Topolino 3516

20 APR 2023
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La recente tendenza degli albi di Topolino vede una qualità misurata molto spesso non nella complessità delle storie, ma nel fatto che vengono rilevate piccole cose che destano attenzione. Questo numero odierno si colloca idealmente in quella scia, perché prova a sorprendere il lettore che sappia identificare quei piccoli dettagli che sorprendono e che la lettura dell’albo mette in evidenza in qualche maniera.

Cambia l’ambientazione, non cambia la dinamica.

Si inizia con il primo episodio (virtualmente introdotto dalla bella copertina di Andrea Freccero con i colori di Andrea Cagol) di questa nuova storia a sfondo storico, Nelle Terre del Nuovo Mondo – Alla ricerca del pernambuco (Cabella e Raina/Picone, colore di Bonacini), storia a puntate che, come le precedenti di Sergio Cabella, mette al centro una vicenda proveniente dalle narrazioni dei viaggi e delle esplorazioni che hanno fatto la Storia. In questo caso, si ritorna alle origini delle esplorazioni europee oltreoceano e si racconta un curioso fatto che riguarda il Granducato di Toscana di inizio XVII secolo. Pur con i consueti piccoli cambi di nome (opportunamente paperizzati), l’autore genovese, coadiuvato dal docente di lettere Luca Raina (già ad alcuni noto, non solo per le sue avventure televisive, ma anche per le “pillole” sul contesto storico e sociale delle storie di Asterix e Obelix), pone le basi per una storia molto semplice, senza troppe vette e dove le dinamiche tra i personaggi si collocano al di sopra della narrazione dell’episodio storico. È comunque da apprezzare lo sforzo di voler raccontare (assieme all’editoriale successivo dello stesso Raina) tale episodio, che di per sé non ha cambiato la storia dell’umanità, ma desta comunque interesse culturale. I disegni di Picone difettano in qualche punto (si sono visti fin troppi occhi chiusi, neanche si fosse in un manga), ma conservano una giusta plasticità e mantengono una fisionomia classica. Da apprezzare anche la colorazione di Chiara Bonacini, che impreziosisce le scene con alcune macchie d’ombra, perfettamente prospettiche.

Pensieri intrusivi che puoi sentire.

Si arriva al clou anche per quanto riguarda questo gradito ritorno di Siamo Serie! Stagione 2 (Badino/Ziche, colore di D’Aprile). Il parrocchetto smaltato è una buona commistione di ironia semplice e ricercata, come la trovata di usare pannelli per esprimere il pensiero del protagonista e che al contempo sono anche oggetti di scena e mezzi per raggiungere lo scopo. È un umorismo tipicamente topolinesco, ma che riesce comunque a convincere nella sua ingenuità (molte volte) e nella sua semplicità. Anche i disegni della Ziche riescono a garantire la gradevolezza delle scene, dove si inseriscono anche sequenze che rendono la suggestione televisiva. Una serie nella serie che per la seconda volta convince.

A chi lo dici…

Discorso diverso, invece, per la nuova storia sulla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale della Basilicata. Zio Paperone e la Corona Universale (Artibani/L. Pastrovicchio, chine di Frare, colore di Fornari) stupisce (e non poteva essere diversamente) sotto diversi aspetti. Anzitutto, il fatto che i protagonisti non siano più Topolino e Pippo coadiuvati dal “materano” Rock Sassi, oltre al fatto che l’ambientazione qui serve più che altro per raccontare una storia… che ha dell’incredibile. Ed ecco il secondo elemento di stupore: una storia che sembrava essere molto lineare e semplice si trasforma in un fantasy (quasi alla Lady Hawke) dove viene addirittura scomodato l’imperatore Federico II, quale originario proprietario della corona universale. Ma la sorpresa viene seguita dallo stupore nel vedere lo stesso monarca fare un discorso che potremmo definire quasi lapidario e che connota anche la fine della breve fuga del villain di turno. Si rimane abbastanza spiazzati da questa storia e forse bisogna ragionarci un po’ sopra per capire quale sia veramente il senso e il messaggio che porta, ma rimane comunque una storia gradevole e che scorre bene. Pastrovicchio connota comunque i disegni di una certa forza ed energia e, per l’occasione, recupera e adatta la celeberrima raffigurazione di Federico II all’interno del suo trattato sull’arte venatoria col falcone, e curiosamente la mantiene come se si fosse appena staccata dalla pergamena su cui si trova.

Un po’ troppo per un piano che poteva essere più semplice…

Si ritorna alla “classicità” con la storia (inedita qui in Italia) Paperino e il tesoro del deposito (McGreal/Rota, colore di Egmont), ultimo lavoro prodotto dalla coppia statunitense di sceneggiatori assieme al maestro milanese, emulo di Barks. Storia che sembra scorrere linearmente, ma dove sono due gli aspetti che forse possono disturbare la lettura: da un lato, i disegni di Rota non sembrano essere andati oltre il 1967, forse volendo insistere sul concetto di “eterno presente” delle storie disneyane ma, in un albo dove si vedono comunque le innovazioni tecnologiche, certe raffigurazioni possono forse stonare; dall’altro, la trovata di Paperone di voler tornare indietro nel tempo e il conseguente artificio pianificato sembrano avere una loro vita, incastrati quasi per caso nel quadro complessivo. Nonostante tutto, la storia è gradevole e scorre bene, quasi intriga e la soluzione appare forse più in linea con alcuni autori italiani (si potrebbe citare Chendi come esempio) che non con lo stesso Barks, cui i tre si sono costantemente ispirati.

W. Shakespeare, Tanto rumore per nulla, 1598.

Chiude questo albo una leggera storia di Giorgio Fontana disegnata da Lucio Leoni (colore di Martina Andonova), Pippo e il puzzle più difficile del mondo. Storia che gioca molto con una delle caratteristiche del personaggio compagno di mille avventure di Topolino, ovvero il pensiero laterale, cui si aggiunge anche un pizzico di stravaganza del parentado (e dove il meno stravagante forse è il bis-bis cugino Posidippo, ormai da considerarsi personaggio ricorrente dalla storia Pippo e il parente pedante). Storia che, come le precedenti dove compaiono i parenti pippidi, è fondata totalmente sul particolare stravagante attorno cui ruotano le varie peripezie. Leggera, senza alcuna reale pretesa e per questo un’ottima chiusura dell’albo.

In definitiva, questo numero vede una gradevole commistione tra la leggerezza e la sorpresa delle sue storie. Di certo, non è a livello della precedente uscita, che pure portava elementi di interesse notevole, ma in questo caso si scava nella lettura e ci si confronta con quelle che sono le firme d’autore. Fondamentale, poi, il comparto grafico, che si connota sia per i tratti di alcuni autori consolidati e che ormai sono una garanzia per il Topo medesimo, sia per la colorazione e per certe sfumature che danno un notevole contributo nel renderlo molto gradevole nella lettura.



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Autore dell'articolo: Luigi Sammartino

Giurista, accademico e nerd, sono un Pker dormiente della prima ora, ridestatosi assieme alla mia passione per il fumetto Disney. Anche se l'ultimo arrivato, mi piace avere comunque un piglio analitico sui prodotti della nona arte. Sperimentatore perenne, sono sempre disponibile a parlare di tutto.

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