Topolino 3510

05 MAR 2023
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Topolino 3510

Eccola finalmente, Gli Evaporati, introdotta da settimane di (apprezzate) pagine di strillo e (encomiabili, ma un po’ stancanti se non controproducenti) batterie di elogi preventivi in sede di editoriali del direttore.

Bruno Enna è – finalmente e una volta per tutte – padrone del campo, “a briglia sciolta” come ci era stato anticipato, e si cala con sicurezza nel modo di sceneggiare “come fosse una serie televisiva” sempre più presente nelle storie a puntate degli ultimi anni.

Ma andiamo con ordine. Anzitutto il canovaccio, inedito e intrigante, presentato subito con forza e senza orpelli per far capire al lettore che si fa sul serio. Il tono della vicenda è – almeno comparato agli standard topolineschi – selvatico, nervoso, privo di punti di riferimento.

Il cast, quello topolinese completo, ma completamente spiantato dalla sua comfort zone e catapultato in un futuro letteralmente apocalittico in cui una nebbia inesorabile e imprevedibile eradica chiunque trovi per la sua strada. I personaggi, nell’attesa del ritorno di Topolino, sono di volta in volta divisi e riuniti con la maestria di chi sa bene come si gestiscono i comprimari senza impastarli in un anonimato uniforme.

I tempi dell’azione, serrati e vigorosi, forse con qualche momento di straniamento dovuto alla scelta di applicare fino in fondo delle scelte cinematografiche che il fumetto, in assenza di stacchi lunghi, effetti sonori e musica, supporta come può.

Nella nebbia

Inquietudine

Ad esempio, chi scrive ha avuto un momento di perplessità nella connessione tra il momento in cui Topolino insegue Minni alla fine della scena ambientata nella prima notte di nebbia e la tavola successiva, molto probabilmente a causa dell’ingannevole rallentamento del ritmo suggerito dai “cartelli esplicativi” nella quadrupla del parco.

E poi i disegni, opera di un Davide Cesarello ispiratissimo, forse più a suo agio nel dare il tono della vicenda sull’espressività e sulla gestualità dei personaggi, azzeccatissimi, che in quella densità di atmosfera e di sfondi che avrebbe potuto assegnare alla nuova, disperata dimensione in cui i personaggi si muovono una cifra ancora più memorabile.

La marcia, sia a livello di testi che di disegni, è comunque ingranatissima e si respira a tratti un’atmosfera da X-Mickey. Ad un ritorno in campo di Topolino, il protagonista come si diceva tenuto sapidamente fuori scena per buona parte della puntata, alludono le ultime due pagine ambientate in un mare in tempesta.

Di nuovo, chi scrive ha accusato un minimo scarto tra le potenzialità cinematografiche di questa scelta (un vero e proprio cliffhanger) e il suo impatto fumettistico: come se due pagine messe lì all’improvviso fossero troppo isolate per un cliffhanger e troppo poche per un segmento di narrazione vero e proprio.

Ma anche se così fosse, l’esperimento vale appieno eventuali sbavature (che tali siano, poi, dipende dal gusto del lettore), e contiamo anzi su ulteriori audacie a livello di sceneggiatura quanto di disegni.

Mad Mouse: Fury Horse

Ma – ahinoi – la musica cambia repentinamente già dalla storia successiva I cimeli di Paperone – Il potere della teca (Vito Stabile/Marco e Stefano Rota). Basti dire che, per portare avanti una serie eroica ma in endemica crisi di materiale qual è Pianeta Paperone, mandata avanti con cuore dalla fiamma ardente della passione del suo sceneggiatore per il personaggio, ma da poco altro in più, questa settimana si puntano i riflettori sulla teca che custodisce la Numero Uno.

Da una parte, Amelia spera di usarne il potere che avrebbe ereditato, per osmosi, dalla moneta stessa; dall’altra, la teca è fonte di ispirazione professionale ed esistenziale per Battista, il che farà ritorcere l’esperimento magico di Amelia contro di lei. Simpaticissime trovate come il “platano acciuffatore da guardia” non riescono, purtroppo, a sollevare la stanchezza dello spunto, tanto che le preferiremmo ardentemente, senza offesa, spese su ben altri soggetti.

Ed eccoci poi alla terza puntata de Il principe delle sabbie, su testi di Alex Bertani e Francesco Vacca e disegni di Giuseppe Facciotto. Ci siamo già spesi la scorsa settimana sugli ottimi disegni di un lanciatissimo Facciotto, che non delude neppure in questo caso. La trama se la prende, come si suol dire, con calma, rivelando i suoi snodi con parsimonia e indulgendo forse un po’ troppo a sforzi emotivi che appesantiscono un pochino lo svolgersi dell’azione.

Alla via così

Per ora assistiamo al tentativo di Macchia Nera – come già detto, un personaggio molto ben usato in questo ciclo – di tendere una trappola ai protagonisti, e alla comparsa di un nuovo personaggio, “interpretato” da Eta Beta, che funziona anch’esso molto bene. Il dubbio comincia (forse in maniera un po’ repentina, ma tant’è) a scavare crepe nella combriccola dei buoni.

La storia successiva, Archimede e l’automa auto-apprendente, di Giovanni Di Gregorio e del promettente Federico Butticè, è come si suol dire la classica parabola dell’invenzione a doppio taglio, se non fosse che il finale, impreziosito da un climax umoristico ritagliato nel lessico scacchistico, non si risolve con la solita delusione seguita da inseguimento bensì con un colpo di fortuna. Finale servito dai buoni auspici di un inatteso Paperoga che, seppure deus ex machina non richiesto, regala quanto meno una variazione al canovaccio classico.

Nonostante la storia non dica molto, si fa apprezzare la linea di Butticè, magari ancora un po’ arroccato sulle fisionomie frecceriane ma – almeno a quel che appare da questa prima prova – dotato di un bel gusto per la caricatura che ci auguriamo sbocciare al meglio in futuro.

Infine, Paperino e l’altruismo zoologico, di Riccardo Pesce e Massimo Fecchi. Chi scrive deve premettere di provare un affetto incondizionato per l’armonia dello stile di Fecchi, e pertanto accoglie sempre queste storie con una “pre-sensazione” piacevole. E ciononostante, l’impressione è che l’avventura in questione si fenda come la panna nel giro di pochi secondi, partendo da premesse blande e risolvendosi in un finale interlocutorio.

Menzione speciale per l’autoconclusiva in calce al numero: non, per una volta, l’esercizio di stile o la freddura invereconda, ma il ritorno dei gloriosissimi Minima Paperalia (Provar l’ebbrezza il titolo di questo episodio): i “ciak” che non hanno bisogno di un’idea o di un momento comico ispirato, ma solo di essere scemi a dovere e disegnati dal Vate della scemenza, Enrico Faccini.



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Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.

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