Topolino ieri e oggi (seconda parte)

17 LUG 2021

Ed eccoci alla seconda parte della nostra calda “tribuna politica” estiva.

Dopo aver analizzato approfonditamente alcuni aspetti del Topolino del passato nell’articolo scritto da Nicola, tocca ora ad Andrea fare il punto sul presente del settimanale, nei suoi pregi e nei suoi difetti, parlando di punti di forza e criticità.

Naturalmente, cari lettori, vi invitiamo a dire la vostra sul forum.

Buona lettura!


Indagine lettori

Correva l’anno 1985: i dati di diffusione di Topolino erano così importanti da essere celebrati in copertina e in un articolo ad hoc!

Quando si parla di calo di popolarità di Topolino, bisogna ovviamente stare molto attenti a quello che si afferma, onde evitare di ricevere sguardi di sufficienza da addetti ai lavori pronti a sostenere con convinzione che il settimanale disneyano rimane un punto fermo dell’editoria italiana e un titolo che il mitologico “uomo della strada” riconosce immediatamente, riconducendolo con facilità a tutta una serie di suggestioni ben precise.

Anche il fatto che i dati di tiratura e vendita non siano più pubblici rende difficile all’osservatore esterno fare ragionamenti fondati, che in quel caso sarebbero basati sui freddi e imparziali numeri. Si può ragionevolmente ipotizzare che siano cifre inferiori rispetto a venticinque anni fa, osservando il mercato, ma non siamo in presenza di dati ufficiali a confermarlo.

Non resta altro da fare, quindi, che sgomberare il campo da considerazioni di questa caratura, per evitare che le osservazioni sullo stato di salute di Topolino vengano velocemente liquidate come fantasiose dissertazioni e “cacce al colpevole” basate sul nulla.

Di conseguenza questo pezzo si basa sostanzialmente su ragionamenti e riflessioni assolutamente personali, pur basate sull’osservazione di vari fattori e dinamiche, e riflette quindi una visione sicuramente parziale ma che al tempo stesso ritengo possa essere di qualche interesse.

Il primo pensiero che l’appassionato di lungo corso è tentato di fare, solitamente, è il focalizzarsi sulla qualità delle storie a fumetti: soggetti, sceneggiature, disegni, approccio ai personaggi e alle tavole sono elementi sviscerati alacremente, mettendo a confronto la produzione “moderna” (idealmente, dal 2000 in poi) con quella dei presunti e cosiddetti “anni d’oro” (i decenni precedenti, in particolare dagli anni Sessanta ai Novanta), con un esito tutto a favore di quest’ultima fascia.

Si tratta di un assunto facilmente smontabile, però, tant’è vero che anche Nicola, nel redigere la prima parte di questo articolo, ha evitato di concentrarsi su questo aspetto, non reputandolo rilevante.

Internet

Uno sguardo al futuro su internet, dal 1998 al 2003

Ritengo però che trascurare completamente l’elemento fumettistico sia parimenti sbagliato, in un’analisi di questo tipo: se è pur vero che Topolino ha ospitato anche nel suo glorioso passato un grandissimo numero di storielline di poco conto e dimenticabili, se non proprio brutte, e che questo fa parte della natura antologica del pocket ieri come oggi, credo che sia anche interessante notare il diverso approccio che i fumettisti disneyani hanno nei confronti delle storie che realizzano.

Possiamo infatti sicuramente partire dall’assunto che l’equivalenza “storie vecchie = belle, storie nuove = scarse” sia fallace e sbagliato, sottolineando che sarebbe più corretto dire che si tratta semplicemente di un diverso modo di raccontare e disegnare, e in quanto tale non migliore o peggiore di quello di trenta, quaranta o cinquant’anni fa. Quelle semmai sono rilevazioni da farsi sulle singole storie.

Ma penso che fermarsi qui sia troppo semplice: occorre capire perché le storie sono diverse, e in cosa.

Secondo me una delle principali differenze sta nella rinnovata consapevolezza da parte degli autori. I grandi artisti Disney del passato che hanno lavorato su Topolino agivano in un periodo a tratti più “ingenuo”, sicuramente più semplice, e all’interno di una società che si approcciava all’intrattenimento di tutti i tipi con una genuinità quasi fanciullesca, spontanea. In questo senso, nel momento di mettersi alla macchina da scrivere o al tavolo da disegno, gli autori erano scevri dalle sovrastrutture che invece avrebbero progressivamente impregnato il modello creativo a livello complessivo.

Le fonti d’ispirazione dei fumettisti di allora erano i grandi romanzi d’avventura per ragazzi, i comics umoristici, il generico gusto per la narrazione e il divertimento. Il punto di riferimento era in sostanza l’arte di Walt Disney, la filosofia alla base dei cortometraggi e dei lungometraggi animati che la casa madre sfornava: prodotti universali, validi per tutti.

Da almeno una quindicina d’anni siamo in uno scenario del tutto diverso. L’intrattenimento ha assunto contorni precedentemente inediti, almeno a livello così pernicioso e diffuso, e tra crossmedialità, aspettative di un pubblico sempre più attento, esigente e smaliziato e una maggiore offerta a tutto campo di stimoli, fumetti, film, serie TV… insomma, di opere di vario genere, gli autori sono costretti ad alzare la posta, si sentono in dovere di confrontarsi con questo scenario così mutato e ad applicare elementi che cerchino di rendere più accattivanti e contemporanei i personaggi Disney.

Paperobot contro Paperoidi

Ma le prove tecniche per stare sul pezzo risalgono già agli anni Ottanta

Nulla di sbagliato in questo (anzi, guardarsi attorno è un atteggiamento decisamente sano), e nulla di nuovo, se pensiamo che pure in passato ci sono state storie – anche di Maestri universalmente riconosciuti come tali – che si sono divertite a giocare “fuori casa”, contaminandosi con elementi estranei alla narrativa disneyana (basti pensare all’inserimento di robot in coincidenza con l’arrivo sulle televisioni italiane di anime come Goldrake e Mazinga).

Ma appunto: in quel caso c’era uno sguardo genuinamente divertito, e inoltre si trattava di operazioni condotte “cum grano salis”, mentre oggigiorno è osservabile una condotta sistematica, una continua ed estenuante rincorsa alla contemporaneità a tutti i costi che spesso non risulta avere una vera ragion d’essere.

Fino a qualche anno fa (e in parte tutt’ora) si insisteva sull’inserimento di tecnologia, con riferimenti forzati a storpiature di internet, smartphone, social network vari eccetera, quasi ad urlare al pubblico che questi personaggi sono ancora attuali, sono come tutti noi e usano quindi i nostri stessi strumenti. Ovviamente è giusto che Paperi e Topi vivano il tempo corrente, ma quando la presenza di questi elementi diventa smaccata e gratuita invece di essere un semplice “sostegno” alla trama la faccenda assume un altro aspetto, avvicinabile all’ammiccamento esasperato.

Un esempio a mio avviso sano di questo approccio è invece quello recentemente operato da Claudio Sciarrone in Area 15: La combo perfetta, nella quale la realtà dei giovani videogiocatori del 2021 viene inserita in maniera naturale e non pretestuosa nelle dinamiche narrative della serie, contaminando in qualche modo anche la struttura del racconto che abbraccia con convinzione lo slice of life, mettendo maggiormente in primo piano i sentimenti dei personaggi.

Altro condizionamento è il fascino della nostalgia, che ormai da qualche anno guida buona parte dell’intrattenimento: così, anche nel fumetto Disney si ripescano personaggi storici e scomparsi da tempo per ingraziarsi una determinata fetta di lettori, oppure ci si concentra su una presunta continuity per collegarsi con avventure del passato o con concetti che si sanno essere apprezzati.

Combo

Quo alle prese con il mondo del gaming, in linea col 2021

Peccato che nel far ciò spesso e volentieri si travisino determinate figure per adattarle al nuovo contesto, risultando operazioni gratuite se non vuote e “sbagliate”.

Questa tensione produce anche buoni esiti, talvolta ottime prove, ma dà l’impressione di una “fucina d’idee” molto standardizzata e poco autosufficiente che, nella continua ansia di confronto con le aspettative di un pubblico cosciente delle potenzialità della narrazione a fumetti e con il mare immenso di narrativa popolare disponibile, corre spesso il rischio di non riuscire a fare quel salto in più (la personalità) e di non raggiungere quindi i risultati sperati, finendo inevitabilmente per apparire come una copia sbiadita di qualcosa che esiste già, migliore, altrove.

In parallelo, il costante e a volte esasperato contatto con il pubblico rischia di portare l’autore a crogiolarsi in una sorta di fan-service, o comunque a muoversi in una comfort-zone capace di soddisfare la propria “bolla” e di riflesso appagare sé stesso.

Un corto circuito di postmodernismo che alterna quindi storie che soffrono di ansia di confronto ad altre scevre da questo problema ma paurosamente anonime perché, di contro, fuori tempo massimo nella loro impostazione. In questo contesto, quindi, gli autori migliori sono quelli che, a prescindere da tutto, mantengono sempre in primo piano le possibilità che hanno questi personaggi e la solidità e la varietà della narrazione.

Forse sono davvero semplicemente i tempi ad essere cambiati: economicamente, culturalmente, socialmente e come ricchezza di intrattenimento. Illudersi che Topolino possa incidere come una volta non è semplicemente possibile, a un certo punto anche per limiti che non gli sono completamente imputabili.

Passo infine a commentare brevemente le due osservazioni poste da Nicola nel suo articolo, che puntano il dito su un impoverimento dei contenuti extra-fumetto della rivista e sul proliferare di numerosi periodici paralleli.

Per quanto riguarda il primo aspetto, lo condivido, ma ritengo che una struttura a rubriche come quelle degli anni Settanta sarebbe forse oggi fuori tempo o dall’utilità (e quindi dal richiamo) limitata. Che è un po’ il motivo per cui riviste di questo stampo per i giovani sono ormai scomparse o vivacchiano con numeri che sono lo spettro di quelli di una volta. Credo quindi che sia una proprietà del giornale irrecuperabile al giorno d’oggi o comunque poco interessante per i ragazzini, non un motivo che li richiamerebbe all’ovile.

Ad ogni modo la Direzione di Valentina De Poli ha sempre avuto un occhio non secondario verso l’attualità e i temi come l’ambiente, oltre alla volontà di coinvolgere in prima persona i lettori (come con l’esperienza dei Toporeporter); e se la Direzione di Alex Bertani pare essere maggiormente orientata alla centralità del fumetto, non manca comunque una certa attenzione al lato più prettamente “giornalistico” del settimanale, trattando temi interessanti anche per un pubblico adulto. Topolino 3340, per esempio, era tutto dedicato proprio al mestiere del giornalismo, con storie a tema ma soprattutto con diversi approfondimenti su questo mondo.

Un albo interamente a tema

Andando a vedere un numero-tipo, poi, attualmente troviamo queste rubriche fisse: l’editoriale del direttore, le introduzioni alle singole storie, l’agenda della settimana, l’angolo dello sport curato dal giornalista della Gazzetta dello Sport Fabio Licari, le barzellette, i giochi, la posta che valorizza i lettori (con le loro foto e organizzata tematicamente), l’edicola della settimana e le anticipazioni sull’albo successivo.

Ammetto che non è tantissimo (specie per il numero di pagine dedicate a ciascuna sezione), senza contare che dedicare una pagina introduttiva per ogni storia presente – in maniera, se mi è permesso, un po’ ridondante e poco utile, rubando quindi spazio ad altro – riconferma la centralità del fumetto (che ritengo però esserci sempre stata, sul Topo); ma aver voluto reclutare Licari, per esempio, è un segno di interesse attivo verso uno degli spazi meramente “editoriali” della testata.

Ad ogni modo, in questo ambito la parte del leone la fanno come da tradizione i servizi principali, ogni settimana dedicati a un diverso argomento.

Se spulciamo i numeri di maggio e giugno 2021, per esempio, troviamo questo panorama.

  • 3414: intervista a Enrico Dalla Rosa, bagnino ospite a Radio Deejay + servizio sul compleanno di Pluto;
  • 3415: intervista alla cantante Noemi + intervista a Silvio Camboni su Mickey e l’oceano perduto + intervista ai due youtuber del canale Player Inside + anteprima su La 24 Ore di Paperopoli, tanto il gioco da tavolo quanto la storia a fumetti;
  • 3416: servizio di curiosità sul numero 24 + puntata speciale della rubrica di Licari sulle gare di 24 Ore + mini anteprima della nuova storia di Minni prêt-à-porter;
  • 3417: servizio sui giochi di società dei secoli passati + articolo sulla Partita del Cuore + intervista al disegnatore Bruno Prosdocimi per i suoi 60 anni di attività;
  • 3418: servizio sul gioco da tavolo La 24 Ore di Paperopoli + articolo sulla serie TV Unlockdown + anteprima della storia Paperinik e la minaccia dal passato;
  • 3419: breve servizio sul compleanno di Paperinik + articolo su Disney in cucina + una pagina di consigli di lettura + articolo sull’album di figurine Panini per gli Europei di Calcio + intervista al calciatore freestyler Swann Ritossa + anteprima delle storie Musicalisota e Calisota Summer Cup;
  • 3420: puntata speciale della rubrica di Licari dedicata agli Europei di Calcio + intervista al globe-trotter Luigi Farrauto con ricco apparato fotografico + servizio sul compleanno di Paperino;
  • 3421: servizio sul nuovo film Pixar Luca + intervista alla band Boomdabash + approfondimento sul nuovo Topolibro dedicato a Ernest Hemingway;
  • 3422: intervista al cantante Edoardo Bennato + servizio e concorso a premi sulla nuova storia di Mister Vertigo;
  • 3423: intervista al conduttore e comico Valerio Lundini + articolo sulla nuova testata Il Club dei Supereroi + concorso a premi legato alla nuova storia di Mister Vertigo.

Risulta sempre evidente il forte collegamento con la parte a fumetti, soprattutto nei confronti delle saghe a puntate che sembrano voler essere l’elemento cardine dell’odierna linea editoriale del giornale: abbondano interviste agli autori, dietro le quinte, bozzetti e quant’altro costituisca un “contenuto extra” sulla realizzazione delle storie, valorizzando fortemente il medium e gli autori di volta in volta coinvolti (pratica già in uso da diversi anni), ma accanto a ciò troviamo spunti di diverso tipo slegati dalle storie o connessi solo alla lontana, incentrati sull’ambiente, la musica, l’arte, la natura, la tecnologia e le curiosità dal mondo. In alcuni casi con persone o tematiche più leggere o più orientate alla fascia teen, in altri con pezzi più generali e di valore.

X Factor

La testata per ragazzi per eccellenza alle prese con uno degli show televisivi più popolari degli ultimi anni

Si tratta di un lavoro giornalistico interessante, per quanto trattato in modo semplice, che può contribuire a quel fattore di “universalità” che rivendicava Nicola e che Topolino non ha mai del tutto abbandonato, secondo me. Semmai ne ha ridotto/ripensato gli spazi, privilegiando col tempo il lato fumettistico anche per quanto riguarda gli articoli, seguendo quel processo di particolare attenzione alla materia che è figlia dei nostri tempi.

Non dimentichiamo inoltre la partnership speciale dello scorso autunno con il talent-show di Sky X-Factor, che ha avuto modo di svilupparsi in parallelo con il programma stesso sia attraverso la paperizzazione dei giudici e del conduttore in una serie di brevi storie sia con il sostegno di interviste ai protagonisti del programma e di altri articoli a corredo, raccogliendo in parte quell’istanza indicata da Nicola di rendere Topolino un giornale nel senso più ampio del termine.

Inoltre, trovo che diverse iniziative dell’ultimo anno siano volte al coinvolgimento dei lettori: trovate come le figurine legate alla storia Il torneo delle cento porte, le carte da gioco impreziosite dalle illustrazioni di grandi disegnatori come Paolo Mottura e Marco Rota, la statuetta montabile con le Giovani Marmotte, gadget ambiziosi come quello del Deposito o come il gioco da tavolo La 24 Ore di Paperopoli sono tutti exploit di marketing che vanno oltre il semplice concetto di “giocattolo in allegato” e prevedono un legame (emotivo e continuativo) con il pubblico, non solo dei giovanissimi.

Deposito

Gadget ambiziosissimi

Infine risulta chiaro che la Direzione Bertani ha individuato nelle già citate saghe quell’elemento di fidelizzazione che Nicola non vede più; mettendo appunto il fumetto al centro, e i personaggi più giovani in particolare, si punta a coinvolgere i lettori e a convincerli a seguire la testata per le quattro/cinque settimane necessarie a concludere l’avventura. Magari, poi, sul numero in cui termina se ne apre un’altra e il meccanismo si autoalimenta.

Mi appare evidente che l’odierno sistema “punisce” quindi il pubblico occasionale, perché chi volesse prendere un Topolino qualsiasi si accorge ben presto che può godere solo di due o tre storie autoconclusive. Una scelta editoriale consapevole e che tutto sommato credo che possa pagare, almeno finché la persona o la famiglia ritiene sostenibile e interessante l’acquisto fisso.

Ad ogni modo i casi sono due: o il soggetto si appassiona alla saga in corso e resta a bordo, oppure si rivolge ai vari periodici collaterali per leggere avventure disneyane complete.

E questo ci porta al prossimo punto

Il discorso di Nicola sulla frammentazione delle pubblicazioni sicuramente regge: a prescindere dal core target a cui si punta, un numero così vasto di proposte (tra mensili, bimestrali, trimestrali, one shot speciali… senza contare i volumi lussuosi riservati al mercato delle fumetterie) va a erodere il successo di Topolino itself, facendosi sostanzialmente concorrenza in casa.

Zio Paperone e PKNA

Le due punte di diamante dell’edicola Disney anni Novanta…

È evidente che la cosa ha retto, e addirittura ha funzionato bene, tra gli anni Ottanta e Novanta, quelli di vacche grasse (non solo per il fumetto), per cui in una congiuntura favorevole il venduto del settimanale rimaneva accettabile e compensato dalle vendite buone dei mensili collaterali.

Non punterei il dito solo negativamente su questa dinamica, quindi: quanti lettori che sarebbero migrati esclusivamente verso altri tipi di fumetto ci sarebbero stati se non si fossero date loro alternative “su misura” per le esigenze che Topolino non poteva pienamente soddisfare? Parlo del mercato dei “cultori” più esigenti, rifocillati con Zio Paperone, I Maestri Disney, Le Grandi Parodie e i vari volumi speciali che uscivano due o tre volte all’anno sempre con ricco apparato editoriale, e anche dei lettori più cresciutelli o smaliziati coinvolti intelligentemente da operazioni come PK, Mickey Mouse Mystery Magazine (pur senza troppo successo commerciale) e W.I.T.C.H..

Chi può dire quanti di questi non siano stati portati a continuare a prendere anche Topolino? Magari non ogni settimana, solo di tanto in tanto, ma non può essere stata una vittoria contro il nulla che avrebbe potuto rappresentare un eventuale taglio di ponti completo con il panorama Disney?

Certo, Nicola partiva dall’assunto per cui il libretto avrebbe dovuto e dovrebbe contenere già di per sé un menù per tutti i gusti ed essere quindi un appuntamento fisso nelle famiglie, ma anche in questo caso occorre secondo me fare i conti con i tempi che cambiano: già negli anni Novanta, evidentemente, il palato dei lettori si stava facendo più raffinato, qualcosa stava cambiando, e si riteneva che Topolino non fosse la “casa” giusta per contenere i dotti approfondimenti sul fumetto barksiano o sui grandi autori storici, così come un progetto come quello pikappico non avrebbe avuto i giusti spazi per esprimere sé stesso.

Definitive ed Extra

… e due tra le (tantissime) testate inaugurate da Panini Comics

È vero che Topolino non dovrebbe limitarsi a seguire l’andamento del mercato ma porsi come capofila, ma sarebbe stato anche miope continuare a concentrare in un unico contenitore le molteplici istanze rappresentate dal fumetto Disney solo per cercare di far convergere l’attenzione del pubblico unicamente sul settimanale, a discapito di un’unitarietà interna al giornale e ignorando ostinatamente il contesto.

Discorso diverso si potrebbe fare sul proliferare di tante – troppe – testate “un tanto al chilo”, fin troppo uguali le une alle altre, che hanno imperversato e ancora popolano le edicole cannibalizzandosi a vicenda, discorso già affrontato sul nostro sito.

Con il Nuovo Millennio, comunque, l’ingranaggio “del Bengodi” si è rotto e sono iniziati i guai, per tutto questo parco testate, come si può desumere dalle tante collane chiuse tra gli anni Zero e gli anni Dieci.

Panini, con l’acquisizione nel 2013 dei diritti dei fumetti Disney per l’Italia, ha però cavalcato la tigre, invertendo la tendenza secondo i precetti cari al mercato attuale: buttare fuori quante più pubblicazioni possibili per coprire quanto più spazio possibile sugli scaffali di edicole e fumetterie. Non è importante vendere tanto di una cosa, quanto essere massicciamente presente con una selva di titoli, perché così si esiste sul mercato. Di queste operazioni, sul medio periodo basterà tagliare quelle che vanno proprio male (e non basterebbero le dita di due mani per citare le chiusure dell’era Panini), ma è una possibile conseguenza che fa parte del meccanismo.

È una mossa che, seguendo il ragionamento di Nicola, potrebbe facilmente contribuire all’erosione delle vendite di Topolino, ma potrebbe essere anche un rischio calcolato: il settimanale rimane sulla carta la testata ammiraglia della flotta Disney (porta pur sempre avanti la quasi totalità della produzione inedita) mantenendo il ruolo di riferimento centrale della politica editoriale complessiva nei piani di Panini e fungendo da quella macchina produttiva di storie che conosceranno poi nuova (e migliorata) vita su testate da cultori per il circuito delle fumetterie.

Potremmo discutere per ore sulla legittimità di questo comportamento, ma è evidente che tante case editrici, le grandi in particolare, lo stiano spingendo da più di un decennio, insieme con il pervasivo sistema delle fiere di settore che dettano di fatto il calendario annuale delle uscite e sulle quali si basa buona parte dell’intero mercato fumettistico italiano, drogando vendite di cose che normalmente raccoglierebbero le briciole e obbligando – si ritorna al discorso appena fatto – a pubblicare un sacco di roba diversa per riempire gli stand.

Un mare di proposte allo stand Panini Disney di Lucca Comics & Games 2019

Uno scenario che potrebbe conoscere, per inciso, qualche variazione più o meno sensibile alla luce dell’assenza pressoché totale di mostre-mercato in presenza nel 2020 e nel 2021 dovuta alla pandemia da Covid-19, ma questo solo il tempo potrà dircelo; allo stato attuale non sembra in realtà esserci stato, né essere in vista, nessun cambiamento di approccio editoriale.

In ogni caso, non sono molto convinto che avere una decisa riduzione delle testate parallele possa riportare lettori a Topolino, in assenza di alternative: non credo infatti che chi segue altri periodici disneyani possa essere interessato al pocket, altrimenti lo comprerebbe già.

E in effetti anche la natura antologica del settimanale potrebbe essere arrivata a un punto di rottura, se è vero che di contro mensili dedicati a un singolo personaggio molto amato come Paperino, Zio Paperone e Paperinik continuano a funzionare, pur con tutti i loro alti e bassi.

Ritengo però che lo zoccolo duro di lettori affezionati e costanti sia per ora più che sufficiente (tra adulti che continuano dopo anni e i loro figli a cui trasmettono e trasmetteranno questa bella abitudine settimanale) per garantire a Topolino di proseguire il proprio percorso, e che questi fedelissimi lo rimarranno a prescindere dal tenore delle storie e dalla composizione del giornale nel suo insieme, semplicemente per la gioia di ritrovare nuove avventure con i loro personaggi preferiti e di ritagliarsi una mezz’oretta di leggerezza senza farsi troppe paranoie.

Qui il topic nel forum dove parlarne.

Autore dell'articolo: Andrea Bramini

Andrea Bramini, detto Bramo, nasce a Codogno nel 1988. Dopo avere frequentato un istituto tecnico ed essersi diplomato come perito informatico decide di iscriversi a Scienze Umane e Filosofiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore, dove a inizio 2011 si laurea con una tesi su Watchmen. Ha avuto esperienze professionali nell'ambito delle pubbliche relazioni e come segretario. Appassionato da sempre di fumetti e animazione Disney, ha presto ampliato i propri orizzonti imparando ad apprezzare il fumetto comico in generale, i supereroi americani, le graphic novel autoriali e alcune serie Bonelli e affini. Scrive di queste passioni su alcuni forum tematici e principalmente per il sito di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, nel quale ricopre la carica di caporedattore.