Topolino 3039

19 FEB 2014
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Puntuale ogni anno, come la morte e le tasse, arriva il Festival di Sanremo: quale che sia la valenza artistica e culturale di questa manifestazione, resta comunque un evento che finirà per catalizzare in varie forme (spettatori, detrattori, curiosi,…) l’attenzione di milioni di italiani e una rivista come “Topolino” non può non occuparsene.

Però… però c’è modo e modo di occuparsene e questo è il modo sbagliato. Paperino, Paperica e il festival spiantato non si può nemmeno definirla come una storia, è più un’ammucchiata di personaggi parodiati e comparse, una sfilata disordinata di gag, una sequenza di “omaggi” al mondo dello spettacolo che però manca totalmente di un’intelaiatura che la possa tenere in piedi. L’inizio è da psico-dramma, con delle improvvise scene di isteria da parte dei personaggi che non si capisce da dove originino; l’idea di fondo su cui la Arrighini decide di costruire l’intreccio è assai labile e stiracchiata, il prosieguo è sulla stessa falsariga con Paperino e Paperica che non si comprende bene che ruolo abbiano (nessuno in effetti, se al loro posto ci fossero stati Gianni e Pinotto sarebbe stata la stessa cosa), il finale è quasi parodistico con la rivelazione del geniale ed elaborato (devono averlo studiato a lungo) piano dei Bassotti e cioè l’intenzione di rapire in diretta un sultano su un palco televisivo davanti a tutto il pubblico e a qualche milione di telespettatori!

Insomma, è chiaro che l’importante è essere sul pezzo e quindi una storia a tema andava fatta però, proprio perchè si mettono in copertina gli strilli sanremesi per richiamare più persone possibili, a queste persone forse si potrebbe offrire qualcosa di più di una parata di caricature dai nomi tutti uguali (papertizia, papertizio,…): hai visto mai che, leggendo qualcosa di bello, ci prendano gusto e si conquistino nuovi lettori?

Per fortuna l’acquirente del numero 3039 ha modo subito di addolcire la delusione con la nuova avventura di Fantomius ad opera di Marco Gervasio, Fantomius sulla neve. Abbandonate (definitivamente?) le atmosfere dark, le “strabilianti imprese” del ladro gentiluomo si velano sempre più di sophisticated comedy in stile “pantera rosa” e le analogie si notano sin dalle tavole di apertura, dove Picco Cupo sembra voler richiamare a tutti gli effetti la Cortina del primo film della serie.
Apprezzabile il leggero ritocco grafico, anticipato dallo stesso autore, che lo porta ad assomigliare in maniera ancora più decisa a Diabolik. La vicenda è bella e molto ben orchestrata, con un botta e risposta tra due menti sopraffine. Forse il ruolo di Paperot è leggermente più marginale (parlando esclusivamente di presenza fisica) di quel che ci si aspettasse, ma l’ultima vignetta ci anticipa un nuovo temibile avversario per il ladro gentiluomo!

Le restanti storie sono poco significative. Nigro e Ottavio Panaro producono una semplice riempitiva con Pippo e Gancio mentre Cirillo decide di condensare in poche pagine una delle grandi imprese finanziarie di Zio Paperone (peraltro su uno spunto di una storia passata), con il risultato che tutto avviene troppo di fretta. Anche il tentativo di ironizzare su cliché un po’ abusati (in questo caso le invenzioni di Archimede che hanno sempre un effetto collaterale), si perde in una vicenda che resta a metà tra la gag allungata e la storia di grande respiro.

La chiusura del numero è affidata a Tip e Tap e l’inseguimento ad alta quota. Non è chiaro se Pesce avesse intenti parodistici-demenziali o se quella di sostituire la caccia (o altra attività poco lecita e poco politically correct) con il “safari a maglia” (!?!) sia stata invece una scelta seria e ponderata. Comunque sia, il risultato è abbastanza noioso anche perché dallo svolgimento prevedibile. Chierchini alla bella età di 80 anni mostra qualche incertezza (Tip e Tap non sempre riusciti perfettamente, Reinhold nelle prime vignette in cui appare ha la faccia troppo da tipico cattivo di Chierchini, che infatti subito dopo la addolcisce un po’), ma il suo tratto vintage e inconfondibile, per i lettori di più vecchia data, resta una certezza.

Nei redazionali ovviamente spazio a Sanremo, ma anche alle curiosità sugli sport invernali e alla rubrica “fuori di… chip” che presenta sovente dei gadget interessanti.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"