Le interviste del Papersera – Tito Faraci

13 OTT 2005

Dalla prima storia di Faraci pubblicata su Topolino, come vedete farsi intervistare dal Papersera non è semplice!

Tito Faraci è uno dei più importanti autori Disney; è colui che ha saputo ridare linfa vitale a Topolino con progetti innovativi ed interessanti (Mickey Mouse Mistery Magazine e una lunga serie di storie poi convolate nel volume Topolino Noir edito nella serie Stile Libero della Einaudi: prima pubblicazione Disney per un pubblico adulto a riportare il nome dell’autore in copertina); ha contribuito al lancio di Pk, serie per la quale ha sceneggiato uno degli episodi più belli (Trauma).
Faraci, però, non esce con storie nuove dall’inizio del 2005 e non scrive avventure con Topolino protagonista dal 2003. Il Papersera l’ha intervistato per capire i motivi della sua assenza e ne è venuto fuori il ritratto un autore che ha lasciato il topo più famoso del mondo sia per altri impegni sia per paura di deludere il lettore e, prima di tutti, se stesso.
L’intervista che vi proponiamo si è svolta sabato 28 Maggio 2005 in occasione della fiera del fumetto di Reggio Emilia, dove, tra le altre cose, Tito Faraci ha ritirato il premio A.N.A.F.I. come “Miglior Soggettista”. Ci fa piacere sottolineare come al momento della consegna del premio, Faraci l’abbia dedicato alla memoria di Romano Scarpa: un grande anche in questo, e che gli vale un sincero grazie da parte nostra!!

Nella fotografia qui accanto, scattata da Marco Barlotti, appare una parte della sezione italiana dell’ I.N.D.U.C.K.S. mentre realizza l’intervista (davanti al bar della mostra di Reggio Emilia). Da sinistra a destra: Tito Faraci, Francesco Spreafico, Francesco Gerbaldo e Paolo Castagno.

Papersera: Iniziamo con qualche nota biografica…
Tito Faraci: Lavoro da quando ho vent’anni e, nei primi dieci anni dell’esperienza, ho fatto molteplici lavori: il giornalista musicale, ho collaborato con Francesco Salvi, ho scritto per la TV, per la radio, e ho dato vita a fumetti minori che non mi piace ricordare.
Ad un certo punto della mia vita, a circa trent’anni, sono approdato come redattore alla Epierre dove Gianni Bono mi ha spinto a scrivere una sceneggiatura Disney.

Da ‘Gambadilegno e la banda delle pupe’, la storia sceneggiata da Faraci ed usata su Topolino per commemorare la scomparsa del grande Romano Scarpa.

Ho presentato la prima storia, “Topolino e il campione terrestre” che Ezio Sisto, scommettendo su di me, accettò e fece disegnare da Massimo De Vita che rispettò la sceneggiatura.
L’inizio della mia avventura Disney fu grandioso: delle prime 5 storie con Topolino una venne disegnata da Massimo De Vita, una da Romano Scarpa (“Topolino e la banda delle Pupe“) e una da Giorgio Cavazzano (“La lunga notte del Commissario Manetta“).
Dopo un paio di giorni che Cavazzano ricevette la storia del Commissario Manetta mi chiamò alla Epierre: voleva conoscermi. Gli avevano consegnato la storia da disegnare e volle farmi i complimenti per lo stile utilizzato.
La telefonata fu l’inizio delle avventure che vennero poi pubblicate su Topolino Noir nel 2000, un momento irripetibile che a volte mi porta, oggi, ad avere timore a lavorare con un personaggio così complesso.
Nella mia carriera ho subito deciso di lavorare sui topi perché mi sembrava molto più stimolante e mi stupisce molto vedere un collega preferire scrivere di paperi: non capisco come si faccia a preferire Paperino a Topolino. Topolino è l’eroe in cui ci dobbiamo identificare dato che è un personaggio come noi, con paure e limitazioni pari a quelle degli uomini. E Topolino rimane in tutte le storie che ho scritto dopo, anche nel realistico.
Nel 1998 arrivarono Lupo Alberto e Diabolik, nel 1999 la Bonelli, e oggi continuo la collaborazione con Bonelli “Brad Barron” e il futuro è (spero) “Tex“.

P: Cosa provasti quando sei venuto a sapere dell’imminente uscita di un volume che aveva come autore il tuo nome, e non quello consueto di Disney?

Una vignetta di ‘Motore Azione’.

TF: Il momento di Topolino Noir è stato per me molto importante, e forse ce ne sarà tra breve una nuova edizione, mi ha sempre fatto molto piacere quando vengono riproposte le mie storie, mi piacerebbe in particolare rivedere “Motore, Azione!“, per il particolare stile della storia.

P: Hai scritto poche avventure coi paperi ma hai contribuito al successo di PK.
TF: Mi viene difficile considerare PK nell’universo dei Paperi. È stata un’esperienza importante sia dal punto di vista della libertà espressiva dell’epoca sia perché mi diede la possibilità di utilizzare il fumetto americano e le sue influenze: le mie storie sono una contaminazione grottesca tra Scarpa e Alan Moore. Non riesco ad arrivare a scrivere come a nessuno dei due ma questi autori sono i miei padri ideali che, forse, tra di loro non si conoscevano ma che sicuramente si sarebbero rispettati.
PK aveva una struttura di racconto molto vicino a quella del fumetto americano ed io, che cito spesso Moore come uno dei miei principali ispiratori, non posso non citare la storia più mooriana che abbia mai scritto: Trauma. Quella storia, in cui utilizzavamo addirittura il linguaggio dei fumetti in moduli flashback, che citava il fumetto degli anni 60 e rivela un po’ le origini di Paperinik. Molte cose che ho fatto in PK non le riesco più a scrivere: quello era un periodo vivo di immaginazione e di foga. In particolare di PK vorrei citare lo stesso “Trauma“, “Motore/Azione” e le Angus Tales, 4 storie scritte con una grandissima ispirazione in cui c’era il tentativo di mettere la comicità disneyana in un fumetto noir, lo spunto che ha portato a MMMM.

Notevole il regalo ricevuto da Topolino…

P: Che ricordi hai dell’esperienza con “Ridi Topolino“? A quanto ne sappiamo la testata era curata quasi interamente da te…
TF: Ridi Topolino è stata un’ottima testata, che forse non aveva un suo spazio editoriale, scritta quasi interamente da me e da Massimo Marconi, riusciva a prendere in giro tutti gli stilemi classici delle storie Disney. Credo che oggi ci sarebbe l’opportuno spazio editoriale per tentare di rilanciarla, tra l’altro mi si dice che la collezione completa non è di facile reperibilità, specialmente per i numeri con le parodie Disney (“Miseria e povertà“, “Manetta contro l’uomo lupo“, ecc. N.d.R.). C’era la possibilità di modificare l’andamento delle storie con la possibilità di far esplorare ai personaggi delle “zone d’ombra” delle loro personalità ancora poco conosciute.

P: Indimenticabile il tormentone dei nanetti di gesso…
TF: I nani di gesso mi hanno sempre fatto ridere: pensate che nella zona della provincia di Varese e di Pavia sono riuscito a vederne di Stanlio & Ollio insieme a Biancaneve… Fanno parte di tutto quel repertorio di oggetti orribili descritti nella storia “Sfida a Topolinia“, e non c’entrano nulla con il movimento per la liberazione dei nani di gesso, che ha avuto termine nel 1998.

Da una delle più significative avventure di PK: Trauma.

P: Grande ispirazione e grande libertà creativa hanno portato al successo di PK, ma perché la seconda e la terza serie di PK non hanno avuto successo? Cosa manca dei componenti che gli hanno dato la fortuna?
TF: Non lo so, comunque vedere un PK così mi ha portato ad accettare l’offerta di Bonelli per una miniserie. È meglio bruciare con un fuoco intenso potentissimo e lasciare un buon ricordo che farlo spegnere lentamente, lasciando un po’ di tristezza dietro. PK, come tutte le cose che nascono da grande energia e rinnovamento, questo fuoco ce l’ha avuto e ha bruciato sia tanti spunti che gli autori stessi, sino a spegnersi. Non ho vissuto la seconda stagione di PK perché ero preso da altre cose e mi sembra un po’ scorretto giudicarla.

P: Dopo PK è arrivato MM che fu un enorme successo per gli appassionati, molto meno dal punto di vista delle vendite. Perché?

Topolino ad Anderville.

TF: Devo dire la verità: MM è stato un po’ un Ken Parker della Disney nel senso che ha premiato solo gli autori che vi hanno lavorato. MM non vendeva molto, ma piaceva molto a chi lo comprava, anche per “colpa” del fatto che il protagonista fosse Topolino, personaggio che non viene mai capito abbastanza. MM, inoltre, aveva una struttura narrativa abbastanza complessa, e doveva mantenere, cosa molto difficile, il livello dato dal numero 0.
Ero in uno stato di grazia particolare quando scrissi “Anderville“, una classica storia sbagliata che poi viene bene, ma questo tipo di storie vengono bene una volta su cento perché è stata scritta facendo tutte le cose che non vanno fatte in un buon soggetto. La storia ha più inizi, sembra portare in un posto poi ti dirotta da un’altra parte, è completamente asimmetrica ma alla fine venne sceneggiata e disegnata con impeto e oggi, rileggendola, mi appassiona. È una avventura piena di amore per Topolino sia per il suo passato. Penso che sia la storia più “gottfredsoniana” della mia produzione. “Anderville” era il numero zero tanto che dal numero 1 è stata strutturata, ma come serie comunque si è sempre mantenuta su ottimi livelli. È stato un peccato che le vendite non siano andate bene e ma la ricordiamo tutti con grande affetto.

P: Nell’immaginario collettivo Topolino sembra ormai preda di una “antipatia irreversibile”. Non pensi che il personaggio possa essere aiutato da un punto di vista editoriale da una serie di ristampe delle storie di Gottfredson?
TF: Una ristampa di Floyd Gottfredson fruibile è doverosa, e dispiace che non esiste un rapporto del fumetto con i suoi classici, al netto di iniziative riconducibili a fiere e ristampe anastatiche. Nel campo della narrativa, ad esempio, se cerco un’edizione di “Guerra e Pace” non ho alcuna difficoltà a trovarla, mentre se cerco un’edizione di Flash Gordon non ho possibilità di trovarla facilmente. L’iniziativa di Repubblica, ad esempio, con i sui classici del fumetto, è molto importante, ma ancora non basta.
Tra l’altro questa mancanza non può nemmeno giustificarsi con le leggi di mercato: facendo un parallelo con il cinema, di un film, anche se visto al cinema, speso se ne compra il DVD da tenere in casa, e così dovrebbe essere anche per alcuni volumi di fumetti.

P: Su Topolino 2569 è uscito il seguito di “Storia e Gloria della Dinastia di Paperi”. Che pensi della storia e dell’idea di prendere una saga già esistente e di allargarla. Ti piacerebbe farlo?

‘Dalla parte sbagliata’ avventura ‘on the road’ con Topolino e Gambadilegno alleati.

TF: La storia è venuta bene sia come testi che come disegni. È una cosa che approvo. Ho sempre lavorato sui personaggi immaginando che le storie del passato per i personaggi fossero veramente avvenute. Ad esempio “Dalla parte sbagliata” nasce da una domanda che mi sono sempre posto: “Cosa può essere successo tra Topolino e Gambadilegno per aver generato tutto questo odio?
Questo tipo di operazioni sono interessanti quando non sono stucchevoli, quando non sono ripetitive. Deve esserci un’anima dentro e far riscoprire un’emozione antica, far vedere le cose da una nuova prospettiva. Non bisogna scrivere solo storie filologiche ma fredde e brutte per il pubblico. Queste avventure devono avere un loro valore intrinseco. Se una storia non è divertente, anche se citi con estremo rigore, non dai emozioni…
Guardare ai maestri del passato significa capire che hanno segnato la strada e ti insegnano a guardare avanti. Guardavo Scarpa per contestualizzare le sue storie di Topolino con l’universo immaginario che aveva intorno, lo stesso procedimento che adottava Scarpa con le strisce di Gottfredson. Topolino viveva in un universo di realismo e immaginario che comprendeva ciò che avveniva sia nel mondo reale che in quello del cinema, del fumetto e delle altre arti.
Questa lezione Scarpa l’aveva appresa e io faccio così altrimenti significherebbe tornare indietro e non aggiungere niente al già scritto.

P: Oggi le storie hanno una serie di “difetti” che le fanno sembrare scritte solamente per compiacere il marketing, pretende una serie di caratteristiche lontane da quello che i veri fan vorrebbero…

Rock Sassi e Manetta alle prese con un sospetto d’eccezione!

TF: Personalmente ho un atteggiamento sereno. Il Topolino di oggi ha fatto scelte degne che rispetto e condivido, ma in cui talvolta mi è difficile identificarmi, il mio stile non si adatta alle storie che oggi vengono pubblicate come probabilmente non si adatterebbero le storie di Scarpa per diversi motivi tra cui la lunghezza. Mi dispiace che sia così, ma non disapprovo le scelte. Quando trovo un compromesso, una chiave, per scrivere di Topolino lo faccio molto volentieri. Come ad esempio è successo con la storia delle origini di Rock Sassi (“L’ispettore Manetta in: Due piedipiatti in fuga” – Topolino 2537) in cui ho trovato una mediazione ottimale per quello che volevo fare e quello che la redazione richiede.

P: Le storie a strisce di Scarpa sembravano una novità che avrebbe potuto aver miglior fortuna. Tu hai mai pensato di scrivere avventure strutturate come quelle di Gottfredson?
TF: Le strisce mi piacciono ma andrebbero pubblicate come strisce. Se un quotidiano mi lasciasse fare una striscia ad ampio respiro lo farei e studierei i sistemi narrativi da utilizzare. L’importante è che non vengano fatte solo per una questione di formato perché se ad un disegnatore può ispirare molto, allo sceneggiatore non dice nulla.

P: Stanno lentamente tornando su Topolino le storie a puntate dopo circa 5 anni di assoluta mancanza. Mancanza che nessun lettore è riuscito a capire. Secondo te dove si possono ricercare i motivi di questa assenza?

Topolino in ‘L’ombra del drago’, una delle storie piu’ intense di Faraci, dove appare chiaro quanto abbia ancora da dire questo personaggio!

TF: Ho stima per la linea data dalla direzione editoriale a Topolino, mi sembra ben indirizzata, l’assenza delle storie a puntate è forse dovuta alla forte presenza per questa testata dei cosiddetti “lettori occasionali”, che potrebbero non riuscire a seguire il filo delle storie spezzettate in più parti. Una pubblicazione come Tex, ad esempio, non ha di questi problemi, in quanto la stragrande maggioranza dei suoi lettori è composta da lettori abituali, uno “zoccolo duro” che non ha problemi a seguire le storie divise in più fascicoli.
Attualmente c’è la pubblicazione delle puntate di “Paperina di Rivondosa“, la sto seguendo e mi sembra molto interessante.

P: In conclusione, quale potrebbe essere la tua ricetta per rivitalizzare il personaggio Topolino?
TF: Sicuramente non bisogna abbandonarlo. È un tesoro da riscoprire ravvivando la testata che si chiama come lui, contenitore perfetto per le sue storie. Bisogna riscoprire un Topolino scarpiano, gottfredsoniano, eroe della porta accanto, eliminare il personaggio per benino dimenticandoci le tante storie brutte che hanno portato ad un disinnamoramento del personaggio. La volontà c’è ma Topolino è molto difficile da utilizzare. È una scommessa che bisogna accettare e lo dico soprattutto agli autori nuovi, pieni di energia.

P: Chi sono questi autori nuovi, pieni d’energia?

Uno strepitoso Topolino alle prese con un ancora piu’ sorprendente Gambadilegno, dalla storia disegnata da Mastantuono ‘Topolino e il fiume del tempo’.

TF: Te ne cito tre: Casty sta lavorando molto bene; Savini ha avuto una seconda primavera e Bruno Enna mette la poesia e l’umanità nel personaggio. Sicuramente ne sto dimenticando qualcuno e di questo mi scuso.

P: E Faraci?
TF: Mi piacerebbe tornare a lavorare con Topolino ma questo dipende soprattutto dalla mia disponibilità visto che sono preso da molti impegni. E poi c’è la paura di non riuscire a ripetersi nel tempo. Mi viene voglia di lasciare le cose con un bel ricordo e basta. Per paura vera, eh! Ho bruciato moltissime energie in quelle storie, alcune le ho scritte in un giorno. Oggi sono forse più tecnico però non ho più l’impeto e l’energia di un tempo.

P: Come vivi il distacco dalla realizzazione di storie Disney che ormai, per noi fan, sta diventando troppo lungo?
TF: Ogni tanto, diciamo una volta l’anno, ho bisogno di parlare con Luca Boschi per controllare che il pubblico si ricordi ancora di me: una sorta di panico da “dimenticamento”: se va tutto bene riesco a riposare tranquillo!


Notizie Biografiche

Tito Faraci è nato a Sant’Antonio Ticino, vicino a Gallarate (nella provincia di Varese) il 23 Maggio 1965. Ha iniziato come giornalista per fanzines musicali, per poi approdare alla Epierre, dove, dietro suggerimento di Gianni Bono, ha iniziato a proporre alcune sue sceneggiature in Disney, che furono subito accettate con entusiasmo: la sua prima storia è stata disegnata da Massimo de Vita, la terza da Cavazzano: non male per un autore esordiente!!
Oltre alla realizzazione di storie Disney, Faraci ha anche scritto per molti altri fumetti italiani di successo: Tex, Diabolik, Lupo Alberto (del quale ha anche seguito la produzione dei cartoni animati), Dylan Dog, Martin Mystére, Nick Raider, Cico, Magico Vento, Arthur King; insieme a Cavazzano ha prodotto nel 2003 “Il segreto del vetro”, primo numero realizzato interamente in Italia de “L’Uomo Ragno” ed ambientato a Venezia. Le sue due ultime realizzazioni (al momento) sono la miniserie fantascientifica Brad Barron per la Bonelli Editore e “L’ultima battaglia”, una graphic novel disegnata da Dan Brereton e pubblicata dalla Buena Vista Lab (un marchio della Disney Publishing Italia).

Autore dell'articolo: Paolo Castagno

Sono appassionato lettore e collezionista di fumetti Disney sin da quando ho imparato a... guardare le figure. Il Papersera - sia il sito sia l'associazione - sono per me motivo d'orgoglio!