Topolino Fuoriserie 6 – PK: I giorni di Pikappa

29 DIC 2021
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PKOFF

Fallimento. Basta una parola per definire la sciagurata operazione di PKOFF, sigla che mischia PK al codice Inducks che indica le storie pubblicate sulla testata Topolino Fuoriserie, contenitore di avventure inedite meno adatte per Topolino.

6 volumi, 4 disegnatori, 2 sceneggiatori, 3 copertinisti, svariati metodi di colorazione, 264 tavole, 25 mesi, varie periodicità e una pausa di quasi 5 mesi la dicono lunga sulla confusione che hanno impattato sulla produzione di questa serie.

L’ultimo numero, sceneggiato da Roberto Gagnor e Alessandro Sisti, è la fusione ideale di tutto il pasticcio produttivo. Diviso in due capitoli interni da 22 tavole, come al solito, mai così distanziati.

Il primo, in cui le didascalie retoriche sembrano opera di Gagnor, è più dinamico, con battaglie e scontri vari. Pikappa e i suoi amici escono dall’Obsidian e devono combattere, il tutto in maniera non particolarmente coinvolgente (esemplare il Razziatore che sbadiglia nella doppia splash page di combattimenti).

I PkCorps ricompaiono senza particolare enfasi, e tra Lyla ed Hellenoire c’è di nuovo diffidenza, nonostante non dovrebbero riconoscersi più a causa degli eventi di Ur-Evron. Poi la storia prende un’altra piega, per correre a spron battuto verso il catartico finale. Dai nomi di alcuni evroniani – Retkon e Darksaideovdemoon – riconosciamo invece l’impronta di Sisti.

Da qui in poi SPOILER.

Pikappa decide di usare i galaxy gate, ormai fastidiosi strumenti totalizzanti, per risolvere le cose. Con un viaggio indietro nel tempo torna all’origine del problema boicottando Tuiroon e generando il classico paradosso temporale. Da questo punto in poi la storia parte per la tangente e le ultime dieci tavole sono praticamente un flusso di coscienza metafumettistico. Da un lato abbiamo l’archiatra Zoster, direttamente da Ombre su Venere, che spazza via il pianeta dei galaxy gate dove gli evroniani depositano gli esperimenti falliti. Difficile non vedere un parallelismo con questa storia, una serie di albi zoppicanti e sconclusionati.

Il Razziatore ci ricorda la morale di questa tragedia durata due anni

Dall’altro abbiamo le ultime cinque tavole (ovvero oltre il 10% dell’albo), in cui Paperino cerca di convincere Uno e Lyla di come tutta la storia sia realmente esistita. Inoltre, i tre discettano dei modi, scientifici o meno, di come Uno possa essere presente e fluttuare in un altro tempo e spazio come accadeva in Danger Dome.

Quello era stato un punto parecchio dibattuto dai Pkers, diventando simbolo di come l’approccio a questa serie di Pikappa fosse stato troppo superficiale ed affrettato. Insomma, tavole di puro fan-service per il lettore, ma che nulla hanno a che fare con la storia in sé.

D’altronde Derrick, Tuiroon, Shikaar, Ur-Evron e la valanga di altri personaggi malamente presentati vengono spazzati via in un semplice balloon: «Per quanto ci riguarda, questa storia non è mai successa». Un vero spasso, insomma, se non si fossero spesi 59,40€ dietro vicende deliranti, piene zeppe di incomprensioni, falle logiche e lacune varie. Gli stessi personaggi nuovi restano pallide figurine che non vanno da nessuna parte e non ricevono alcuna attenzione.

I giorni di Pikappa, a partire dal nome completo che veniva usato per chiamare Paperinik nel mal riuscito reboot Pk – Pikappa, in qualche modo omaggia quella modesta serie, riuscendo però a realizzare un risultato perfino peggiore. L’ultimo numero dell’epoca – The End? – era un vero e proprio tiro al bersaglio contro tutti i personaggi, un gigantesco harakiri. Nel caso di PKOFF si raggiungono nuovi elevati livelli di caos e di modestia narrativa che, come un’onda, travolge tutto: lettori e personaggi.

A rimetterci è il povero Vitale Mangiatordi, abile disegnatore che realizza due avvincenti doppie splash page e interessante inquadrature, anche se in certi passaggi risulta un po’ affrettato, forse a causa di una ridotta tempistica. Ai colori sembra ci sia di nuovo Andrea Stracchi, ma anche in questo caso non c’è stato il tempo per ripetere le prodezze di Obsidian.

Finisce così questa tragica vicenda, in cui un certo pressappochismo ha messo in piedi una serie di storie farraginose, non coinvolgenti, lacunose e sostanzialmente inutili. La redazione, cercando di correre ai ripari, ha cambiato diversi pezzi (disegnatore, sceneggiatori, coloristi) ma il risultato non poteva che essere deludente. Spiace perché, a fronte di ben sei volumi, l’agonia poteva tranquillamente terminare un anno fa. Ma sarebbe inutile lamentarsi. Citiamo di nuovo il geniale Razziatore, che lapidario afferma: «Lascia perdere, l’importante è che sia finita».

Che si tratti di un invito ad agire da parte del lettore? Per fortuna questa serie ha completato il suo percorso

Autore dell'articolo: Amedeo Badini

Il fumetto è sempre stato una mia grande passione, sotto forma prima di un rassicurante Topolino a cadenza settimanale, per poi inoltrarsi nel terreno filologico-collezionistico. Questo aspetto critico mi ha permesso di apprezzare altri autori, da Alan Moore a Jeff Smith, e soprattutto di affinare la curiosità verso tutta la nona arte del fumetto. Disney è il mio primo campo, ma non disdegno sortite e passeggiate in territori vicini. Per il Papersera ho scritto più di 100 recensioni, oltre ad aver curato una parte degli articoli sulle testate disney del passato. Inoltre, ho realizzato il Don Rosa Compendium, un'analisi dettagliata di tutte le storie del grande autore del Kentucky. Scrivo di fumetto e di cinema anche per il settimanale Tempi, per Lo Spazio Bianco e per la Tana del Sollazzo.