Le interviste del Papersera – Valentina de Poli

23 DIC 2008

Valentina de Poli alla presentazione del ‘nuovo corso’ di Topolino.

In occasione del primo anno dal restyling di Topolino, e con la scusa degli auguri delle feste natalizie, il Papersera ospita con orgoglio un’intervista alla direttrice di Topolino: Valentina de Poli, che è riuscita a trovare un po’ di tempo da dedicarci nonostante i suoi impegni.
All’interno dell’intervista scoprirete come il nostro settimanale preferito sia diretto da una vera appassionata di fumetti a 360 gradi, che sta iniziando a lasciare la sua impronta sul settimanale e che promette di continuare a migliorare la qualità delle storie, non perdendo d‘occhio il patrimonio di storie “classiche”. E c’è anche una succosa anticipazione su una prossima iniziativa! Buona lettura, e grazie ancora a Valentina per la pazienza e l’amicizia dimostrata.

Paolo: Vuoi presentarti ai lettori del Papersera che ti conoscono “solo” come direttrice di Topolino?
Valentina de Poli: Ho quarant’anni, sono giornalista dal 1992, ho frequentato il liceo scientifico a Milano e il Dams a Bologna. Il mio primo lavoro vero: insegnante di nuoto. Il mio primo vero colloquio di lavoro, seduta davanti a una scrivania: nel 1987 con Elisa Penna, avevo 19 anni.
Per uscire dalla sfera professionale, ti racconto di me descrivendoti le cose che mi circondano in questo momento. Mentre scrivo sono a casa. Il dvd più consumato: Big Lebowski dei fratelli Choen. Nell’i-pod, la più ascoltata: In between days dei Cure. Il libro che sto leggendo: Il contagio di Walter Siti. I due fumetti sul comodino: la nuova raccolta New York di Will Eisner e Tre Ombre di Pedrosa. Sono abbonata a: Vanity Fair e Internazionale. Oggi ho appeso un quadro in soggiorno: si tratta di Paperino in versione Uomo di Vitruvio di Leonardo, realizzato da un artista berlinese.
Ah, ho un sottotetto completamente stipato di scarpe di tutti i tipi… Fa un po’ Sex and the City ma è la verità!

P: A che età hai iniziato a leggere Topolino? Leggevi anche altri fumetti?
VdP: Avevo 6 anni e posso proprio dire di aver imparato a leggere con Topolino anche se a quel tempo non entrava ancora con regolarità a casa mia. La vera fonte si trovava a casa dei miei zii di Affori: avevano tutti tutti tutti i numeri del Topo (ancora oggi i loro nipoti sono abbonati) e quando ero loro ospite mi dedicavo a vere e proprie full-immersion. I miei genitori mi compravano anche Il Corriere dei Piccoli e quando ho cominciato a frequentare l´oratorio si è aggiunto il Giornalino.

Il volume di Asterix.

Ero sempre alle elementari quando altri zii (accidenti, mi rendo conto solo adesso che la mia passione per i fumetti è una vera questione famigliare!) mi regalarono il mio primo fumetto cartonato: Asterix e il regno degli dei. La raccolta completa di Asterix mi ha seguito in tutti i traslochi della mia vita… Più grandicella sono passata a: Corriere dei ragazzi, Corrier Boy, Alan Ford, Lupo Alberto. Poi è arrivato il grande amore a fumetti: Corto Maltese. Passioni post-adolescenziali: Dylan Dog, Martin Mystére, Nathan Never. Mi piace l‘Uomo Ragno, ma non amo i supereroi. Passioni recenti: Strangers in Paradise, La Storia dei Tre Adolf, i reportage a fumetti di Guy Delisle.
Leggere fumetti è un fatto estremamente naturale, fa parte di me. Non posso immaginare il mondo senza il fumetto.

P: Come sei arrivata in Disney e a Topolino in particolare?
VdP: Era il 1987, studiavo e insegnavo nuoto ma di soldini nelle tasche ne entravano proprio pochini. In Mondadori cercavano ragazze giovani per rispondere alle famose ‘letterine’ (non c‘era internet, e le testate ricevevano tonnellate di posta da lettori di tutte le età che non doveva rimanere inevasa, questo è un insegnamento che si rivelerà fondamentale per la mia formazione nel mondo dei giornali!) e poteva essere un buon modo per arrotondare; grazie a una cugina di mia mamma (ehm, comincia a sembrare Dinasty…) che già collaborava con alcune testate come esperto medico mi sono messa in contatto con la redazione di Topolino in Mondadori. In verità covavo la speranza che mi venissero assegnate le letterine di Dolly, settimanale per adolescenti di grande successo, edito da Mondadori… E, invece, tornai a casa con un pacchettino di lettere per il Giornale di Poochie e quelle del famoso mercatino di Topolino ‘Cambi & Scambi’. Del colloquio con Elisa (Penna) non ricordo nulla, solo l’emozione dei giorni precedenti: ehi, stavo andando nella redazione del giornale di cui conoscevo da anni il colophon a memoria e di cui mi ero costruita tutta una sceneggiatura personale sui suoi componenti. Quando mi sono trovata nel mitico palazzo di Segrate, con un pass pinzato alla maglietta da ‘paninara’ sfigata, ho preso due ascensori, mi sono seduta accanto all’enorme quantità di giornali, carta, diapositive, fogli e tavole accatastate sopra e sotto la scrivania del vice direttore… poi il black out dei ricordi.
Però sono uscita dal cancello della Mondadori con il famoso pacchettino e una bella sensazione. Da lì a un mese Topolino sarebbe passato da Mondadori a Disney Italia…

Il Topolino che ha segnato il passaggio da Mondadori a Disney Italia.

Ricordate la campagna martellante al ritmo di: ‘È lui o non è lui? Certo che è lui più Topolino che mai!’? Ha segnato una svolta per il Topo e per la mia vita. Infatti dopo qualche settimana, ecco squillare il telefono: era Elisa, dai nuovi uffici di via Hoepli che mi chiedeva di fare un colloquio per un posto da assistente della segretaria di redazione. L’incontro andò bene (i primi giorni al lavoro un po’ meno: non sapevo davvero dove mettere le mani, o meglio… le mettevo nei posti sbagliati, in pieno stile Paperoga) e a poco a poco ho cominciato a gestire la posta, a occuparmi dell’archivio, delle agenzie fotografiche e, soprattutto, a osservare e ascoltare tutto ciò che capitava intorno a me. E se pensi che condividevo — a dir la verità, più che di condivisione si trattava di un’invasione — la scrivania con Massimo Marconi, be’, puoi immaginare: ne ho sentite e viste proprio delle belle… E, come avrai capito, parlo proprio di storie.
Nei primi cinque anni ho avuto tutto: una guida severa e amorevole al tempo stesso che mi ha trasformato in un vero ‘animale’ da redazione, Elisa; un direttore solidissimo e rassicurante che ha sempre mostrato di avere una grande fiducia in me (perfino quando dovevo occuparmi delle fatture!), il mitico e irripetibile Gaudenzio Capelli, e poi Massimo del quale potrei parlare per mille giorni, ma poi ci commuoviamo. Grazie a lui ho conosciuto tutti gli autori che venivano a raccontare idee e soggetti, ma anche confidarsi, o a consegnare le tavole. Io non mi sono persa una parola (e quelle di Massimo, si sa sono tantissime!). Dico solo che dal 1° aprile 2007, data del mio re-insediamento a Topolino come direttore, quando mi accorgo che sto facendo qualcosa di buono mi rendo conto che l’ho imparato da lui.

La copertina di uno dei primi numero di PKNA.

Nel 1994 l’anno della scelta: Topolino o le neo-testate femminili e prescolari di Elisa, Minni, Cip & Ciop, Winnie? Ho voluto fortemente rimanere al Topo, suscitando un po’ di risentimento da parte di Elisa, ma non mi sono mai pentita della scelta. Ed è stata la mia prima decisione per la vita, vera e difficile.
Dopo aver fieramente fatto parte del mitico Pkteam guidato da Ezio Sisto, nel 1998, da caposervizio, ho lasciato Topolino che allora era sotto la direzione di Paolo Cavaglione grazie al quale ho capito fino in fondo che lavorare per Topolino era un fatto importante e non significava essere giornalisti di serie B e che il nostro settimanale aveva un ruolo importantissimo nel panorama culturale italiano. In Grunher und Jahr/Mondadori sono rimasta tre anni da caporedattore e poi vice direttore. Nel 2001 sono tornata in Disney come direttore di W.i.t.c.h., dei giornali prescolari e degli specializzati. Da quel momento mi sono trovata a vivere un’esperienza totalmente nuova, calata in una dimensione internazionale, in una company profondamente mutata, dove il legame con la sede Usa si era fatto più importante, e dove la divisione Publishing aveva una grande e ambiziosa missione: far diventare Milano il polo creativo di magazine per ragazzi, a fumetti e non, più importante del mondo. Con W.i.t.c.h. e Art Attack è stato fatto un grande lavoro. Mi è spiaciuto non poter continuare la divertentissima esperienza di Disney in Cucina: in quegli anni mi mancava molto poter lavorare con gli Standard Character e il giornale di ricette era un modo per poterli ‘frequentare’ da vicino, almeno una volta al mese!

P: Che effetto ti fa essere il direttore del più importante e storico fumetto per ragazzi italiano?

Le cinque W.I.T.C.H.

VdP: Topolino fa parte di me da quando sono nata. Hai presente quando senti di far parte di qualcosa? La vivi come se fosse la cosa più naturale del mondo e non stai a farti calcoli o progetti. La mia fortuna vera è di essere cresciuta professionalmente, passo dopo passo, nell’ambiente che faceva per me e a cui sentivo di appartenere. È quello che auguro sempre ai miei lettori: di riconoscere la loro strada e di fare di tutto per rimanere in pista, di farla diventare un percorso dove ogni passo significa qualcosa. Ecco, sto parlando dei lettori: quello che sento come direttore di Topolino è di avere una grande responsabilità, doppia. Nei confronti dei ragazzi e nei confronti del mondo del fumetto.
E comunque, per me, essere direttore di Topolino è prima di tutto un onore.
Lo dichiaro in ogni occasione istituzionale: credo nel fumetto in quanto medium straordinario, capace di comunicare tutto e a tutti. Comunica ed emoziona. E quando hai la possibilità di farlo con i personaggi più straordinari nati da un genio come Walt Disney, be’… o scappi o te la vivi fino in fondo riconoscendo che hai a che fare con un’opportunità unica, che ha e dà un senso, professionalmente parlando. Ma anche umanamente.

P: Ora come ora non credi ci sia un vuoto editoriale nel mercato del fumetto per ragazzi? Riviste generaliste come Il Corriere dei Piccoli/dei Ragazzi, o anche il Giornalino (divenuto l’ombra di sè stesso) da noi non hanno più spazio, a differenza del mercato francofono, ancora ampiamente ricettivo per un certo tipo di pubblicazioni. Forse da noi si è puntato di più (troppo?) sulla fascia pre scolare a danno di quella destinata ai giovani / giovani adulti?
VdP: Ho sempre invidiato i colleghi che lavorano nel mercato francese perché, grazie alla cultura del fumetto che si respira dalle loro parti, non hanno paura di sperimentare, mischiare, contaminare. Maneggiano, anzi mangiano, fumetto come fosse pastasciutta in Italia e di certo non è sempre pasta al pomodoro, piuttosto preparano i palati dei giovanissimi a non accontentarsi, a pretendere. Forse in Italia cadiamo nel vizio di diventare troppo ‘istituzionali’ nelle cose che facciamo e quindi, rischiamo di chiuderci sulle nostre esperienze privandoci di evolvere e di continuare a saper parlare al grande pubblico…

La copertina del Topolino che ha segnato l’inizio del nuovo corso.

Da questo punto di vista comunicare attraverso i giornali prescolari è più facile, ti fa sentire in una botte di ferro. Vai da A a B, il percorso è sempre lo stesso, universale e sicuro. Con il grande pubblico e i ragazzi più giovani è una sfida (ma anche una soddisfazione!) diversa. Sai qual è la cosa che mi ha fatto più male durante i primi incontri, anche casuali – di quelli tipo viaggio in treno, per intenderci – da neo direttore di Topolino? Sentirsi replicare cose tipo “Ah, perché… Topolino esiste ancora?”. Qualcuno avrebbe potuto reagire con rassegnati sospiri (ah, la rassegnazione che brutta bestia!). A me veniva solo voglia di dargli un menhir in testa…

P: A un anno dal restyling di Topolino che bilancio ne fai?
VdP: Un bilancio più che buono, non nascondendo difficoltà, compromessi e il faccia a faccia settimanale con un mercato che non è proprio favorevole. È passato un anno ma mi sembra di averne vissuti almeno dieci. La più grande soddisfazione è il lavoro fatto con il gruppo, la redazione. Stiamo lavorando su un piano editoriale a lungo e breve termine in cui cerchiamo di considerare tutte ma proprio tutte le complessità e gli aspetti che compongono il mondo di Topolino. Che, come immaginerai, va ben oltre la pagine che compongono il giornale. Voi, e quindi parlo proprio agli amici del Papersera, vedete e ragionate solo su una parte di quello che è il mondo di Topolino. Da voi arrivano indicazioni costruttive, e comunque molti spunti di riflessione. E quando arrivano i complimenti dal Papersera valgono il doppio, perché la passione con cui seguite Topolino fa di voi un pubblico particolare. Però, proprio perché nel mondo di Topolino vi lasciate andare senza rete compiendo evoluzioni ed acrobazie, in momenti particolarmente faticosi e difficili, di fronte a certe elucubrazioni e dietrologie, è giusto che vi dica che mi verrebbe voglia di ‘postare’ qualche menhir anche per voi!

La grafica delle Topolinee ripresa dal sito di Topolino.

P: Le rubriche hanno avuto un deciso miglioramento, personalmente non riesco ancora ad apprezzarne la veste grafica, ma il contenuto è interessante e stimolante per i bambini, decisamente meglio dei servizi (e delle storie) dedicate ai cosiddetti VIP…
VdP: Proprio perché il mondo di Topolino è complesso, e la complessità e unicità è data soprattutto dal fatto che è un settimanale (implacabile nel calendario di produzione: vi siete mai chiesti perché a Sorrisi e Canzoni, giusto per fare un esempio, lavorano più di 60 persone?) e per di più a fumetti, è necessario creare un percorso di lettura che ti ‘trasporti’ metaforicamente nelle varie zone del giornale e che non tralasci le esigenze di tutti. Da qui la scelta delle fermate e delle Topolinee. Un percorso grafico poco invadente, che ti permette anche di non ‘scendere’ se la fermata non è di tuo gradimento. Veniamo alle dolenti noti (per voi) ma felici (per me) dei cosiddetti VIP.

La copertina dell’ultimo numero di Topolino con una cosiddetta ‘Storia-VIP’.

Uno degli obiettivi del mio primo anno da direttore era quello di tornare a far parlare del Topo tra la gente comune. I cosiddetti VIP sgranano ancora gli occhioni quando parli loro di Topolino (per loro è un punto d’onore far parte del nostro mondo, ci avresti mai creduto?) e la relazione con loro ci ha permesso di fare un lavoro di comunicazione strepitoso sui media, dalla tv ai quotidiani. Tra l’altro, nei panel di rilevamento settimanale sul gradimento delle storie che, grazie a un istituto di ricerca molto competente, riceviamo ogni settimana, si rileva che queste storie sono le più apprezzate dal nostro core-target (9-12 anni). E poi come si può evincere da uno degli ultimi numeri del Topo, una storia quando è bella è tale anche se ci sono Aldo, Giovanni e Giacomo.

P: L’editoriale che curi all’inizio di ogni fascicolo è una bella novità, un deciso passo avanti nell’“umanizzazione” dei rapporti con il lettore, specialmente se facciamo il confronto con quando negli editoriali si scriveva che in redazione c’erano Walt Disney, Topolino e Paperina a fare da segretaria… Come hai avuto l’idea? E hai avuto altri riscontri positivi?
VdP: I giornali funzionano grazie a un’alchimia e una relazione fatta di complicità e scambio tra chi li fa e i lettori e che, nel caso del settimanale, si ripete con una frequenza che spesso non riserviamo nemmeno ai nostri parenti più stretti. Quando scrivo che ogni settimana mi sento di entrare nelle case delle famiglie dei nostri lettori e di condividere con loro un pezzo di vita non è retorica. Il minimo che posso fare è trovare il modo di dire che io e la redazione ci siamo impegnati e che stiamo dando un pezzettino di noi ai lettori. Inoltre, nelle convulse giornate in redazione, tra duecento riunioni e quaranta appuntamenti, scrivere l’editoriale è un modo per tornare con i piedi per terra. L’entità fantasma a volte può essere recepita come una non-assunzione di responsabilità e io me le voglio prendere tutte.

P: Sei tu che valuti direttamente le sceneggiature e le assegni ai vari disegnatori? C’è la speranza che si recuperi qualcuno della “vecchia generazione” che ha ancora qualcosa da dire (mi viene in mente Pezzin, per dirne uno) sulla scia dell’ottima rentrée di Marconi?
VdP: La redazione fumetto ha delega completa nel rapporto con gli autori. Io intervengo direttamente nell’avvio dei progetti più grandi (sia che si tratti di una storia, sia di una serie o di qualcosa di sperimentale). Su questi lavori leggo anche soggetti e sceneggiature. Con la redazione fumetto ci incontriamo tutte le settimane per avere una panoramica completa sulla situazione degli artisti (chi sta facendo e che cosa) e lavorare sul famoso documento di programmazione a lunga e breve scadenza che vuol dire accorgersi di una data importante in tempo utile per ‘trattarla’ con il fumetto oppure stabilire un equilibrio tra le storie di un unico numero.
Per quanto riguarda gli autori, hai detto bene: chiunque abbia qualcosa di più che buono da dire è benvenuto. Io mi sono posta come obiettivo di produrre solo storie di qualità, ho alzato la posta in gioco, facendomi qualche nemico probabilmente. Ma, come ripeto spesso, non vedo perché Sergio Bonelli può permettersi di non accettare una storia brutta o mediocre e io no. Alcuni autori si sono tirati indietro da soli di fronte a una richiesta che non fosse solo ‘ho bisogno di storie’, ma diventata ‘ho bisogno di storie belle’. Credo che poter scegliere faccia parte delle facoltà di un direttore responsabile con un progetto concreto in mente. Chi, nell’aprile 2007, aveva nella testa l’immagine di Valentina con le calzette corte, i sandaletti e i codini dei suoi vent’anni (ci mancava che aggiungessero ‘…e anche un po’ scema’) be’, forse, non se l’aspettava.
Ma il mondo evolve, le persone anche. La non-evoluzione, la non accettazione dei propri limiti e le visioni ristrette della realtà (del tipo: vediamo un po’ cosa succede intorno al mio ombelico) sono quanto di più deleterio possa capitare in una società e, nel nostro caso, in un ambiente professionale. Personalmente sono molto fiera di poter nuovamente contare sul contributo solido, di cui il giornale non può fare a meno, di autori come Marconi, Mastantuono, Faraci…

Le prime storie di Paperinik sono state recentemente pubblicate su un volume a lui dedicato nella collana ‘Disney Comics’.

P: Attualmente rivesti la carica di direttrice di molte testate Disney: dalla longeva “I Classici” all’ultima nata “Disney Big”, l’elemento comune a tutte queste (salvo alcune eccezioni one-shot) è che la scelta delle storie sembra avvenire un po’ casualmente… Mi riferisco in particolare a “Disney Big”, che, data la sua foliazione, potrebbe essere un buon contenitore di storie unite da un unico filo conduttore, penso alle varie saghe che si sono succedute sulle pagine di Topolino: spesso sembrano esserci fatti dei lavori “a metà” tipo nell’ultimo numero dove c’erano 3 storie su 4 del giocattolaio…
VdP: Entri in un ambito delicatissimo, di sicuro non secondo a Topolino in quanto a complessità. Quella delle storie che… hanno fatto la storia di Topolino è una gestione complicata sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista organizzativo. Quando devi compilare i timoni di tanti mensili, degli one-shot, dei volumi realizzati solo per la grande distribuzione (quelli che escono come collana Disney Comics), del materiale utile per le syndication, il primo compito è di non cadere in sovrapposizioni e per far questo devi avere nella mente un piano a lunga scadenza e conoscere tutto lo storico recente e meno recente delle pubblicazioni Disney. Per riuscire a far quadrare tutto immaginati la gestioni di 40 timoni in un colpo solo. Roba che richiede l’intervento di un ingegnere del fumetto. E infatti…

P: Parliamo un po’ delle “dolenti note”? Spesso negli ultimi numeri si sono visti errori ortografici o logici (pinguini al polo nord…) che lasciano sospettare un basso livello di attenzione alla revisione delle sceneggiature. Possiamo considerare l’episodio della “N” mancante in copertina come il fondo del barile e utilizzarlo come punto di partenza per una rinnovata attenzione alla forma e ai contenuti?
VdP: Come dichiarato sopra: mi assumo tutte le responsabilità. Topolino si è sempre distinto come modello di correttezza e non stiamo onorando al meglio la tradizione. A nostra unica e parziale discolpa: il ritmo del settimanale è implacabile e con il famoso programma editoriale per tenere tutto sotto controllo a lunga e breve scadenza ho alzato la posta in gioco non solo per gli autori ma soprattutto per i ritmi di lavoro del team interno. Così sono sufficienti due influenze di troppo nello stesso momento e qualche riunione andata per le lunghe a compromettere il nostro sistema di controllo.

P: Nell’ultimo anno ci sono state molte belle storie, non te le cito per paura di dimenticarne qualcuna, che hanno portato un miglioramento del contenuto medio del Topolino, cosa manca secondo te per il salto di qualità definitivo?
VdP: Il mio Topolino ideale sarà a regime (se continuerò ad avere l’onore di dirigerlo) tra un paio di anni. Al momento stiamo lavorando sulla ricorrenza della storie sui personaggi più amati (Paperinik, Indiana Pipps, Paperino Paperotto, DoubleDuck, Wizards solo per citarne alcuni) in modo che non trascorrano periodi troppo lunghi senza vederli (lo so, lo so; Paperinik sul Topo manca anche a me!) e che si crei una specie di appuntamento ‘fisso’. Poi vorrei tentare finalmente di far partire un filone di storie nuove utilizzando bene e meglio i personaggi femminili. E poi il mio sogno nel cassetto: trovare il coraggio per riprendere personaggi come Atomino e Giuseppe Tubi, ma per far questo ho bisogno di preparare il campo con alcune iniziative che, credo, riguardino la domanda successiva.

P: Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera moria di testate: dal Mega a Minni, fino a Zio Paperone, forse la “vittima” più illustre. Al di là delle cause e delle scelte che hanno portato a questo, e considerando che anche l’iniziativa di Barks con il Corriere della Sera è oramai terminata, puoi anticiparci se c’è in cantiere qualcosa per gli appassionati? Io continuo a sperare in una ristampa integrale, cronologica, ragionata e commentata di Gottfredson, se mai ti servissero degli spunti…

Matite di Cavazzano per la storia di Novecento interpretata da un magnifico Pippo.

VdP: Durante l’anno non rimarrete delusi su alcun punto, ve lo prometto, a parte quello di Gottfredson per il quale vi dico subito che tutti noi vorremmo raggiungere l’ambizioso risultato di poter proporre la cronologia completa del grande Floyd ma la spropositata e dispersissima quantità di materiale prodotto dal maestro, volendo fare le cose come andrebbero fatte e cioè: perfette, rende il compito più che arduo. Ma tu non smettere di sperare!
A proposito delle altre iniziative, invece, come unica anticipazione ti posso dire che a metà gennaio in edicola apparirà una nuova collana curata dalla mitica Lidia e che vede Reginella protagonista del primo volume.

P: Per finire, ultimamente sul Papersera (qualcuno l’ha definito un covo di criticoni…) è stata accolta con sorpresa e dispiacere la mancata celebrazione “ufficiale” degli ottanta anni di Mickey Mouse (salvo la splendida storia di Faraci e Cavazzano), possiamo aspettarci qualcosa per i sessanta anni del Topolino Libretto?
VdP: Quel qualcuno sono io e preciso che quel ‘criticoni’ è un appellativo amichevole che vi dedico! Mickey Mouse mi sento di averlo celebrato ‘a modo nostro’ decidendo che, in questo primo anno di lavoro, con la redazione avremmo cominciato un gran lavoro su Topolino personaggio in tutte le sue straordinarie capacità interpretative. Non esiste che un giornale che si chiama Topolino non abbia almeno una storia a lui dedicata ogni settimana! Da questa riflessione sono nate la vera storia di Novecento, la mini saga di Marco Topo, la lunga serie della Rapina del Millennio, la storia di Tito e Giorgio che citi, un’intera mostra dedicata a Casablanca e La strada, la saga a inizio 2008 di Casty… Un gran lavoro che è stato il nostro modo di celebrare Mickey e che è solo agli inizi. Per i nostri sessant’anni, invece, si comincia a celebrare addirittura dal numero del 31 dicembre con un’iniziativa che partirà dal sito e che finirà alla grande a settembre 2009, passando per un numero speciale dedicato al ‘libretto’ nel numero del 1° aprile.

P: Domanda finale a bruciapelo: la tua storia Disney preferita?
VdP: Dedicato a voi, amici (criticoni) del Papersera, come se si trattasse del mio biglietto d’auguri per queste feste di Natale:
Del passato: Topolino e la banda dei piombatori di Gottfredson
Italiana di sempre: Topolino e la collana Chirikawa di Scarpa.

P: Perfetto! Grazie Valentina… e buon lavoro!
VdP: Grazie a voi!

Autore dell'articolo: Paolo Castagno

Sono appassionato lettore e collezionista di fumetti Disney sin da quando ho imparato a... guardare le figure. Il Papersera - sia il sito sia l'associazione - sono per me motivo d'orgoglio!