Evroniani, una necrorecensione

16 GIU 2021

Nel 1996 Paperinik esiste già da ventisette anni. Oltre cinque lustri, nel corso dei quali ha cambiato volto diverse volte: è stato un vendicatore mascherato, un eroico avventuriero, un paladino dell’ecologismo. Ha affrontato e sconfitto Gastone, Zio Paperone, i Bassotti, Rockerduck, Spectrus, Inquinator. Nelle storie brasiliane fa stabilmente parte di un gruppo di supereroi comprendente Paper Bat, Super Pippo e Super Gilberto. Un pugno di addetti ai lavori ritiene però che l’alter ego supereroistico di Paperino creato da Guido Martina nel 1969 possieda ancora delle potenzialità non sfruttate.

Da un po’, sulle testate Disney italiane è in atto una piccola rivoluzione silenziosa. A partire dal 1994 Max Monteduro si sbizzarrisce con la grafica delle copertine di Topomistery e Paperinik e altri supereroi. Alberto Lavoradori, in un trittico di splendide storie sceneggiate da Rudy Salvagnini, porta un po’ di Hans Giger sulle pagine di Topolino. Sul mensile Minni & Company si sperimenta la pentacromia. Sotto la guida del Direttore Paolo Cavaglione e del responsabile area artistica Ezio Sisto, il mondo Disney si apre pian piano alle contaminazioni e accoglie in seno molti giovani artisti, gran parte dei quali formatisi nella prestigiosa Accademia diretta da Roberto Santillo.

Come scrisse Victor Hugo, «il Domani compie irresistibilmente la propria opera, e la comincia Oggi», per dire che il rinnovamento grafico e narrativo del personaggio creato da Martina nel lontano (oggi lontanissimo) 1969 è certamente nell’aria. Nella fucina di idee nota come “Progetto PK” vengono coinvolti subito i disegnatori Corrado Mastantuono, Stefano Intini e Alberto Lavoradori e lo sceneggiatore veterano Alessandro Sisti, che dovrebbe ricoprire il ruolo di headwriter della nuova serie.

Uno studio di Lavoradori per i nuovi nemici di Paperinik

Ispirandosi a Giger, al surrealismo organico di Kubin e ai “colori morti” di Oelze, Lavoradori crea gli Evoniani, nemici principali della serie; poco per volta nascono anche il genio Everett Ducklair e le intelligenze artificiali Uno, Due e Tre, la giornalista Clarissa e il teleoperatore Camera 9, il cronista d’assalto Angus Fangus, il Razziatore, il preistorico Urk, i mutanti Xadhoom, Guardia n. 246 ed Esperimento Abominio. Abbandonati la 313-X e gli stivaletti a molla, si assegnano a Paperinik una specie di bislunga “Pkmobile” e uno scudo ipertecnologico, una sorta di enorme e scomodo catafalco di metallo. In una prima fase gli Evoniani hanno dimensioni variabili (alcuni sono addirittura… tascabili!) ma aspetto identico fra loro e un colore tra il marroncino e il verde; Sisti cambierà loro nome in “Evroniani” e le loro proporzioni diverranno più uniformi.

Si definisce il mondo in cui Paperinik, rinominato “PK”, si troverà a vivere. Fioccano nel frattempo le tavole di prova, si studia una nuova disposizione delle vignette e Cavaglione ordina dei colori speciali dal Canada. Il formato della nuova testata sarà simile a quello degli spillati americani. Marco Ghiglione elabora tre versioni diverse della copertina del primo numero. Nasce la redazione di PKNA, comprendente nomi come Sisto stesso e Monteduro (responsabili del progetto editoriale), Simone Stenti (detto “Il Sommo”) nel ruolo di coordinatore del progetto, Valentina De Poli, Francesco Artibani, Claudio Sciarrone, Stefano Intini: una forma embrionale del successivo PK Team. Anni dopo, qualcuno definirà quelle del PK Team “delle specie di riunioni di condominio”: c’è grande fermento, fioccano idee, si definiscono mondi e personaggi.

Evroniani, il numero 0 della serie Paperinik New Adventures, vede la luce nel marzo 1996. Il soggetto è firmato a quattro mani da Ezio Sisto e Alessandro Sisti (il ruolo del collaboratore di Cavaglione nella definizione di personaggi, trama e atmosfere è innegabile), mentre la sceneggiatura è del solo Sisti; i disegni sono ovviamente di Alberto Lavoradori, demiurgo dei bellicosi abitanti di Evron. Lo spillato conta 84 pagine totali, misura quanto un fumetto americano, costa 3.300 lire. La copertina, disegnata da Ghiglione, continua nel retro e presenta qualche imprecisione prospettica ma forse proprio per questo risulta incredibilmente affascinante. Il titolo della storia sbuca da un finto strappo sul lato destro. I colori di Monteduro sono meravigliosi.

La fine di Xerba

Già come oggetto, nella propria materialità, Evroniani è qualcosa di mai visto prima. Alto quanto un comic book ma più spesso, con un fascino gotico e inquietante che rimanda forse alle pubblicazioni Image, con la propria estetica generosa e i materiali di eccezionale qualità, il numero 0 trascina il lettore Disney in un campo da gioco completamente diverso rispetto a ciò cui è abituato. Il contenuto non è da meno.

Introdotta da una breve prefazione che, più che spiegare, aggiunge ulteriore mistero al tutto, la prima avventura pikappica comincia con cinque tavole mute, esperimento rimasto un unicum nella serie e nel fumetto Disney in generale. Ci troviamo sul pianeta Xerba il giorno dell’invasione. Le architetture aliene ricordano certi scenari alla Moebius. È una notte chiara: uno sciame di astronavi dal becco di papero cala dal cielo. Gli Evroniani, ora di un deciso colore viola, sbarcano armi in pugno a bordo di avveniristici dischi individuali e sparano a tutto ciò che si muove.

Hanno corpi a triangolo rovesciato, speroni alle zampe simili ad alettoni, un simbolo celeste sul petto e inquietanti serbatoi alloggiati sulle spalle. Il loro design ricorda molto l’Alien di Giger, che Lavoradori ha già trasportato nell’universo Disney nella storia Paperino e la nube cosmica; la tecnologia organica pare rimandare invece al body horror di Cronenberg. Sono feroci e inarrestabili. Le strutture xerbiane vengono invase e fatte saltare in aria, il pianeta ormai deserto viene colonizzato; a pagina 5 un personaggio in penombra, che in futuro conosceremo come Xadhoom ma che per ora ha ancora l’aspetto della dottoressa Xado, grida il suo “Noooo” disperato. E la storia può cominciare.

Torniamo sulla Terra. Ci troviamo a Paperopoli, precisamente di fronte agli studi di 00 Channel dove vengono registrati gli episodi di una soap opera intitolata Patemi. La città dei paperi ripensata da Lavoradori è una metropoli oscura, dai muri sbrecciati, simile per certi versi alla Gotham City di Batman. L’attricetta Paperilla Starry decide di evitare i fan assatanati sbucando da un’uscita secondaria, senza sapere che ciò la esporrà a un’aggressione. Come prevedibile, la star della TV viene rapidamente raggiunta dal paladino della città: un perplesso Paperinik si ritrova così a fronteggiare due misteriosi individui dalla testa avvolta in una sorta di fiamma azzurrina e dotati di strani poteri.

Nella minacciosa Paperopoli di PK piove sempre, proprio come a Gotham City

Per la prima volta in ventisette anni di onorata carriera le armi realizzate da Archimede risultano inutili e i due aggressori si ritirano a bordo di un disco individuale evroniano solo perché impreparati ad affrontare imprevisti. Abbiamo qui un Paperinik ancora fallibile, dubbioso e impaurito: anche nell’aspetto Lavoradori lo caratterizza similmente alle sue avventure classiche, tondeggiante nelle forme e comicamente espressivo, quasi un elemento estraneo rispetto ai grattacieli longilinei e agli eleganti alieni viola che presto sarà chiamato a sconfiggere.

Lontano, nello spazio aperto, l’ufficiale Agron si ritrova a fare rapporto al suo “Sublime Superiore”, il generale Zondag nella sua prima versione, qui molto diverso da come apparirà nel successivo Ombre su Venere: si mostra ai lettori attraverso uno schermo, alto e magro, con occhi stretti a fessura e il corpo agile avvolto nelle spire di una lunghissima coda. Incollerito, dal becco del generale si diparte un inedito balloon nero con testo in bianco, un’altra piccola innovazione pikappica. All’interno dell’astronave prevalgono elementi tondeggianti alla Hans Bellmer, con una pavimentazione composta da miriadi di semisfere irregolari simili a grottesche escrescenze che ricordano le strutture di Luna LV-276 del film Alien: Scontro finale, o la segmentazione interna dell’intestino di uno xenomorfo.

I soliti vecchi Paperi? La solita vecchia Paperopoli?

Il giorno dopo si verificano due eventi significativi per Paperino: prima scopre che Brad Van Beck, un attore del cast di Patemi è stato sostituito dal collega Sean Leduck; poi, viene assunto da Zio Paperone come custode di un edificio da lui recentemente acquistato, la Ducklair Tower. Abbiamo qui inoltre un rarissimo – per quanto velato – riferimento alla morte in un fumetto Disney.

Il design della Ducklair Tower (da qui in avanti DT) desta ancora oggi meraviglia. Altissima e caratterizzata da una decorazione superiore palesemente gigeriana, il suo ingresso è rappresentato da una sorta di “bocca” di metallo polimorfo nero: i pavimenti lucidi e le apparecchiature tonde piene di spie e pulsanti richiamano l’interno di un’astronave. Dal momento in cui Paperino scopre nella DT un piano aggiuntivo rispetto ai centocinquanta dichiarati, gli eventi si susseguono senza lasciare respiro al lettore.

Facciamo la conoscenza di Angus, kiwi giornalista certamente ispirato a J. Jonah Jameson, Lyla Lay (in origine Clarissa) e Camera 9, teleoperatore che indossa un’armatura praticamente identica alla bardatura dell’alieno protagonista del mediometraggio Swiss Made 2069 di Giger e Fredi M. Murer. Nel cosiddetto “Piano segreto” Paperinik incontra Uno, l’intelligenza artificiale che dirige la DT e che diverrà il suo alleato più importante nella lotta contro gli alieni – il suo volto sintetico, di un rassicurante color verdino, è la versione ingentilita del viso del suo creatore, Everett Ducklair.

Scopriamo le mire e la storia del pianeta Evron (sono stati ovviamente loro a far sparire Brad Van Beck) e, in un momento di altissima tensione, assistiamo alla trasformazione di Sean Leduck in un Coolflame, come vengono chiamati gli schiavi degli Evroniani. Da qui in poi Paperinik, ormai lentamente maturato in PK, sarà perfettamente padrone della situazione. Dal punto (è proprio il caso di dirlo) di vista estetico il passaggio da Paperinik al supereroe planetario è denunciato anche dalla presenza del punto nei dialoghi, in luogo dell’onnipresente e disneyano punto esclamativo. Come a dire che ora si fa sul serio.

Camera 9 come un biomeccanoide di Giger

«Momenti disperati richiedono misure disperate», e un PK armato di uno scudo Extransformer dalle linee più semplici, una elegante lastra di metallo con elementi in nero e celeste, saprà farsi onore durante il party di Patemi organizzato su una terrazza della DT, ove si consumerà lo scontro finale con Agron. In questa lunga sequenza d’azione, Lavoradori dimostra di essere uno strepitoso “regista”. A pagina 59 gestisce numerosi elementi scenici con dinamismo e chiarezza, le inquadrature inclinate di pagina 62 con lo scudo che corre in direzione del lettore sono arte pura.

Ritroveremo l’ufficiale evroniano in Ombre su Venere e uscirà definitivamente di scena quando il generale Zondag stanco dei suoi insuccessi lo “spazzerà via”; ma per ora Agron si limita a ritirarsi meditando vendetta. Terminato lo scontro, il regista Sam Plot si risveglia spontaneamente dalla coolflamizzazione, PK fa la conoscenza di Lyla (che avrà un ruolo sempre maggiore nelle avventure successive) e si ritira dopo aver negato agli astanti una spiegazione esaustiva di tutto l’accaduto.

Una nuova costruzione della tavola, al servizio del regista Lavoradori

«Non siamo nei vostri tele-polpettoni, dove tutto si chiarisce nel gran finale!» dichiara – ipocritamente, se vogliamo tener conto della sua infantile passione per gli stessi tele-polpettoni che sta criticando – un PK dall’espressione cupa e determinata. Si tratta forse anche di un momento di riflessione metanarrativa sulle convenzioni del fumetto comico, in cui tutto si risolve e si ristabilisce ogni volta lo status quo. PKNA è diverso, sembra gridare a gran voce il nostro eroe. E infatti.

Dei vari finali alternativi presi in considerazione da Sisti e Sisto per chiudere il numero 0 viene scelto forse il meno consolatorio: PK, distrutto, va a dormire ma gli Evroniani sono tutt’altro che sconfitti e solcano i cieli di Paperopoli a bordo di caccia classe F. L’avventura è appena cominciata, come dimostrano anche le numerose pagine di approfondimento in cui si accenna al Razziatore, alla Cittadella Imperiale Evroniana, a Xadhoom e ad altri elementi che rappresentano la punta dell’iceberg della complessa operazione di worldbuilding che precedette l’uscita di Evroniani.

Come volume in sé, esulando da confronti con capolavori che lo avrebbero seguito, il numero 0 si caratterizza per una sceneggiatura dotata di elevata tensione narrativa, un sottile rimpiattino fra umorismo e inquietudine e alcune battute memorabili («Quando il gioco si fa duro… io vorrei essere da un’altra parte!»). Sisti rende benissimo la progressiva trasformazione di Paperinik nella sua versione 2.0, concentrando i momenti di alleggerimento nella prima metà: per sua stessa ammissione e a differenza di autori intervenuti successivamente, lo sceneggiatore lombardo non ha mai inteso distaccarsi del tutto dal “tono Disney”, come dimostra anche la presenza di Zio Paperone in questa e in altre sue sceneggiature pikappiche. Fino all’incontro con Uno, Paperinik è ancora in parte il nostro amichevole papero mascherato di quartiere. Tuttavia, a pagina 67, Paperinik sceglie un’uscita di scena degna di un teatrante esperto e il suo sguardo è quello di un papero sempre più sicuro di sé. La necessaria trasformazione in super eroe “vero” e adulto è accaduta quasi senza che ce ne accorgessimo.

Del character design e della regia di Lavoradori si potrebbe discutere per ore. Al netto dei debiti che l’artista veneto ha contratto con i surrealisti e con gli xenomorfi della saga di Alien, gli Evroniani restano una delle invenzioni migliori del fumetto italiano degli ultimi anni. I figli di Evron nella loro versione definitiva sono creature terrificanti. Privi di collo e di pupille, implacabili membri di un impero stellare di parassiti emozionali: un popolo di colonizzatori senza pietà totalmente devoto all’imperativo biologico della propagazione della specie.

Le sezioni a tubo o a sfera si ispirano agli ambienti di Alien, come la Camera del Pilota

Vivono su Evron, un mondo-arca vagante, idea che ricorda un po’ Il giorno dell’invasione di Larry Niven e Jerry Pournelle, la saga dei Condannati di Messina di Ben Bova, Orfani del cielo di Robert A. Heinlein o, perché no, l’isola Laputa ideata da Jonathan Swift. In parte animali e in parte vegetali, gli Evroniani sono tendenzialmente privi di emozioni proprie e si nutrono di quelle altrui, che assimilano tramite Evrongun e che immagazzinano temporaneamente nei serbatoi che portano sulle spalle. Per certi versi la loro società ricorda quella dell’antico Egitto, ma la rigida suddivisione in caste rimanda alla cultura indù o anche, come di recente dichiarato da Sisti, agli insetti sociali come api e formiche.

In termini di gestione della tavola il disegnatore “gioca” con vignette lunghe, a incastro, a novanta gradi, e fa spesso uso della profondità di campo. Spesso, quando la tensione narrativa richiede un tono più cupo, il bordo tavola è colorato di nero. Memorabili alcune tavole, come quella in cui Paperinik viene “divorato” dal gargoyle (rifacimento di una tavola di prova realizzata da Mastantuono) o alcune soluzioni come la vignetta di pagina 40 in cui ha inizio la spiegazione di Agron: l’ufficiale inizia il proprio racconto tenendo alta la mano destra, dietro di lui la fiammella azzurra che sprigiona dalla testa di Sam Plot sembra circondare anche la mano di Agron. Meravigliosamente inquietante.

L’impatto del numero 0 di PKNA sull’immaginario collettivo è difficilmente valutabile. Se non avesse avuto successo, la serie non sarebbe probabilmente mai decollata e non sarebbero nati prodotti successivi basati su un simile afflato rivoluzionario, come W.I.T.C.H. o Mickey Mouse Mystery Magazine. Ma questo successo l’ha avuto eccome e, nonostante il PK Team non esista più e Disney abbia rinunciato agli spillati inediti, gli Evroniani sono più vivi e cattivi che mai, oggi come venticinque anni fa.

PK è attualmente protagonista di centodiciannove albi, considerando anche la celebrativa Una leggendaria notte qualunque sceneggiata da Alessandro Sisti e il crossover con DoubleDuck. Non si contano gli spin-off, le parodie e i camei, alcuni dei quali presenti in fumetti non-Disney. Un ricco merchandising è tuttora in circolazione e molto ambito dai collezionisti. Oggi PK viene costantemente ristampato ed è oggetto di un’interessante riscoperta critica. Nuovi e vecchi autori si occupano di realizzare archi narrativi inediti, mentre nuovi nemici si aggiungono all’immenso cast pikappico.

Il fenomeno PK pare ancora destinato a procedere senza fermarsi mai. Parafrasando Victor Hugo potremmo dire «il Domani compie irresistibilmente la propria opera e l’ha cominciata Ieri», vale a dire nei rutilanti anni Novanta in cui una manciata di artisti concepì e realizzò quelle cinque, assurde tavole mute ambientate sul pianeta Xerba.

Autore dell'articolo: Redazione di 00 Channel