Intervista a Casty

24 DIC 2020

Casty, classe 1967, dal 2003 autore di Topolino. Oltre un centinaio di storie scritte, di cui alcune stabilmente nei primi 100 posti della classifica dell’Inducks. Quest’anno in particolare hai ricevuto dei bei riconoscimenti, come la raccolta Disney d’Autore in due volumi a te dedicata e il Premio ANAFI come miglior sceneggiatore italiano. Non hai potuto ritirarlo dal vivo: come è stata questa annata senza fiere, festival, senza l’incontro diretto con i lettori e gli addetti ai lavori?

Un po’… mesta, in verità: le fiere e gli eventi, ma anche i workshop sono una delle parti divertenti di questo lavoro. Mi piace un sacco disegnare dal vivo. E poi c’è questa bella possibilità di rivedere i colleghi e, soprattutto, di avere un incontro diretto con i lettori. Mi piace sentire cosa pensano delle mie storie, quali emozioni hanno suscitato.

Cominciamo subito con la storia uscita recentemente. Topolino e la logica astrologica è un’avventura urbana in cui si intrecciano i concetti di caso e predestinazione. Hai qualche aneddoto da raccontarci al riguardo?

È una commedia leggera e briosa, nulla di epocale di per sé ma che nelle mie intenzioni contribuisce a (ri)costruire un’immagine di Topolino simpatica e piacevole. Mi piace scrivere anche questo genere di avventure in cui, tra una “salvata del mondo” e l’altra, ritroviamo Mickey alle prese con questioni più quotidiane.

Parlando dei disegni, pensi di aver trovato ormai un tuo stile consolidato o lo “stile Casty” è ancora in evoluzione?

Personalmente mi auguro di progredire ancora: ma la tentazione di stabilizzarsi è forte, perché vedo che il mio stile è ugualmente gradito sia dai lettori più giovani che da quelli più vecchi, affezionati (come me d’altronde) a un certo tipo di disegno molto classico. L’unico modo per progredire è però disegnare veramente tanto, e sperimentare. E non sempre c’è questa possibilità: quando entri nel meccanismo produttivo di un certo livello non puoi permettertelo. Quindi… vedremo in futuro, magari stando meno sotto i riflettori posso provare qualcosa di nuovo.

Da Barks a Casty

Da Barks a Casty

Abbiamo visto che ti stai dedicando a tutta una serie di commission in questo periodo, in particolare è una novità il vederti alle prese con il cast(y) di Paperopoli. Come ti trovi a disegnare Paperino & Co.? Pensi che saresti in grado di disegnare una storia (non per forza tua), oppure ritieni di non essere abbastanza preparato per cimentarti professionalmente con i Paperi?

Fare delle pin-up, mettere i Paperi in posa per una composizione è un conto. Gestire un’intera storia in cui i personaggi recitano è assolutamente un’altra cosa. Ma proprio tutt’altra cosa: far recitare i personaggi è diverso dal saperli disegnare. Per imparare a gestire il cast di Topolinia ci ho messo due anni, tra il 2003 e il 2005, e se andate a rivedere le mie prime storie molti personaggi risultano “ingessati”. Quindi no, al momento non sarei in grado. Però mi piacerebbe moltissimo.

Da chi trai ispirazione nel disegno della famiglia paperopolese? E quale personaggio ti piace di più disegnare?

I Maestri dei Paperi sono talmente tanti che mi è impossibile sceglierne uno a cui ispirarmi: adoro Barks, ma anche Cavazzano, De Vita, Bottaro. Quindi… niente, cerco di farli un po’ a estro, prendendo a riferimento i model sheet standard. Della banda preferisco Zio Paperone, mentre trovo Qui, Quo e Qua molto difficili da fare.

Indipendentemente dalla tua volontà di farlo, ritieni che sceneggiare una storia con Paperino e parenti possa essere più semplice? Non credi che il personaggio possa avere più libertà di movimento (e meno limitazioni) dal momento che, a differenza di Topolino, non costituisce il simbolo della Company?

Sceneggiare i Paperi è oggettivamente più facile: hai un cast numeroso e variegato, con una serie di dinamiche e possibilità che Topolinia si sogna. Ma, come dico sempre, il mio personaggio preferito è Mickey.

Che però è ben lontano da Paperino & Co. nel gradimento dei lettori.

Sì, vero. Ma sapete cosa? Quando ho iniziato diciassette anni fa questa cosa mi rattristava e sognavo di poter cambiare questa situazione. In una maniera molto semplice, pensavo: facendo vivere a Topolino delle belle avventure, cercando di ridonargli simpatia, un bel modo di fare e di rapportarsi con gli amici. Ma adesso, dopo diciassette anni e oltre cento storie scritte, vedo che non è cambiato quasi niente nella percezione generale della gente, non c’è nulla da fare.

Il Topolino quotidiano di Casty

Il Topolino quotidiano di Casty

E quindi ok: pensi che Topolino sia “un infame, amico delle guardie”? Bene. Non mi interessa più. Non cercherò di farti cambiare idea. Io scrivo per me, per i bambini e per gli adulti che amano questo tipo di avventure: personaggi che sono amici, che si vogliono bene, che si aiutano e si uniscono per affrontare problemi, misteri e minacce molto più grandi di loro. Storie in cui l’amore e l’amicizia non vengono esplicati, ma traspirano dai personaggi. Non mi interessa rendere Mickey più “cool”, più giovane o metterlo in altri contesti. Topolino e i suoi amici mi piacciono così come sono.

Sulle sceneggiature, in particolare, hai spaziato in molti generi, dal (quasi) horror, alla commedia brillante, alle grandi avventure, la storia, la fiaba e la fantascienza, affezionandoti a tutti. Senti che ci possa essere ancora spazio per terreni inesplorati? Hai ancora voglia di sparigliare le carte in tavola?

Oh, sicuramente! E mi auguro in futuro di poter sperimentare un bel po’!

Pensi di collaborare nuovamente con altri autori in maniera “speciale”, come già felicemente accaduto con Faccini, Bonfatti o Pastrovicchio?

L’intenzione c’è, sicuramente. Mi piace un sacco lavorare in team, è un modo per sperimentare strade che altrimenti, da solo, non sarei in grado di percorrere. Prendi l’esempio di Darkenblot, nato da un’idea del Pastro: se il progetto è interessante ed è nelle mie corde diventa un piacere lavorarci. Ricordo che al tempo ci fu pure qualche iniziale perplessità intorno a questa cosa (“Old Style Casty che fa i robottoni?”), ma invece poi ne è venuta fuori addirittura una saga, ristampata con successo in tutto il mondo. Stessa cosa è successa per le storie realizzare col Bonfa. C’è quindi bisogno di stima e fiducia per poter realizzare questo genere di progetti: senza queste due cose non si parte proprio.

Qualcuno ha definito le tue storie mystery/thriller dei “perfetti meccanismi a orologeria” per come, pur dinanzi ai misteri più ingarbugliati, tutto alla fine torna e tutto viene spiegato con logica e razionalità. Penso ad esempio a Tutto questo accadde domani, sviluppata su più piani temporali e con un sacco di personaggi coinvolti. Quanto tempo ci metti a scrivere questo tipo di storie?

Tanto, tantissimo… troppo, forse! Nel senso che il compenso a tavola non varia, sia che tu scriva un rompicapo spazio-temporale o una storia in cui Pippo insegue Pluto e finiscono in una pozzanghera. È anche per questo che ogni tanto devo “rilassare” la mente con storie più leggere e meno complicate da scrivere.

Giornate decisamente… malfunzionanti!

Tra tutti i cambiamenti che hai maturato nella tua carriera fumettistica, soprattutto con Topolino, come credi che si sia evoluto negli anni lo stile dei tuoi dialoghi, comunque rimasti felicemente lontani dalla retorica facilona di certi film o fumetti? Da cosa credi siano stati influenzati (film, letture, serie TV…)?

Non ho modificato molto il mio modo di scrivere, dacché ho iniziato. Ho sempre pensato di dover dire più cose e concetti possibili usando meno parole possibili… e cercando di essere comprensibile anche dai più piccoli. Cimino era un genio in questo modo di scrivere e… oh, come amerei avere le doti di Cimino! Cerco sempre inoltre di impersonare mentalmente il personaggio che sta parlando: perché, ok, i fumetti devono far ridere, ma non tutti i personaggi sono dei fini umoristi.

Una volta il mio nipotino mi ha detto, dopo aver letto una mia storia, che ho uno “spirito di patata”, riferendosi a un paio di battute che faceva Topolino. Gli ho spiegato che no, è Topolino che ha lo “spirito di patata”, non io. E in effetti Mickey non è che sia mai stato particolarmente abile nelle battute spiritose. Però i suoi amici ne sono lo stesso divertiti perché lo sanno e gli vogliono bene.

Se sempre stato poco incline ai social, ma abbiamo visto che recentemente hai aperto un tuo profilo su Instagram che gestisci personalmente. Come ti trovi nel rapportarti direttamente ai lettori e cosa pensi della “vicinanza” che oggigiorno c’è tra lettori e autori?

Sì, anzi invito tutti a visitarla! Ci metto un sacco di curiosità e cose carine, alcune anche molto vecchie. L’idea mi è venuta durante il lockdown di marzo: fiere ed eventi venivano annullati e mi dispiaceva non poter interagire coi lettori… cosa che, come dicevo, è una delle piccole gioie di questo lavoro. Su Instagram ricevo in privato messaggi stupendi, alcuni veramente toccanti. A volte penso a cosa avrei provato io se da piccolo avessi potuto dire a Scarpa, Cimino o Cavazzano cosa sentivo leggendo le loro storie. Con Cimino in effetti ho potuto farlo, negli anni prima che ci lasciasse… a Cavazzano invece lo dico ogni volta che lo incontro. Evito i forum di fumetti e ogni tipo di polemica: non mi piace litigare, in special modo con chi si cela dietro dei nick.

Storie urbane: hai dimostrato di saper padroneggiare la commedia. Secondo te è giusto concentrarsi su questi temi o è un peccato “sprecare” Casty per storie “normali”? quando hai deciso di cominciare a insistere su questo filone?

Noto con piacere, e vi ringrazio, che le avete definite “normali” e non “minori”.

Quanto ti urta sentirle definire “minori”, da uno a dieci?

20. la maggior parte della mia produzione è di storie da 30 tavole circa, che è da sempre lo standard per la storia d’apertura o chiusura del settimanale. Quindi perché definirle “minori”? Alcune poi addirittura stazionano tra i primi posti dell’Inducks, vedi il Guazzabù. Altre si sono prese dei premi.

Le atmosfere horror di una classica storia

Le atmosfere horror di una classica storia “urbana” di Casty

La casa dei dipinti che fingono, Qualcosa nel buio, Il cappotto da 1 dollaro, giusto per citarne alcune, sono storie “urbane” a cui tengo tantissimo e che sono piaciute molto ai lettori. Quindi, sentirle definire “minori” solo perché non sono a puntate sì, mi dà un enorme fastidio. Per rispondere alla domanda, non è un “filone”, è la normale produzione. Poi, ok, alcune sono più leggere come La logica astrologica, altre invece hanno dietro un’intuizione e una costruzione complessa, come Le giornate malfunzionanti.

Topolino e il bacio spaziale, invece?

Ecco, quella è una storia minore. Sto ancora scontando ‘sto fatto di averla fatta, perché me la tirano fuori ogni volta che chiedo “Dimmi una storia brutta che ho scritto”.

In passato avevi abituato i tuoi lettori ad almeno un paio di storie cosiddette “kolossal” ogni anno. Ma negli ultimi due anni questo tipo di storie è divenuto sempre più raro, fino a scomparire. Cosa possiamo aspettarci per il 2021?

Vedremo, io ho sempre grande fiducia nel futuro.

Il “Topolin’ stupit’”, come facesti dire una volta a Cattivik, è un tuo marchio di fabbrica. E con esso lo è il “sense of wonder” delle tue storie. Molti grandi disegnatori ti hanno aiutato a metterlo in scena – Cavazzano e De Vita per primi – ma ormai è soprattutto di Casty. Partendo da questo, cos’altro pensi che porti la tua firma, che un autore esordiente ai disegni possa riconoscere e da cui possa voler trarre ispirazione?

L’unico consiglio che mi sento di dare è: cercate di essere non semplici disegnatori, bensì disegn-attori. Questi personaggi che manovriamo hanno un’anima e un carattere, sono diversi l’uno dall’altro. Talvolta mi si rimprovera di fare a Topolino più o meno la stessa espressione: ed è quasi vero, nel senso che volutamente io vario l’espressione di quel minimo che serva a corrispondere a ciò che sta dicendo o pensando in quel momento.

E questo perché Topolino non recita come… Christian De Sica. Mickey ha un modo di fare molto compassato. A me viene in mente Bill Murray, per fare un esempio. O Roger Moore, o Harrison Ford. Provate a osservare un gatto (uno vero, intendo): il gatto non ha mimica facciale, eppure da piccole variazioni nel suo sguardo, da piccole gestualità riesci a comprendere (quasi) perfettamente cosa vuole, come sta.

Vi sono invece personaggi che ho disegnato che hanno un carattere e di conseguenza un’espressività molto accentuati: vedi Charlando Tintorto in La casa dei dipinti che fingono, per citarne uno recente… oppure uno dei miei preferiti, Anton Rebeliot de La marea dei secoli.

Topolino come Harrison Ford

E, a proposito, confidaci: quanto Cattivik c’è ancora nel tuo umorismo? In qual personaggio pensi di riversare con più facilità quel tipo di carattere, intenzionalmente o meno?

Non c’è più nulla di Cattivik, credo. Trent’anni fa il target era molto diverso, si rideva in un’altra maniera e si potevano dire e scrivere… tante cose. Oggi c’è un altro tipo di sensibilità generale e questo si riflette sicuramente anche nel modo di fare umorismo. Dipende poi anche dall’età che hai: a vent’anni ridi del mondo assurdo che creano gli adulti. A cinquanta, dopo che queste assurdità ti hanno condizionato l’esistenza, non hai più molta voglia di riderci sopra.

Sulla scia del buon successo di Sir Topleton di Cabella e Mottura, recentemente sul settimanale, hai mai pensato di sceneggiare storie in costume, ambientate nel passato? Potrebbe essere una soluzione, secondo te, che permetta una maggiore libertà creativa per un autore, anche in relazione alle odierne restrizioni?

Non amo scrivere storie in costume. E nemmeno parodie, per quanto invece poi apprezzi leggerle. Non è nelle mie corde. So che in questo modo potrei evitare molti paletti ma, che ci vuoi fare, amo complicarmi le cose. E poi ho ancora tante storie da mettere su carta e quindi vorrei prima finire le idee, mie, che ho in testa.

Nelle tue storie urbane recenti, sembra quasi che il cast di Topolinia sia un po’ la tua famiglia, per quanto tieni a illustrarne le relazioni, a creare e risolvere piccoli problemi quotidiani, affettivi, etc. Anche Scarpa, del resto, negli anni tendeva a insistere su questa dimensione privata, di abbracci e collegialità, a volte un po’ mielosa magari. Ti ci ritrovi? Sei un po’ un sentimentalone anche tu?

Sì, qualcuno può addirittura definire “stucchevoli” questi rapporti. È il rischio che si corre quando si parla di amore e amicizia, e ne sono consapevole. È molto più cool dimostrarsi cinici e sarcastici, prendere in giro, fare umorismo acido. Personalmente questa cosa mi divertiva (un po’) quando ero giovane, ma oggi mi è divenuta quasi insopportabile. Perché nella vita, credetemi, si incontrano pochissime persone a cui valga la pena voler bene… e la mia idea è di farglielo capire, anzi di dirglielo proprio, ogni volta che è possibile. Perché poi arriva il giorno in cui queste persone non ci sono più e tu rimpiangerai sempre di non averglielo detto.

Archiviato Darkenblot, Macchia Nera sta attraversando forse la fase più enigmatica della sua carriera. Nessun altro autore oltre a te sembra essere interessato a servirsene. Pensi di rimettere mano al filone che lo voleva “evil mastermind”? Hai nuovi ruoli per lui? E per gli altri cattivi, vecchi o – ulp! – nuovi?

Macchia è uno dei miei cattivi preferiti e merita sicuramente storie di un certo spessore. Non intendo quindi riprenderlo solo per il gusto di farlo: è un personaggio che merita rispetto e abbisogna di trame che non lo sviliscano, ma che anzi lo esaltino. Stesso discorso per Doppioscherzo, altro villain che mi piacerebbe riprendere. Io resto dell’idea che un bel “cattivo”, ma che sia veramente cattivo, non può che far bene al Topolino che poi lo sconfigge. Ma è un’opinione personale, quindi prendila come tale.

Concludendo, cosa possiamo aspettarci da Casty per questo 2021 alle porte?

Sorprese.

Belle o brutte?

Vedremo. “Il futuro sempre in movimento è”.

Autore dell'articolo: Matteo Gumiero

Costretto a scrivere qualcosa in questo spazio, sono ingegnere, non amo scrivere ma in compenso mi piace leggere. Fumetti, soprattutto.

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.