanta, come la Settimana Enigmistica, il maggior numero di tentativi di imitazione; eppure continua a formare, incoraggiare ed aiutare i giovani esordienti, regalando loro i suoi segreti anziché custodendoli gelosamente come altri meno dotati forse farebbero. Ispira e motiva i nuovi sceneggiatori, per i quali l’apprezzamento e la stima di un professionista del suo calibro è il miglior incoraggiamento a proseguire e sviluppare la loro nascente carriera. Cavazzano è un grande, come d’altronde numerosi premi alla carriera riconoscono ufficialmente, e il suo successo non è che in parte frutto del suo inimitabile talento: molto è dovuto alla sua intraprendenza, al suo coraggio e alla sua generosità. Per questo se lo merita in pieno.
Buon compleanno, Giorgio!

Autore dell'articolo: Frank Stajano