Classico Speciale Estate ’87

02 APR 2020
Classico Estate 1987

La copertina del Classico Estate 1987.

Non è così facile per me ricordare il primo albo Disney che lessi, da bambino. Ce ne sono infatti diversi che identifico come “primi incontri” con un universo narrativo che mi avrebbe accompagnato fedelmente per tutti gli anni a venire e che non accenna, tra alti e bassi, a lasciarmi indifferente.

Tra diversi numeri di Topolino della seconda metà del 1994 e della prima del 1995 – iniziali approcci con il settimanale negli anni della mia infanzia – trovano spazio nella mia memoria affettiva (prima ancora che effettiva) anche albetti “extra”, spesso appartenenti ad anni precedenti e raccattati completamente a caso dai mercatini di paese durante feste e sagre locali.

In particolare, uno a cui sono molto legato e che ho letto e riletto alla sfinimento è il Classico Speciale Estate ‘87, etichettato come “Supplemento a Topolino n. 1648”.

Strenna estiva pensata evidentemente per venire incontro ai ragazzini con maggior tempo libero rispetto al resto dell’anno, si trattava di una raccolta di storie originariamente apparse su Topolino tra gli anni Sessanta e l’inizio degli Ottanta, alcune connesse maggiormente e altre più labilmente al tema dell’estate ma tutte decisamente intriganti, almeno per l’immaginazione del me stesso bambino.

D’altronde, anche se all’epoca lo ignoravo, vi erano ospitati fumettisti di tutto rispetto, come Massimo De Vita e Romano Scarpa in veste di autori completi e un Giorgio Cavazzano in grande spolvero in ben due avventure.

Paperino e le vacanze in cartolina, che apriva il volumetto, è la devitiana a cui mi riferivo poco sopra e mi conquistò non solo per la divertente commedia urbana messa in scena dall’artista raccontando di un Paperino intento a far credere a tutti di essere in villeggiatura, ma anche per il tratto morbido e pulito che era una gioia per gli occhi.

Le vacanze in cartolina

Le vacanze in cartolina.

Paperoga e l’isola a motore, posta in chiusura, è una pietra miliare di Giorgio Pezzin e Giorgio Cavazzano, quest’ultimo nel pieno della sua “fase techno”, ma questo nei giorni felici della mia fanciullezza non potevo saperlo: ciò non mi impedì di rimanere affascinato da tavole così vivaci, dettagliate e dinamiche, con quadruple movimentatissime ad assecondare una sceneggiatura che faceva il verso ai classici film di serie B a base di scienziati pazzi, con grazia, talento e l’approccio velatamente folle dello sceneggiatore veneto.

Particolarmente degne di nota sono poi Paperino e le sorgenti scozzesi di Giorgio Ferrari e Cavazzano e Gancio alla riscossa di Scarpa: nel primo caso era imbastita una trama mistery da spionaggio industriale nell’affascinante contesto delle highlands scozzesi, mentre nel secondo venivo a contatto con un personaggio a me pressoché ignoto ai tempi, uno scavezzacollo avventuroso di nome Gancio che compiva le più varie imprese, raccordate insieme dagli stessi resoconti che il merlo raccontava di volta in volta a Pippo, a Orazio ecc. Uno stratagemma narrativo interessante che ritmava in modo particolare la storia e la differenziava dalle altre (oltre che per il fatto di essere l’unica del volumetto senza Paperi).

Gli strumenti sono solo dipinti...

E’ già memorabile così, senza bisogno di didascalia!

Il resto dell’albo era composto da diverse storie che magari non possono essere definite oggettivamente memorabili, ma che ricordo con estremo affetto e anche con una certa precisione: I tre nipotini e i richiami marini di Osvaldo Pavese e De Vita, Zio Paperone e le conchiglie magiche di Michele Gazzarri e Tiberio Colantuoni e Paperino e il sogno ricorrente di Guido Martina e dello Studio Bargadà: avventure piuttosto semplici e dall’impianto collaudato ma in cui era un piacere vedere lo Zione alle prese con i Bassotti e con Amelia, come nelle prime due citate. Discorso a parte per il terzo titolo, invece, dotato di tratti vagamente inquieti grazie all’idea di un Paperino preda di sonnambulismo e alle vignette notturne di Francesc Bargadà.

Classica raccolta “un tanto al chilo” che difficilmente oggi acquisterei, si rivelò allora una lettura assolutamente piacevole e che per me ha sempre rappresentato, nella sua semplicità, l’essenza della narrativa disneyana a fumetti.

Autore dell'articolo: Andrea Bramini

Andrea Bramini, detto Bramo, nasce a Codogno nel 1988. Dopo avere frequentato un istituto tecnico ed essersi diplomato come perito informatico decide di iscriversi a Scienze Umane e Filosofiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore, dove a inizio 2011 si laurea con una tesi su Watchmen. Ha avuto esperienze professionali nell'ambito delle pubbliche relazioni e come segretario. Appassionato da sempre di fumetti e animazione Disney, ha presto ampliato i propri orizzonti imparando ad apprezzare il fumetto comico in generale, i supereroi americani, le graphic novel autoriali e alcune serie Bonelli e affini. Scrive di queste passioni su alcuni forum tematici e principalmente per il sito di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, nel quale ricopre la carica di caporedattore.