Topolino 3470

02 GIU 2022
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Topolino 3470

Dare un taglio troppo personale alle recensioni sarebbe da evitare, soprattutto quando i propri pensieri hanno l’onore di essere pubblicati su un sito autorevole in materia disneyana come il Papersera. E nella costruzione del discorso è sempre necessario che il recensore si sforzi per non lasciarsi troppo condizionare da pregiudizi o convinzioni consolidate, allo scopo di formulare un giudizio finale quanto più possibile corretto, coerente, obbiettivo.

Nonostante ciò, è anche vero che alla fin fine la recensione pur essendo pubblicata dal sito rimane una produzione assolutamente e inevitabilmente personale per chi la scrive, che quindi si prende piena responsabilità se andrà a bocciare una storia che tutti gli altri lettori amano o se andrà a promuovere un volume che la grande maggioranza degli utenti e degli appassionati ha detestato.

Nel recensire Topolino 3470 si deve innanzitutto tenere presente che è un numero estremamente vario. Vi è il gruppo di ragazzi di Area 15 e torna una vecchia paperizzazione (era un po’ che non se ne vedevano), vi è la storia che ha l’onore di essere richiamata in copertina, con protagonista la 313, che fa parte del ciclo Comics & Science, vi è il ritorno di una storia a bivi, che conclude i festeggiamenti del “pippiversario”, e infine vi è la quarta e ultima puntata di una importante saga che vede Fantomius come protagonista.

A fronte di un elenco così variegato però l’impressione generale che se ne ricava è che sia un numero che avrebbe potuto lasciare qualcosa in più, e che invece, in fondo, sia mancato qualcosa per ottenere piena soddisfazione.

Ma andiamo per gradi e cominciamo dalla storia di copertina, che, curiosamente si trova in una posizione del numero (penultima) che solitamente è riservata alle storie non grande rilevanza.

Paperino e l’auto smemorata (Bosco/Soldati) è tuttavia una storia simpatica, che come tutte le altre del ciclo Comics & Science prende spunto da un argomento scientifico o tecnologico, le leghe a memoria di forma in questo caso, e ci costruisce attorno un intreccio.

Tali leghe sono particolari combinazioni di metalli in grado, qualora riscaldate, di recuperare almeno in parte la loro forma originaria: quale occasione migliore che utilizzarle per uno scherzo? La storia non ha particolari pretese, ma risulta divertente e godibile, intrattenendo e insegnando qualcosa, in pieno stile Topolino. Stile “classico” anche per i disegni di Soldati.

Prosegue nel numero anche la serie, di cui è autore in testi e disegni Corrado Mastantuono, di “cortometraggi” in bianco e nero che vedono come protagonista un Bum Bum più scalcinato e pasticcione del solito.

Improvvisamente splash fa il verso al cinema muto degli anni Venti e fa vivere al noto imbianchino paperopolese, insolitamente elegante, un’avventura che flirta con l’assurdo e il nonsense, in cui la trama non sembra avere poi tutta questa rilevanza: si tratta di un semplice crescendo di situazioni paradossali che Bum Bum si trova man mano a dover gestire, con un umorismo slapstick particolarmente riuscito.

Il tappo sul fondo, un grande classico

Le 10 tavole dimostrano come basti un semplice tubo dell’acqua malfunzionante perché si possa costruire una breve divertente e originale, in cui ovviamente l’abilità del disegnatore Mastantuono la fa da padrone nel riuscire a “mettere su carta” in maniera convincente questa storia che sembra provenire da un’altra epoca.

Pippo alla ricerca del numero zero è la storia sceneggiata da Vito Stabile e disegnata da Andrea Malgeri che, in chiusura dei festeggiamenti per il 90° anniversario di Pippo, riprende il filone delle storie a bivi.

Tali storie hanno avuto origine nel 1985 con Topolino e il segreto del castello del compianto Bruno Concina, un’intuizione in cui il lettore stesso è “protagonista” della vicenda, addentrandosi in tutta una serie di alternative e di scelte che portano la storia a finali differenti. Stabile ha raccolto questa eredità e da qualche anno ha provato a riportare in auge i fasti di questa tipologia di avventure che erano andate pian piano perdendosi dopo il grande entusiasmo iniziale.

Premettendo che le storie a bivi costituiscono una categoria di per sé divisiva, con uno zoccolo duro di lettori che le amano e un altro, altrettanto duro, di lettori che non le sopportano, nel caso in questione il risultato è godibile per gli amanti del genere, anche se forse la storia avrebbe necessitato di una quantità di spazio maggiore, qualche tavola in più, per andare a sviluppare meglio le varie diramazioni, in particolare quella che si rivelerà essere la “strada corretta”.

Presupposto fondamentale per la riuscita della storia è, infatti, la presenza di una sola conclusione che possa essere ritenuta pienamente soddisfacente. Questo è un elemento imprescindibile per incentivare la curiosità del lettore, che deve riuscire, come in un labirinto, a individuare il giusto percorso per godere del premio finale.

Un inusitato trivio

Da sottolineare, in opposizione alla “liturgia” del genere la presenza di un trivio, che introduce una piacevole variazione sul tema. Piacevole inoltre il ripescaggio del personaggio del nonno Walter, introdotto dallo stesso Vito qualche anno fa nella storia Pippo e l’asso dei cieli.

La nota dolente del numero è sicuramente Area 15: In punta di piedi, di Gaja Arrighini e Marco Mazzarello.

Se la serie di avventure di Qua, Biggs, Ray, Vanessa e gli altri, nata su intuizione di Roberto Gagnor, si è presa una certa rilevanza sul settimanale è per la capacità che hanno avuto gli autori di riuscire a intercettare una generazione che non aveva elementi con cui immedesimarsi e a raccontare le particolarità del carattere di questi ragazzi (le prime cotte, i litigi, le passioni) in maniera naturale e appassionante.

In punta di piedi, pur volendo tentare di agganciarsi a quel filone, risulta essere invece forzata nelle interazioni e noiosa nell’insieme. Mancano l’immedesimazione e il divertimento e alla fine della storia rimane solamente il ritornare alla mente del ballerino paperizzato Bolle Duck. Non che ne avessimo sentito poi tutta questa mancanza.

Il “gran finale” della recensione coincide con quello della saga di Fantomius, iniziato qualche settimana fa con La notte di Fantomius, che si conclude con il secondo episodio di L’alba di Fantomius.

Negli anni il ladro gentiluomo rivitalizzato da Marco Gervasio si è costruito, volontariamente o meno, una nomea di “personaggio infallibile”. Nonostante i tentativi di renderlo più “umano”, resta nell’opinione di chi scrive l’impressione che ormai sia sempre più difficile trovare avversari per il “ladro gentiluomo” in grado di metterlo seriamente in difficoltà. Come scritto in apertura di recensione, questa lettura deriva del consolidamento dell’opinione che ci si può fare nel vederlo sempre trionfare, come d’altronde avviene sempre per i protagonisti Disney. Rimane tuttavia il desiderio personale di vederlo per una volta sconfitto piuttosto che vincitore.

In questa avventura l’autore romano era riuscito a metterlo finalmente in una situazione di effettiva impasse: rimasto solo e con una identità segreta compromessa, Fantomius era con l’acqua alla gola. Ma proprio quando tutto sembrava apparecchiato per un “nuovo inizio”, in cui Lord Quackett doveva venire a patti con il fatto di essere stato definitivamente smascherato, il finale dell’avventura non ha fatto altro che far ripartire tutto da capo, con l’aggravante, sempre a parere di chi scrive, di una soluzione non completamente convincente: la messinscena del “finto rapimento” sembra troppo naif come trovata per poter essere accettata, anche obtorto collo, da un Pinko finalmente degno avversario del precursore di Paperinik.

La bella addormentata che move il sole e ‘l mondo Disney

Un nuovo inizio, un andamento circolare in cui si ripropongono alcuni topoi che stanno diventando effettivamente ricorrenti nella narrazione di Gervasio: si nota una certa alternanza di temi e personaggi, che si rincorrono tra passato e presente, tra avi e discendenti, che ruotano attorno alle medesime situazioni (vedasi ad esempio un nuovo ruolo fondamentale ricoperto dal dipinto della Bella addormentata, ormai motore fondamentale in varie avventure del “gervasioverso”).

La critica di chi scrive queste righe, come già riportato in passato allo stesso autore, viene presentata in particolare verso l’uso del personaggio di Cuordipietra Famedoro, che lo sceneggiatore ha eletto a nemesi di Fantomius. Molto di più avrebbe giovato la creazione e l’utilizzo di un personaggio originale, come lo stesso Gervasio ha dimostrato di saper fare con l’introduzione del personaggio di Duckan.



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Autore dell'articolo: Matteo Gumiero

Costretto a scrivere qualcosa in questo spazio, sono ingegnere, non amo scrivere ma in compenso mi piace leggere. Fumetti, soprattutto.