Topolino 3467

10 MAG 2022
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Topolino 3467

Dopo Bruno Enna, che in questo numero chiude l’avventura di ampio respiro Amelia e le 7 streghe vulcaniche, godiamo del gradito ritorno di un altro grande sceneggiatore mancante dalle pagine di Topolino da un po’ di tempo. Francesco Artibani apre il 3467 con Pippo e i bracciali di Maciste, storia che, come dichiarato nel consueto editoriale firmato da Alex Bertani, è stata pensata per festeggiare i novant’anni del personaggio che, con il proprio esibito pensiero laterale, “infesta” la vita di Topolino da tempo immemorabile.

Per l’occasione Artibani, coadiuvato da un Lorenzo Pastrovicchio che svolge un eccellente lavoro di recupero estetico, decide di riprendere le atmosfere delle avventure gottfredsoniane di Mickey, ricomponendo (con l’aggiunta di Paperino) il terzetto di personaggi già visto in molti capolavori, dal corto Stazione di servizio a Topolino e la notte a Val Dormigliona, passando per Topolino nella casa dei fantasmi.

La vicenda parte dal classico equivoco pippesco (dovendo acquistare una tenda per il campeggio, in qualche modo Pippo compra un intero circo, con tanto di pulci ammaestrate) e si trasforma in un mystery “tecnologico” con plot twist finale. La splendida Pippo e i bracciali di Maciste va a inserirsi nel non ampio bacino delle storie recenti che tentano di andare a recuperare le atmosfere, lo stile grafico e lo storytelling delle avventure a fumetti dei primi del secolo scorso.

Nella sua semplicità lo considero un esperimento più che riuscito: una storia apparentemente semplice ma con molto cuore, gag riuscite e una cura grafica superiore alla media mi sembra il modo migliore per celebrare il personaggio più trasversalmente poetico del cast Disney.

L’albo procede con il secondo episodio di La notte di Fantomius di Marco Gervasio, avventura lunga che ruota intorno alla scoperta, da parte delle autorità di Paperopoli, dell’identità segreta del ladro gentiluomo. Questa volta Lord Quackett non può dichiarare di essersi tradito… volontariamente: vittima di un qualche tipo di macchinazione, dopo aver esibito la consueta sicurezza finisce a dover affrontare da solo i propri nemici.

Appesantita dai numerosi riferimenti a storie del passato più o meno remoto (sono due chili di didascalie, lascio?), quella che dovrebbe essere la storia del definitivo tramonto (o della rinascita) di Fantomius procede con una certa fiacchezza e un momento che dovrebbe apparire drammatico, quello dell’arresto dei suoi complici di sempre, risulta depotenziato dall’incertezza della messa in scena.

Now so long, Paprika, it’s time…

Un po’ più interessante l’ultimo episodio della già citata Amelia e le 7 streghe vulcaniche di Enna e Roberto Vian, che si giova, al netto di uno svolgimento non sempre originalissimo, di un interessante twist e di sontuose tavole “da kolossal” che fanno ipotizzare una futura raccolta in volume.

Le streghe tornano a far paura, e anche Amelia recupera sul finale il proprio ruolo da protagonista, sebbene la sceneggiatura indugi un po’ troppo sul sentimentalismo e la rivelazione del “vero potere” della fattucchiera ponga qualche problema di continuità con le storie che abbiamo visto dai tempi di Carl Barks a oggi: se Amelia è così forte in prossimità del proprio elemento, perché non ha mai tentato di attirare Paperone sul mare? Con le retro-continuity va sempre a finire che qualcosa non torna, ed è il motivo per il quale andrebbero evitate, ma se non altro la battaglia magica concede il giusto payoff al lettore, e tanto basta.

Meno bene il nuovo episodio de Gli urbani paperi, dal titolo Briganti: fra i soliti romani che parlano romanesco, uno svolgimento farraginoso e comprimari dalla personalità tagliata con l’accetta, la saga co-sceneggiata da Bertani e Matteo Venerus procede, in qualche modo, incantando solo grazie alle spettacolari tavole di Emmanuele Baccinelli.

Un piano sequenza alla Gianni de Luca

Il montaggio della prima pagina, con Anta Papera che rappresenta l’unico elemento dinamico delle tre vignette orizzontali, sembra quasi omaggiare la Trilogia shakespeariana o Il commissario Spada di Gianni de Luca.

Spesso Baccinelli sistema i suoi punti di fuga posizione eccentrica o gioca con le ombre e la giustapposizione di elementi per aumentare la resa drammatica del narrato, altre volte utilizza elementi intradiegetici (seppure incorporei, come le note della cetra di Archimedio) per separare le vignette.

Se alla sontuosità della componente grafica corrispondesse una trama più interessante, Gli urbani paperi sarebbe un’avventura destinata a entrare nella storia del fumetto Disney. Purtroppo, non nascondo di averla trovata narrativamente tediosa e, al netto delle diverse riletture, resto convinto di essermi lasciato sfuggire qualche elemento di trama, forse distratto dalla bellezza dei disegni.

Se volessi andare proprio in profondità potrei rilevare che questo episodio perde anche l’occasione di divulgare un po’ di informazioni sulle spezie, usate non solo per insaporire ma anche con funzioni antisettiche e conservative.

Alla fine dei conti, Topolino 3467 risulta essere uno spettacolo per gli occhi, con la componente narrativa che in paio di casi pare arrancare qualche passo indietro. Concludo questa mia recensione con un sentito appello alla redazione tutta: basta con il romanesco. Non fa più ridere dal 2007.



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Autore dell'articolo: Manuel Crispo

Medico con la passione per la scrittura, pker di vecchia data, come tanti ho iniziato a leggere con Topolino. Col tempo ho divorato voracemente manga, manhwa, historietas, BD e tutto ciò che è targato Sergio Bonelli, ma l'incredibile mondo Disney resta il mio primo amore.